Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9100 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9100 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24537/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente p.t. della Giunta regionale, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 1127/2020 depositata il 13/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 3811/2014, respingeva la domanda della RAGIONE_SOCIALE di condanna della RAGIONE_SOCIALE e della Regione RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 182.043,93 quale corrispettivo per le prestazioni di day hospital riabilitativo erogate, in regime di accreditamento provvisorio, agli assistiti del RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che il limite dei tetti di spesa sanitaria previsto dagli accordi conclusi con la Regione RAGIONE_SOCIALE dalle varie strutture accreditate impedisse il pagamento di spese effettuate extra budget ; veniva respinta anche la domanda subordinata di arricchimento ingiustificato in quanto la preventiva accettazione del limite indicato da parte della struttura non può tradursi in un depauperamento della stessa in caso di prestazioni rese in sconfinamento del tetto di spesa.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, investita del gravame dalla società RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 1127/2020, depositata il 13/02/2020, ha rigettato l’impugnazione e confermato la sentenza di prime cure, richiamando la giurisprudenza di questa Corte
secondo cui in tema di attività sanitaria esercitata in regime di accreditamento è infondata la domanda di pagamento delle prestazioni sanitarie eccedenti il limite di spesa formulata -a titolo di inadempimento contrattuale o di illecito extracontrattuale -dalla società accreditata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della Regione, atteso che la mancata previsione dei criteri di remunerazione delle prestazioni extra budget è giustificata dalla necessità di rispettare i tetti di spesa ed il vincolo delle risorse pubbliche disponibili e che la struttura privata accreditata non ha l’obbligo di rendere prestazioni eccedenti quelle concordate (Cass. n. 27608/2019).
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE
Resistono con separati controricorsi la Regione RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è così rubricato: ‘art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., in relazione ai principi di universalità ed equità del SSN, come fissati dalla l. n. 833/1978 e dal D.lgs. n. 502/1992 e smi, all’arti. 3 D.M. 15 aprile 1994, agli artt. 1,8 quinquies, 8 sexies e 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 502 e smi, all’art. 2 comma 5 lettera n), DPR 14 gennaio 1997 n. 37, al DPCM 29 novembre 2001, al D. Lgs. n. 68/2011, art .27, agli artt. 41 e 54 Cost., ai principi fissati dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza Altmarl (causa n. 280/2000), agli artt. 101-109 del Trattato Europeo, nonché in relazione all’art. 1418 cod.civ. e agli art. 1362 e ss. cod civ in materia di interpretazione degli atti amministrativi’.
La società RAGIONE_SOCIALE sostiene di avere sempre contestato l’opponibilità del tetto di spesa perché esso era stato fissato in violazione di norme imperative e che la Corte d’appello,
focalizzando la sua attenzione sulla circostanza che le somme azionate attenessero a prestazioni extra budget , non si sarebbe occupata dell’avvenuta fissazione del tetto di spesa contra legem , per violazione delle norme relative alla garanzia della salute pubblica, né della stipulazione dei contratti senza previa applicazione del costo standard di produzione su cui fondare il conseguente accordo remunerativo e senza determinazione dei criteri per la remunerazione delle prestazioni extra tetto, ai sensi dell’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502/1992. Avrebbe, quindi, mancato di rilevare -anche d’ufficio la nullità dei decreti del commissario ad acta n. 41 del 2009 e n. 56 del 2009.
Con il secondo motivo, in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., è denunciata la violazione degli artt. 276 e 277 cod.proc.civ . e dei principi in materia di assorbimento, dell’art. 111, 6° comma, Cost., dell’art. 132, 1° comma n. 4, cod.proc.civ., dell’art. 118 disp.att. cod.proc.civ. nonché dell’art. 2697 cod.civ.
La tesi della società ricorrente è che la RAGIONE_SOCIALE e la Regione RAGIONE_SOCIALE non abbiano provato l’opponibilità del tetto di spesa in quanto frutto della corretta e piena esplicazione dei poteri della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello non si sarebbe affatto occupata della questione, ritenendola implicitamente assorbita. Detto assorbimento, però, essendo non corretto, integrerebbe il vizio di omessa motivazione.
Le quaestiones iuris che i primi due motivi complessivamente pongono sono state già esaminate ripetutamente da questa Corte, da ultimo con l’ordinanza n. 4757 del 22/02/2024, alla quale si intende prestare adesione, non essendo stati offerti argomenti per discostarsene.
