Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5494 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5494 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 6325/2024 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
ASL 2 Lanciano Vasto Chieti, in persona del legale rappresentate p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Roma n. 3113/2023 pubblicata il 20 ottobre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno domandato il pagamento delle prestazioni (nel settore della emodinamica diagnostica ed interventistica, in particolare consistenti in angioplastiche, coronografie, cateterismi cardiaci) da essi svolte, nel periodo dall’11 novembre 1999 al 26 ottobre 2000 e per tre giorni alla settimana, presso l’unità di cardiochirurgia della Casa di Cura Villa Luana in Lazio, con cui la Azienda Sanitaria di Chieti, poi confluita nella Azienda Sanitaria Locale 2 Lanciano – Vasto – Chieti (di seguito ASL) aveva posto in essere una convenzione, poi dichiarata nulla dal Tribunale di Chieti, al fine di governare il flusso di pazienti dalla limitrofa regione, apprestando le cure direttamente sul territorio laziale.
L’originaria sentenza di secondo grado della Corte d’Appello di L’Aquila, confermando il rigetto pronunciato dal Tribunale di Chieti, aveva ritenuto che quelle prestazioni fossero state in effetti svolte, ma che esse risultassero in parte coperte dal normale debito di prestazioni ‘istituzionali’, alla fine rigettando la domanda anche per difficoltà di quantificazione dei compensi.
Questa S.C., con sentenza n. 32264/2019, resa nel ricorso per cassazione proposto dai due medici, sulla premessa che quelle eseguite fossero prestazioni c.d. intramoenia, come tali da riportare, comunque, al lavoro subordinato, ha affermato che esse, in quanto eseguite per conto della ASL, dovevano essere pagate, eventualmente ex art. 2126 c.c., in presenza di un carattere aggiuntivo delle prestazioni medesime, anche qualora si fosse ritenuta l’invalidità dei corrispondenti incarichi.
Pertanto, cassando la sentenza di appello, la SRAGIONE_SOCIALE ha rimesso alla Corte del rinvio di accertare, attraverso le opportune indagini anche peritali, quale fosse la misura di tali prestazioni ‘aggiuntive’, rispetto al debito di prestazione ‘istituzionale’, pr ovvedendo poi a individuare un idoneo criterio liquidatorio, se del caso poi procedendo alla determinazione giudiziale della misura della retribuzione ai sensi dell’art. 2099, comma 2, c.c.
La Corte d’Appello di L’Aquila, quale giudice del rinvio, con sentenza n. 63/2021, ha accolto integralmente la domanda dei due medici, attribuendo
rilievo decisivo alla mancanza di contestazioni da parte della ASL, fin dal primo grado di giudizio, rispetto alle prestazioni quali indicate dai ricorrenti.
Essa ha, quindi, ritenuto che il parametro di quantificazione prospettato dai ricorrenti (tariffario DRG della Regione Lazio) costituisse idoneo criterio liquidatorio, se del caso in via equitativa ex art. 432 c.p.c. e, ritenuta superflua una CTU, ha condannato la ASL ai corrispondenti pagamenti, in misura di euro 112.833,00 quanto a NOME COGNOME e di euro 304.075,00 quanto a NOME COGNOME.
La ASL ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi; hanno resistito con controricorso i due medici.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 24372/2022, ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila appena menzionata.
La Corte d’appello di Roma, quale giudice del secondo rinvio, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3113/2023, in sede di riassunzione, ha rigettato il ricorso originario dei medici.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
L’ASL 02 di Lanciano – Vasto – Chieti si è difesa con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo i ricorrenti lamentano l’inosservanza del principio di diritto e di quanto statuito dalla Corte di cassazione nelle ordinanze di rinvio n. 24372/2022 e n. 32264/2019.
Sostengono che la corte territoriale avrebbe dovuto accertare l’entità delle prestazioni aggiuntive da loro svolte e quantificare la somma a loro spettante di conseguenza.
Contestano che la Corte d’appello di Roma avrebbe errato nel considerare maturate le preclusioni istruttorie tipiche del rito lavoro, atteso che la stessa RAGIONE_SOCIALE
aveva chiarito che avrebbe ben potuto essere compiuta l’attività istruttoria necessaria per dare attuazione alla sua decisione.
Essi sostengono che il giudice di appello non avrebbe tenuto conto che le allegazioni e le richieste istruttorie da loro articolate nel ricorso in riassunzione erano finalizzate non già a dare la prova dell’esecuzione delle prestazioni di cui era rivendicata la retribuzione, ma a definire la loro qualificazione giuridica, ossia se si trattasse di prestazioni aggiuntive o istituzionali.
In particolare, non avrebbe accolto le loro istanze istruttorie e non si sarebbe avvalso dei poteri officiosi, eventualmente peritali.
Affermano che la Corte d’appello di Roma avrebbe errato a ritenere che non fossero state indicate le mansioni alle quali erano stati adibiti nel reparto di Cardiologia dell’Ospedale INDIRIZZO di Chieti, atteso che, in primo grado, avevano rivendicato come aggiuntive le prestazioni interventistiche eseguite presso la Casa di cura INDIRIZZO di Poli.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, i ricorrenti, nel contestare, sostanzialmente, la mancata ammissione delle istanze istruttorie da loro articolate, non ne riportano l’esatto contenuto nell’atto di impugnazione, come pure non riproducono il testo del loro ricorso in riassunzione, quantomeno in forma di sintesi rilevante, in questo modo impedendo a questo Collegio di valutare la rilevanza delle menzionate istanze ai fini della decisione, alla luce delle precedenti decisioni di questa Suprema Corte.
Soprattutto, non è dato evincere, attesa l’evidenziata genericità del ricorso per cassazione sul punto, il carattere decisivo delle prove indicate dai ricorrenti davanti alla Corte d’appello di Roma in ordine all’accertamento del carattere aggiuntivo e non istituzionale delle attività oggetto di lite.
Si tratta di lacune che rendono impossibile a questo Collegio l’esame in concreto della censura articolata dai ricorrenti, non essendo possibile, dalla semplice lettura del ricorso, quali richieste fossero stata articolate e se queste fossero coerenti con l’originario oggetto del contendere, come meglio definito dopo le decisioni di rinvio al giudice del merito adottate dalla Suprema Corte con le pronunce n. 24372/2022 e n. 32264/2019.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite sono compensate, atteso l’esito alternato dei giudizi e la particolare complessità della vicenda.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
compensa le spese;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 23