Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14501 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 14501 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso 1116-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALEA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. 1116/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/12/2023
PU
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 400/2018 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 22/10/2018 R.G.N. 1030/2016; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME, vittima del dovere, aveva proposto domanda per sentir dichiarare il proprio diritto all’adeguamento RAGIONE_SOCIALE‘assegno vitalizio di cui al D.P.R. n. 243 del 2006, art. 4, comma 1, lett. b), n. 1, all’importo sì come rivalutato, ai sensi RAGIONE_SOCIALEa L. n. 407 del 1998, in favore RAGIONE_SOCIALEe vittime del terrorismo e RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata.
A sostegno RAGIONE_SOCIALEa domanda deduceva che la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, aveva esteso (dal 1° gennaio 2006) le prestazioni in favore RAGIONE_SOCIALEe vittime del terrorismo e RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata alle vittime del dovere ed equiparati e che ciò comportava l’estensione a queste ultime di tutti i diritti riconosciuti alle prime, ivi compresa la rivalutazione RAGIONE_SOCIALE‘assegno vitalizio.
Il Tribunale di Vicenza aveva accolto la domanda nei limiti RAGIONE_SOCIALEa prescrizione quinquennale, a ritroso dalla data RAGIONE_SOCIALEa domanda amministrativa (del 10 dicembre 2013), riconoscendo il diritto all’adeguamento incrementale RAGIONE_SOCIALE‘assegno nella misura prevista dalla L. n. 407 del 1998 in favore RAGIONE_SOCIALEe vittime del terrorismo e RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata, a decorrere dal 10 dicembre 2008.
La Corte d’appello di Venezia, riformando parzialmente la decisione del primo giudice, e disattesa l’eccezione di prescrizione formulata dal RAGIONE_SOCIALE, ha accolto la domanda sul presupposto RAGIONE_SOCIALE‘esercizio del diritto solo dal momento di emissione del decreto di riconoscimento e RAGIONE_SOCIALEa prescrizione decennale RAGIONE_SOCIALEe prestazioni assistenziali «non liquidate», trattandosi di credito non liquido, ai sensi e per gli effetti RAGIONE_SOCIALE‘art. 129 r.d.l. n. 1827 del 1935.
Il RAGIONE_SOCIALE ricorre, con ricorso affidato ad un unico motivo, articolato in due profili, avverso il quale COGNOME NOME ha proposto controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.
Ragioni RAGIONE_SOCIALEa decisione
Con l’unico motivo il RAGIONE_SOCIALE ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2935 c.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 2948c.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 2946 c.c., RAGIONE_SOCIALEa L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 562, 563, 564, 565; del D.P.R. n. 243 del 2006, artt. 1, 3 e 4, RAGIONE_SOCIALEa L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 105; del D.L. n. 159 del 2007, art. 34, convertito
in L. n. 222 del 2007, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129 e del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 2; denuncia l’errore RAGIONE_SOCIALEa motivazione per esordio e durata decennale RAGIONE_SOCIALEa prescrizione per le somme dovute quale rivalutazione dei ratei già corrisposti, e chiede di dichiarare prescritti i crediti per ratei RAGIONE_SOCIALE‘assegno vitalizio per il periodo compreso tra il 1°.1.2006 e il 10.12.2008 vantati per il periodo anteriore al quinquennio antecedente al primo atto interruttivo individuato nel 10.12.2013, data di presentazione RAGIONE_SOCIALEa domanda amministrativa .
Si censura, in sintesi, la sentenza impugnata nei profili RAGIONE_SOCIALE‘esordio RAGIONE_SOCIALEa prescrizione e del termine prescrizionale.
Si assume, quanto all’esordio, che ben prima del riconoscimento RAGIONE_SOCIALEo status di vittima del dovere il relativo diritto di credito possa essere azionato e che, pertanto, il termine prescrizionale dei diritti patrimoniali conseguenti allo status predetto n on possa che decorrere dall’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n.266 del 2005 (1° gennaio 2006).