La premessa del ragionamento è costituita dalla giurisprudenza amministrativa che ripetutamente (senza pretesa di esaustività cfr. Cons. Stato, Sez. III, 13/09/2021, n. 6264; Cons. Stato, sez. III, 08/01/2019; n.184; Con. Stato, sez. III, 27/02/2018, n. 1206; Cons. St. Sez. III, 10/02/2016, n. 567; Cons. Stato, sez. III,
14/12/2012, n. 6432) ha precisato che l’osservanza del tetto di spesa in materia sanitaria rappresenta un vincolo ineludibile che costituisce la misura delle prestazioni sanitarie che il RAGIONE_SOCIALE può erogare e che può permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato, con la conseguenza che deve considerarsi giustificata (anche) la mancata previsione di criteri di remunerazione delle prestazioni extra budget – ipotesi occorsa nella fattispecie concreta – per la necessità comunque di rispettare i tetti di spesa e, quindi, il vincolo delle risorse disponibili (Cons. Stato, sez. III 10/02/2016 n. 566; Con. Stato, sez. III, 10/04/2015, n. 1832). Alla base di tale conclusione vi sono alcuni stringenti indirizzi normativi – l’art. 32, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, l’art. 12, comma 3, del d.lgs 23 dicembre 1992, n. 502 e l’art. 39 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (su cui. Cons. Stato, Ad. Plen., 12/04/ 2012, n. 3; Cons. Stato, 02/05/2006, n. 8; Consiglio Stato, sez. V, 25/01/2002, n. 418; Corte Cost. 26/05/2005, n. 200; Corte Cost. 28/07/1995, n. 416; Corte Cost. 23/07/1992, n. 356) – i quali hanno disposto che, in condizioni di scarsità di risorse e di necessario risanamento del bilancio, anche il sistema RAGIONE_SOCIALE non può prescindere dall’esigenza di perseguire obiettivi di razionalizzazione finalizzati al raggiungimento di una situazione di equilibrio finanziario attraverso la programmazione e pianificazione autoritativa e vincolante dei limiti di spesa dei vari soggetti operanti nel sistema. Si tratta dell’esercizio di un potere connotato da ampi margini di discrezionalità, posto che deve bilanciare interessi diversi e per certi versi contrapposti, ovvero l’interesse RAGIONE_SOCIALE al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di adeguate prestazioni sanitarie, le aspettative degli operatori privati che si muovono secondo una legittima logica imprenditoriale e l’assiRAGIONE_SOCIALEzione della massima efficienza delle strutture pubbliche che garantiscono l’assistenza sanitaria a tutta la popolazione
secondo i caratteri tipici di un sistema universalistico. Occorre d’altro canto considerare che: i) il perseguimento degli interessi collettivi e pubblici compresenti nella materia non può restare subordinato e condizionato agli interessi privati i quali, per quanto meritevoli di tutela, risultano cedevoli e recessivi rispetto a quelli pubblici; ii) vi è la necessità di rivedere l’offerta complessiva delle prestazioni messe a disposizione dai soggetti privati utilizzando al meglio le potenzialità delle strutture pubbliche al fine di garantire il loro massimo rendimento a fronte degli ingenti investimenti effettuati in termini finanziari e organizzativi.
Anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale considera quello alla salute un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento (Corte Cost. n. 200/2005, citata).
Pertanto, pur dovendosi ammettere che le Regioni godono in materia di un’ampia discrezionalità nella previsione del dimensionamento e dei meccanismi di attribuzione delle risorse disponibili allorché adottano gli atti di indirizzo destinati alle aziende sanitarie locali, indicativi dei limiti massimi entro i quali le prestazioni erogabili dalle strutture private accreditate con il SSN si rendono remunerabili, sulla cui base vengono poi stipulati gli atti meramente applicativi delle aziende sanitarie – tra i quali gli specifici accordi contrattuali con le strutture interessate, di cui all’art. 8 -quinquies d.lgs. 502/1992 – che fissano, tra l’altro, il volume massimo di prestazioni che le strutture si impegnano ad assiRAGIONE_SOCIALEre, il corrispettivo preventivato, le procedure di controllo sul rispetto degli accordi, il soggetto accreditato può solo esercitare
la facoltà di accettare o rifiutare l’accordo reputato non conveniente.
Il privato – a differenza di quanto ipotizza il ricorrente -non ha la facoltà di ‘contestare lo schema -tipo di contratto predisposto dalla Regione e, vieppiù, la determinazione del limite di spesa rimessi alla discrezionalità dell’ente di spesa, di talché anche l’aggredibilità di essi, consentita attraverso i consueti rimedi giurisdizionali esperibili contro gli atti della Pubblica Amministrazione per ragioni di legittimità ed a tutela di interessi legittimi di competenza del giudice amministrativo, non autorizza quest’ultimo ad estendere il proprio sindacato al merito delle scelte effettuate dalla PRAGIONE_SOCIALEA. e può avere ad oggetto solo vizi rappresentativi dell’eccesso di potere quali si rendono riconoscibili nell’illogicità, la contraddittorietà, l’ingiustizia manifesta, l’arbitrarietà o l’irragionevolezza della determinazione’ (Cass. n. 4757/2024).
