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Prescrizione vendita internazionale: la Cassazione decide

Una società straniera ha citato in giudizio un fornitore italiano per un macchinario difettoso, chiedendo la risoluzione del contratto. Il caso si è incentrato sulla prescrizione nella vendita internazionale. La Corte di Cassazione ha confermato l’applicazione del termine di prescrizione annuale previsto dal codice civile italiano, stabilendo che il riconoscimento del vizio da parte del venditore ha solo effetto interruttivo e non trasforma il termine in decennale. Di conseguenza, l’azione dell’acquirente è stata respinta perché tardiva.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Vendita Internazionale: Quando il Riconoscimento del Vizio Non Salva dall’Azione Tardiva

Nell’ambito delle compravendite commerciali tra aziende di nazioni diverse, la gestione dei vizi della merce è un tema cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sulla prescrizione nella vendita internazionale, specificando che l’impegno del venditore a riparare il bene non estende il termine di garanzia. Questo caso, che ha visto contrapposte un’azienda acquirente straniera e una fornitrice italiana, mette in luce l’importanza di agire tempestivamente e secondo le forme previste dalla legge.

I Fatti di Causa

Una società con sede in Iran acquistava da un’azienda italiana un macchinario destinato alla produzione di tappi in plastica. Dopo la consegna, l’acquirente riscontrava gravi difetti di funzionamento che impedivano al macchinario di operare come pattuito. Nonostante i numerosi tentativi di riparazione da parte della società venditrice, i problemi persistevano.

Di fronte all’impossibilità di risolvere la situazione, la società acquirente decideva di citare in giudizio il fornitore italiano davanti al Tribunale di Treviso, chiedendo la risoluzione del contratto di compravendita e la restituzione del prezzo pagato. La consegna del macchinario era avvenuta il 18 maggio 2009, mentre la causa era stata intentata il 7 maggio 2014.

Lo Scontro Giudiziario e la questione sulla prescrizione nella vendita internazionale

Il fulcro della disputa legale è diventato il termine di prescrizione. La società venditrice sosteneva che l’azione fosse prescritta, essendo trascorso più di un anno dalla consegna, come previsto dall’art. 1495 del codice civile. L’acquirente, invece, riteneva che l’impegno assunto dal venditore a riparare il macchinario avesse trasformato il termine di prescrizione da annuale a decennale, secondo un precedente orientamento giurisprudenziale.

Primo Grado: Il Tribunale di Treviso accoglieva la domanda dell’acquirente, ritenendo che l’impegno a riparare il bene avesse effettivamente mutato il termine di prescrizione in quello ordinario di dieci anni. Pertanto, l’azione non era considerata prescritta.

Secondo Grado: La Corte d’Appello di Venezia ribaltava la decisione. Aderendo a un più recente e consolidato orientamento della Cassazione, i giudici stabilivano che il riconoscimento dei vizi e l’impegno a eliminarli costituiscono solo un atto interruttivo della prescrizione annuale, senza trasformarla in decennale. Di conseguenza, l’azione dell’acquirente veniva dichiarata prescritta e le sue domande respinte.

L’acquirente, non soddisfatto, proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Suprema Corte e il termine di prescrizione nella vendita internazionale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società acquirente, confermando la sentenza della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito diversi punti fondamentali relativi alla prescrizione nella vendita internazionale.

La Corte ha ribadito che, secondo la giurisprudenza più recente e autorevole, il riconoscimento del vizio da parte del venditore non modifica la natura del termine di prescrizione, che resta quello annuale previsto dall’art. 1495 c.c. Tale riconoscimento ha il solo effetto di interrompere il decorso del termine, facendo partire un nuovo periodo di prescrizione, sempre di un anno.

Inoltre, gli Ermellini hanno analizzato i presunti atti interruttivi posti in essere dall’acquirente, in particolare una comunicazione di messa in mora del 15 gennaio 2014. Tale atto è stato ritenuto inefficace per due motivi: la mancata prova della sua effettiva trasmissione e il fatto che fosse stato indirizzato a un semplice referente aziendale e non formalmente alla società venditrice. Di conseguenza, nessun atto idoneo aveva interrotto la prescrizione prima della notifica della citazione nel maggio 2014, quando il termine annuale era ormai ampiamente scaduto.

Infine, la Cassazione ha respinto anche le doglianze relative alla presunta violazione della Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale, affermando che le sue disposizioni non derogano alle norme nazionali sulla prescrizione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa delle norme sulla prescrizione. I giudici hanno voluto consolidare il principio secondo cui la tutela dell’acquirente per i vizi della cosa venduta è soggetta a termini brevi e certi. Permettere una trasformazione del termine da annuale a decennale sulla base di un comportamento del venditore (il tentativo di riparazione) creerebbe incertezza giuridica. L’effetto interruttivo, invece, tutela l’acquirente garantendogli un nuovo periodo completo per agire, ma sempre entro il quadro della prescrizione breve. La Corte ha inoltre sottolineato l’importanza del formalismo negli atti giuridici: una messa in mora, per essere efficace, deve essere non solo provata nella sua spedizione, ma anche indirizzata correttamente al legale rappresentante della società debitrice.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un importante principio di diritto commerciale: nella compravendita, anche internazionale, se regolata dalla legge italiana, l’azione per vizi si prescrive in un anno dalla consegna. L’acquirente che scopre un difetto deve quindi agire con rapidità, denunciando il vizio e, se necessario, interrompendo formalmente la prescrizione o avviando l’azione legale entro l’anno. Confidare che i tentativi di riparazione del venditore ‘allunghino’ i termini a dieci anni è un errore che, come dimostra questo caso, può costare la perdita del diritto a ogni forma di tutela.

Il riconoscimento del vizio da parte del venditore e il suo impegno a riparare il bene cambiano il termine di prescrizione da un anno a dieci anni?
No. Secondo la Corte, il riconoscimento del vizio e l’impegno a eliminarlo non trasformano il termine di prescrizione annuale (ex art. 1495 c.c.) in quello decennale. Tali atti hanno solo un effetto interruttivo, facendo decorrere un nuovo periodo di prescrizione di un anno.

La Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni prevale sulle norme italiane in materia di prescrizione?
No, la sentenza chiarisce che le norme della Convenzione di Vienna non sono state ritenute idonee a derogare alla disciplina della prescrizione prevista dal codice civile italiano, che in questo caso è stata applicata.

Un atto di messa in mora inviato a un referente aziendale, e non alla società stessa, è efficace per interrompere la prescrizione?
No. La Corte ha ritenuto inefficace la costituzione in mora perché, tra le altre ragioni, era stata indirizzata a un referente della società venditrice e non formalmente alla società stessa, oltre alla mancanza di prova della sua effettiva trasmissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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