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Prestazioni extra budget: l’onere della prova

Una struttura sanitaria privata ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria per il pagamento di prestazioni extra budget. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che, in assenza di un contratto integrativo scritto, spetta alla struttura privata l’onere di provare l’effettiva disponibilità di fondi pubblici per la remunerazione delle prestazioni eccedenti. La Corte ha inoltre escluso l’ingiustificato arricchimento, poiché l’ente pubblico aveva chiaramente comunicato il tetto di spesa, manifestando implicitamente la volontà di non ricevere prestazioni ulteriori.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prestazioni Extra Budget: Chi Paga il Conto? L’Onere della Prova secondo la Cassazione

Il rapporto tra strutture sanitarie private e servizio sanitario pubblico è spesso definito da accordi che stabiliscono un tetto di spesa. Ma cosa succede quando le prestazioni erogate superano questo limite? La questione delle prestazioni extra budget è al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha chiarito un punto fondamentale: l’onere di dimostrare la disponibilità di fondi per remunerare tali servizi aggiuntivi ricade sulla struttura privata. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una casa di cura privata citava in giudizio l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) per ottenere il pagamento di una somma considerevole. Tale importo derivava da due voci: la prima, la differenza tra il tetto di spesa originariamente pattuito per l’anno 2007 e un nuovo tetto, più elevato, stabilito da una delibera della Giunta Regionale; la seconda, il corrispettivo per ulteriori prestazioni erogate oltre anche questo nuovo limite, considerate prestazioni extra budget.

Il tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la domanda della struttura, ma la Corte d’Appello, in riforma della prima decisione, aveva rigettato integralmente le richieste. Secondo la Corte territoriale, nonostante la delibera regionale avesse aumentato i fondi, mancava un atto fondamentale: un contratto integrativo, in forma scritta, tra la clinica e l’ASP che recepisse tale aumento. Per le prestazioni eccedenti, inoltre, la struttura non aveva provato la disponibilità di ulteriori fondi per la loro remunerazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La struttura sanitaria ha proposto ricorso in Cassazione, affidandolo a otto motivi. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi giuridici consolidati, offrendo chiarimenti cruciali per gli operatori del settore.

L’Onere della Prova per le Prestazioni Extra Budget

Il punto centrale della motivazione riguarda la ripartizione dell’onere probatorio. La Cassazione ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato: sebbene spetti all’Azienda pubblica dimostrare l’esistenza del tetto di spesa e il suo superamento, è onere della struttura sanitaria privata, che chiede il pagamento per le prestazioni extra budget, provare l’esistenza di fondi sufficienti e disponibili nel bilancio regionale destinati a coprire tali eccedenze. La semplice allegazione del contratto e delle prestazioni erogate non è sufficiente.

La Necessità di un Accordo Scritto

Un altro aspetto fondamentale è la forma contrattuale. I giudici hanno sottolineato che una delibera regionale che aumenta il budget complessivo non si traduce automaticamente in un obbligo di pagamento per l’ASP. Per rendere effettivo tale aumento nei rapporti con la singola struttura, è indispensabile un accordo integrativo in forma scritta. Una semplice nota del direttore generale dell’ASP, come quella invocata dalla ricorrente, non è sufficiente a integrare il contratto originario né a creare un vincolo di pagamento, ma va intesa come un atto interno non vincolante.

Esclusione dell’Ingiustificato Arricchimento

La Corte ha respinto anche la domanda subordinata basata sull’ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.). La motivazione è netta: nel momento in cui l’amministrazione pubblica comunica un tetto di spesa massimo, sta implicitamente, ma in modo inequivocabile, manifestando la propria volontà di non ricevere prestazioni che superino tale limite. Di conseguenza, non può esserci un arricchimento ‘ingiusto’ a danno della struttura, la quale era consapevole del limite e ha scelto di erogare comunque i servizi eccedenti, assumendosene il rischio economico.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante per le strutture sanitarie private accreditate. La remunerazione delle prestazioni extra budget non è automatica e richiede il rispetto di condizioni precise. Per evitare contenziosi dall’esito incerto, è essenziale che qualsiasi modifica al tetto di spesa sia formalizzata attraverso un contratto integrativo scritto con l’ente pubblico. Inoltre, prima di erogare prestazioni eccedenti, è onere della struttura stessa accertarsi e poter provare in giudizio l’effettiva capienza dei fondi regionali destinati a tale scopo. In assenza di queste cautele, il rischio di veder respinte le proprie richieste di pagamento è estremamente elevato.

Chi ha l’onere di provare l’esistenza di fondi per pagare le prestazioni sanitarie extra budget?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare l’esistenza di fondi sufficienti per il pagamento delle prestazioni rese in esubero è a carico del singolo soggetto erogatore, ovvero la struttura sanitaria privata.

Una delibera della Giunta Regionale che aumenta il tetto di spesa è sufficiente a obbligare un’Azienda Sanitaria a pagare le prestazioni eccedenti?
No, non è sufficiente. La Corte ha stabilito che all’aumento dei fondi deve necessariamente seguire un contratto integrativo in forma scritta tra la struttura e l’Azienda Sanitaria. In mancanza di tale accordo formale, non sorge un obbligo di pagamento.

È possibile chiedere un indennizzo per ingiustificato arricchimento se l’Azienda Sanitaria ha comunque ricevuto le prestazioni extra budget?
No. La Corte ha escluso questa possibilità perché, comunicando il tetto di spesa massimo, la Pubblica Amministrazione manifesta implicitamente ma inequivocabilmente la volontà di non ricevere prestazioni oltre tale limite. Pertanto, non si configura un arricchimento senza giusta causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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