Conseguentemente, ritiene la difesa erariale, alla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda amministrativa il termine era già ampiamente decorso.
Il secondo profilo di censura attiene al termine di prescrizione, che si assume quinquennale in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2946 cod.civ. e art. 129 r.d.l. n. 1827 del 1935, trattandosi di beneficio economico da pagarsi con cadenza annuale.
Il ricorso è da rigettare.
Deve premettersi che l’ illustrazione del primo profilo di doglianza inerisce anche alla statuizione con cui la Corte non avrebbe dichiarato prescritto il diritto all’assegno vitalizio, ma, invero, la questione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione del diritto all’assegno non è sub judice e il thema decidendum inerisce esclusivamente all’adeguamento.
La questione se la categoria di “vittima del dovere” tipizzata dall’art. 1, commi 563-564, l. n. 266/2005, costituisca uno status e sia come tale imprescrittibile, salva la prescrizione dei ratei RAGIONE_SOCIALEe prestazioni assistenziali previste dalla legge, è stata risolta da Cass. n.17440 del 2022, nel senso RAGIONE_SOCIALE‘imprescrittibilità RAGIONE_SOCIALEa pretesa, che discende ex se dalla riconosciuta natura di status RAGIONE_SOCIALEa condizione di vittima del dovere e non già da una inesistente facoltà RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione di attribuirla d’ufficio, imprescrittibilità RAGIONE_SOCIALE‘azione che non si estende ai benefici economici che in tale status trovano il loro presupposto.
Tanto premesso, dando continuità Cass. n. 11013 del 2022, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che nelle prestazioni previdenziali o assistenziali il diritto sulle somme pretese a titolo di rivalutazione sulla componente di indennità per danni – nel caso in cui le stesse non siano state poste in riscossione ovvero messe a disposizione RAGIONE_SOCIALE‘avente diritto -è soggetto alla
prescrizione ordinaria decennale, e non a quella quinquennale (in tal senso, Cass. n.11013 del 2022 cit. ; Cass. n. 2583 del 2016; n. 7885 del 2014; n. 1891 del 2005; n. 5143 del 2004, n. 13089 del 2003; Cass. n. 9825 del 2000).
La rivalutazione monetaria e gli interessi calcolati sui crediti per prestazioni previdenziali e assistenziali estinti in ritardo, come la Corte ha in numerose occasioni affermato, costituiscono non già un accessorio di tali crediti, ma una componente essenziale RAGIONE_SOCIALE‘oggetto RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione, considerato nella sua idoneità ad assicurare al titolare una sorta di indicizzazione destinata a mantenere costante il valore RAGIONE_SOCIALEa prestazione durante la mora del debitore.
Tale regime giuridico è scaturito dalle sentenze n. 156 del 1991 e n. 196 del 1993, con le quali la Corte costituzionale, con riferimento, rispettivamente, ai crediti previdenziali ed a quelli assistenziali, ha parzialmente caducato l’art. 442 c.p.c., dichiarando l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEa norma nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per prestazioni previdenziali, deve determinare, in modo analogo a quanto previsto, per i crediti di lavoro, dall’art. 429 c.p.c., comma 3, oltre gli interessi nella misura di legge, il maggior danno per la diminuzione di valore del credito,
cosicché interessi e rivalutazione finiscono per essere un tutt’uno col credito previdenziale o assistenziale, nel senso che esso, maggiorato di tali componenti, rappresenta, nel tempo, l’originario credito RAGIONE_SOCIALE‘assicurato nel suo reale valore man mano aggiornato.
Donde la conseguenza che la disciplina legale applicabile è sempre e unicamente quella dettata per lo specifico credito previdenziale o assistenziale dedotto in giudizio e che il pagamento di quest’ultimo nel suo valore originario costituisce l’adempimento parziale di un’obbligazione che ha per oggetto sempre e soltanto il medesimo credito (qualificato in relazione al trascorrere del tempo), che rimane tale fino a quando non sia stato interamente pagato nel suo importo totale, comprensivo degli accessori in questione, per cui, quanto resta dopo il pagamento parziale, è pur sempre parte del credito previdenziale (Cass. 3 febbraio 1995, n. 1267; 12 febbraio 1993, n. 1771; 29 novembre 1993, n. 11808).
Questa omogeneità di natura, derivante dall’unitario rilievo RAGIONE_SOCIALEa prestazione considerata in tutte le sue componenti comporta, come mero corollario, l’impossibilità di ritenere assoggettata la porzione del credito contabilmente imputabile ad interessi e rivalutazione ad un regime prescrizionale diverso da quello proprio RAGIONE_SOCIALEa porzione ascrivibile a somma capitale (Cass.
6 settembre 1997, n. NUMERO_DOCUMENTO; 23 giugno 1992, n. 7661; 16 aprile 1992 n. 4666; 4 ottobre 1991 n. 10336).
Come si evince anche dalla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale 25 maggio 1989, n. 283, la regola generale per i ratei RAGIONE_SOCIALEa prestazione previdenziale o assistenziale è la prescrizione decennale, mentre opera la prescrizione quinquennale soltanto per i ratei “liquidi”, liquidità da intendere non secondo la nozione comune che si desume dall’art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione RAGIONE_SOCIALEa spesa (procedimento di contabilità, diverso da quello di liquidazione RAGIONE_SOCIALEa prestazione) con messa a disposizione RAGIONE_SOCIALE‘avente diritto RAGIONE_SOCIALEe relative somme, come fatto palese dal disposto del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 129, ritenuto tendenzialmente applicabile a tutti i crediti previdenziali e assistenziali, secondo cui sì prescrivono in cinque anni a favore RAGIONE_SOCIALE‘Istituto le rate di pensione “non riscosse” (cfr. Cass. 21 maggio 1990 a 6245; 22 marzo 1991 n. 3094; 14 dicembre 1991 n. 13485; 17 marzo 1994 n. 2562;1° aprile 1994 n. 3188; 22 maggio 1997, n. 7882).
Ne segue che il diritto di credito previdenziale o assistenziale relativo a qualsiasi somma che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non liquido ai sensi e per gli effetti RAGIONE_SOCIALEa norma sopra indicata.
In altri termini, il pagamento parzialmente estintivo RAGIONE_SOCIALEa pretesa creditoria lascia permanere la “illiquidità”, nel senso precisato, del credito alla parte residua (cfr., con specifico riguardo, alla liquidazione RAGIONE_SOCIALEa sorta capitale senza gli interessi e la rivalutazione: Cass. 23 giugno 1992 n. 7661; 1° aprile 1993 n. 3933; 7 maggio 1993 n. 5289; 14 gennaio 1998, n. 292), posto che la liquidità del credito va intesa non secondo la nozione comune, desumibile dall’art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione RAGIONE_SOCIALEa spesa.
Il RAGIONE_SOCIALE ricorrente prospetta, quale argomento che possa indurre a non ritenere applicabile l’orientamento sopra richiamato, la natura non previdenziale, ma di assegno erogato dallo Stato, RAGIONE_SOCIALEa prestazione oggetto di causa.
L’argomento non coglie nel segno, posto che questa Corte di cassazione ha invece ribadito che le prestazioni riconosciute alle vittime del dovere ed alle categorie equiparate hanno natura assistenziale (Cass. n. 22753 del 2018; Cass. n. 23300 del 2016) e, dunque, a tali prestazioni vanno applicati i principi sopra esposti.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione in favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha reso la prescritta dichiarazione.
Stante la non debenza da parte RAGIONE_SOCIALEe amministrazioni pubbliche, come parte ricorrente del versamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti di cui al primo periodo del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 201, n. 228, art. 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile (v., ex multis , Cass., SU, 9938/2014; Cass. nn. 5955 e 23514 del 2014).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento, da distrarsi in favore RAGIONE_SOCIALE ‘AVV_NOTAIO.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 dicembre