Di conseguenza, ‘non è esperibile neanche dal giudice amministrativo, dato che è frutto esclusivo della discrezionalità che la legge affida alla Pubblica Amministrazione nella programmazione della spesa sanitaria la determinazione dei limiti entro i quali le prestazioni erogate dai privati in regime di accreditamento possono essere compensate con oneri a carico della finanza pubblica’; le censure della ricorrente investono ‘profili di illegittimità dell’agire amministrativo che non sono sindacabili ordinariamente neppure dal giudice preposto al loro controllo e che, tantomeno, lo possono essere dal giudice ordinario. Sicché a nulla vale, di fronte alla superiore cogenza del sistema determinativo delle tariffe organizzato sulla base del meccanismo dei tetti di spesa, dibattere sulla natura di esso, giacché, libero il privato di accettarlo, lo sforamento dei limiti ivi indicati non può che restare a carico dello stesso; o chiedere che esso sia disapplicato, poiché, in disparte da ogni altra preclusione (Cass., Sez. U, 12/04/2021 n. 9543),
l’illegittimità non è rappresentabile se il provvedimento è frutto di una determinazione discrezionale della P.A.’ (Cass. n. 4757/2024).
Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2041, 2° comma, cod.civ., dell’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 50271992 e smi, degli artt. 101 a 109 del Trattato UE e dell’art. 2, comma 5, lett. b) del dpr n. 37/1997.
Attinta da censura è la statuizione con cui la Corte d’appello ha negato la sussistenza di una condotta antigiuridica da parte della RAGIONE_SOCIALE, ‘stante la ricorrenza di un obbligo ex lege avente carattere prevalente rispetto agli accordi negoziali, risolvendosi tale obbligo in un factum principis non imputabile, cui la RAGIONE_SOCIALE e la Regione non avrebbero potuto sottrarsi’, rigettando la domanda ex art. 2041 cod.civ.
Le prestazioni rese extra budget -questo è in sintesi il ragionamento della ricorrente -avrebbero consentito alla RAGIONE_SOCIALE un risparmio di spesa, trattandosi di prestazioni comunque dovute e imposte dalla legge e quindi senza alcun margine di discrezionalità da parte della RAGIONE_SOCIALE e della Regione quali enti pubblici a presidio della tutela della salute dei cittadini, tenuti anche a garantire l’effettività del regime concorrenziale tra le strutture private e tra queste e quelle pubbliche, privilegiando la qualità del servizio.
Peraltro, non sarebbe possibile ritenere non voluta dalla RAGIONE_SOCIALE la prestazione oltre il tetto, essendo il servizio RAGIONE_SOCIALE regionale obbligatorio ed essendo indifferente per la RAGIONE_SOCIALE chi avesse erogato le prestazioni.
Il motivo è infondato.
Ricordato che il privato può utilmente vantare un arricchimento ingiustificato nei confronti della PRAGIONE_SOCIALE. solo se dimostra che la P.A. non lo ha voluto o che non ne era stata consapevole (cfr. Cass., Sez. Un., 8/12/2008, n. 24772), onde ritenere imposto l’arricchimento è ‘sufficiente che la P.A. abbia deliberato un tetto di
spesa, adempiendo ai suoi obblighi di legge di ‘sana gestione delle finanze pubbliche’ e lo abbia comunicato agli interessati’; in ciò ravvisandosi “inequivocamente il suo diniego di una spesa superiore, ovvero la sua volontà contraria a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel limite di spesa”: Cass. 24/04/2019, n. 12129.
Pertanto, l’arricchimento che la P.A. consegue dall’esecuzione delle prestazioni extra budget assume un carattere imposto che preclude l’esperibilità nei suoi confronti dell’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 cod. civ. (Cass. 25/11/2021, n. 36654; Cass.6/07/2020, 13884; Cass.24/04/2019, n. 11209).
Va anche ribadito che questa Corte a Sezioni unite (Cass. 18/06/2019, n. 16336), pur riconoscendo che il soggetto privato accreditato contribuisce alla “realizzazione dell’interesse RAGIONE_SOCIALE, di rango costituzionale, alla salute dei cittadini e che l’attività sanitaria esercitata dalla struttura o dal professionista accreditati si concreti nell’erogazione di un servizio RAGIONE_SOCIALE” ha confermato la sussistenza di un limite oggettivo: “il suo esercizio è sottoposto al potere di direzione e di controllo dell’amministrazione ed è remunerato con risorse pubbliche (…)”. In altri termini, se è innegabile che “l’instaurazione del rapporto concessorio di accreditamento comporta, in buona sostanza, l’inserimento dell’accreditato, in modo continuativo e sistematico, nell’organizzazione della P.A. relativamente al settore dell’assistenza sanitaria (…)”, la natura di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio RAGIONE_SOCIALE nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate al di fuori degli accordi assunti.
Se ne conclude che nel caso in esame l’arricchimento arrecato alla RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi ‘imposto’, nel senso che alla qualificazione “imposto” deve essere dato alla stregua delle coordinate normative siccome interpretate da questa Corte.
Tanto considerato, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, liquidandole in euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile