Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16132 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16132 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
Oggetto
Responsabilità civile p.a. -Prescrizione -Decorrenza -Art. 2947, terzo comma, cod. civ. ─ Applicabilità ─ Presupposti
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14816/2021 R.G., proposto da
Presidenza del Consiglio dei Ministri , in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ; Ministero dell’Interno , in persona del Ministro pro tempore ; rappresentati e difesi ope legis dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, in Roma, INDIRIZZO sono ex lege domiciliati;
-ricorrenti – nei confronti di
Comune di Sarno , in persona del Sindaco pro tempore ; rappresentato e difeso dall ‘ Avv. NOME COGNOME in virtù di procura su foglio separato;
-controricorrente – nonché di
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrenti –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 563/2021, depositata il 21 aprile 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME convennero in giudizio davanti al Tribunale di Salerno la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero de ll’Interno , il Comune di Sarno e il Sindaco NOME COGNOME domandando il risarcimento dei danni subìti in conseguenza della morte del loro congiunto, NOME COGNOME causata dagli eventi alluvionali verificatisi a Sarno il 5 maggio 1998, per i quali erano decedute centotrentasette persone ed in relazione ai quali era stata accertata la responsabilità penale di NOME COGNOME per omicidio colposo plurimo, con la condanna generica, unitamente ai responsabili civili, al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidarsi separatamente.
Le Amministrazioni dello Stato eccepirono la prescrizione del diritto risarcitorio azionato nei loro confronti , sull’assunto della inoperatività, nella fattispecie, della previsione di cui al secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ. , per non essersi gli istanti costituiti parti civili nel processo penale a carico di NOME COGNOME; in subordine, proposero domanda di regresso nei confronti dei coobbligati.
Il Tribunale adìto , in accoglimento dell’eccezione di prescrizione, rigettò la domanda proposta dagli attori nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’ Interno; accolse quella
proposta nei confronti del Comune di Sarno e dell’ex Sindaco, NOME COGNOME condannandoli, in solido, a pagare a ciascuno degli attori la somma di Euro 270.000,00, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno subìto per la perdita del loro congiunto.
Pronunciando sui contrapposti gravami , la Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 563/2021, resa pubblica il 21 aprile 2021, per quanto ancora interessa, disattesa l’eccezione di prescrizione del credito risarcitorio sollevata dalle Amministrazioni statali, ha esteso ad esse la condanna risarcitoria già emessa dal primo giudice, rigettandone la domanda di regresso proposta verso i coobbligati.
Con specifico riguardo all’eccepita prescrizione, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la mancata costituzione di parte civile.
Richiamato il principio -desunto dal precedente di Cass. 15/05/2013, n. 11775 -secondo cui « l’art. 2947, terzo comma, seconda parte, cod. civ., il quale, in ipotesi di fatto dannoso considerato dalla legge come reato, stabilisce che, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione, od è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento si prescrive nei termini indicati dai primi due commi (cinque anni e due anni) con decorso dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, si riferisce, alla stregua della sua formulazione letterale e collocazione nel complessivo contesto di detto terzo comma, nonché della finalità di tutelare l ‘ affidamento del danneggiato circa la conservazione dell ‘ azione civile negli stessi termini utili per l ‘ esercizio della pretesa punitiva dello Stato, alla sola ipotesi in cui per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella del diritto al risarcimento », ha osservato che, nella specie:
per il reato di cui NOME COGNOME era stato dichiarato responsabile era « prevista una prescrizione più lunga rispetto al termine quinquennale previsto per il risarcimento dei danni », sicché, essendo intervenuta per tale reato sentenza penale irrevocabile, il giorno di
inizio della decorrenza del termine quinquennale per la proposizione dell ‘ azione risarcitoria coincideva, non con il 5 maggio 1998, data del verificarsi del fatto illecito, ma con il 26 marzo 2013, data dell ‘ irrevocabilità della predetta statuizione di condanna penale per effetto del rigetto del relativo ricorso per cassazione;
poiché i congiunti di NOME COGNOME avevano proposto la domanda risarcitoria con ricorso depositato il 15 settembre 2015 (dunque, nei cinque anni dal 26 marzo 2013, data dell ‘ irrevocabilità della sentenza penale), non era configurabile alcuna prescrizione dell ‘ azionato diritto di credito.
Con specifico riguardo alla domanda di regresso, la Corte territoriale ha poi osservato, per quanto qui rileva, che « nei rapporti interni tra il Sindaco NOMECOGNOME responsabile diretto dell’illecito, il Comune di Sarno e le amministrazioni statali, quali responsabili per il fatto altrui, non trova applicazione il principio generale sancito dall’art. 2055 comma 2 c.c ., della suddivisione dell’onere del risarcimento in proporzione alla rispettiva colpa, posto che non è possibile operare una diversificata quantificazione della quota di responsabilità ».
Per la cassazione d ella sentenza d’appello hanno proposto ricorso, con un unico atto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero de ll’Interno sulla base di tre motivi, cui hanno risposto, con distinti controricorsi, il Comune di Sarno, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
il Pubblico Ministero presso la Corte non ha depositato conclusioni scritte.
Sia il Comune che i controricorrenti privati hanno depositato memoria, i secondi eccependo altresì l’improcedibilità del ricorso, per avere le Amministrazioni ricorrenti dato atto dell’avvenuta notifica della sentenza impugnata, omettendo di depositare la relata di notificazione,
come prescritto dall’art. 369, secondo comma, n. 2), cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disattesa l’ eccezione di improcedibilità del ricorso.
Gli stessi eccipienti osservano che la sentenza impugnata è stata depositata il 21 aprile 2021 e notificata il giorno successivo.
La notificazione del ricorso, avvenuta il 27 maggio 2021, risulta dunque effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato.
Pertanto, l ‘eccezione di impr ocedibilità si palesa manifestamente infondata e va rigettata (Cass. 7/06/2021, n. 15832; Cass. 22710/2024, n. 27313).
2.1. Con il primo motivo viene denunciata, con riferimento all ‘ art.360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 2947, comma 3 e 2953 del codice civile, 157 e 185 del codice penale e 74, 75 e 76 del codice di procedura penale, nonché 3 e 24 della Costituzione ».
Le Amministrazioni statali ricorrenti sostengono che l’esegesi dell’art. 2947, terzo comma, cod. civ . accolta dalla sentenza impugnata è erronea e chiedono affermarsi l’opposto principio secondo cui, « a seguito della nuova fisionomia dell’azione civile per i danni conseguenti da reato di cui agli artt. 74, 75 e 76 del codice di procedura penale, la prescrizione del diritto di credito risarcitorio di cui all’articolo 185 del Codice Penale decorre, per quanto riguarda i danneggiati che non si sono costituiti parte civile nel processo penale, non dal momento in cui la sentenza di condanna sia divenuta irrevocabile, bensì dal momento in cui si sia verificato il fatto, con conseguente avvenuta prescrizione dell’azione risarcitoria intentata ».
2.2. con il secondo motivo viene denunciata, con riferimento all ‘ art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. « violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 28 della
Costituzione, 22 e 23 del T.U. n. 3 del 10 gennaio 1957, 185 del codice penale, 2043, 2049 e 2055, comma 2 del codice civile ».
Le Amministrazioni ricorrenti osservano che, in ragione del rapporto di immedesimazione organica e dell’art. 28 Cost., ricorre la responsabilità diretta per fatto proprio del Comune di Sarno, come si evince da Cass., Sez. Un., n. 13246 del 2019 e da quanto evidenziato dalla sentenza di legittimità nel processo penale a proposito dei poteri pubblicistici del Sindaco.
Soggiungono che ricorre una fattispecie di mancato esercizio di funzioni pubbliche, con la conseguenza che gli atti e le omissioni, oltre che immediatamente riferibili alla persona fisica del Sindaco, nel sistema della protezione civile sia autorità comunale che ufficiale di governo, sono anche direttamente imputabili tanto al Comune quanto alle Amministrazioni statali in ragione delle rispettive funzioni.
Concludono nel senso che ricorre pertanto il presupposto dell’azione di regresso .
2.3. Con il terzo motivo viene denunciata, con riferimento all ‘ art.360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 185 del codice penale, 2043, 2049 e 2055, comma 2 e 3 del codice civile », per avere la Corte territoriale, pur nell’ipotesi in cui « il titolo di responsabilità della Pubblica Amministrazione sia qualificabile ‘ per fatto altrui ‘ », erroneamente escluso che ciascuna amministrazione potesse esercitare, ai sensi dell’art. 2055, secondo comma, c od. civ. , l’azione di regresso contro l’altra amministrazione coobbligata solidale, giacché avrebbe dovuto fare applicazione, invece, del principio di diritto (a fondamento del quale i ricorrenti argomentano diffusamente) secondo cui, « in virtù dell’autonomia sistematica e concettuale dell’articolo 2055 rispetto alla disciplina dell’azione di regresso per le obbligazioni da contratto di cui all’articolo 1298 del Codice Civile, è ammissibile l’azione di regresso ai sensi dell’articolo 2055, comma 2 e 3, anche tra
coobbligati solidali aventi titoli di responsabilità diversi da quello della responsabilità per fatto proprio colpevole ».
Sostengono infatti le Amministrazioni ricorrenti che, mentre l’art. 1298 cod. civ. esprime la logica dell’autonomia privata e dell’obbligazione volontariamente assunta nell’interesse esclusivo del debitore, l’art.2055 stesso codice esprime la logica dell’ascrivibilità del fatto illecito e del principio che nessuno può rispondere oltre il limite di ciò che gli sia oggettivamente addebitabile.
So ggiungono che nell’art. 2055, secondo comma, cod. civ. il concetto di colpa ha il carattere oggettivo dell’imputabilità del fatto al soggetto, come si evince anche dal terzo comma, dove il criterio della divisione in parti uguali si attaglia ad un concetto oggettivo di colpa e non alla responsabilità per fatto colpevole.
Osservano, ancora, che il criterio della « entità delle conseguenze » è autonomo rispetto alla colpa intesa in senso oggettivo, poiché concerne le conseguenze del fatto provocato dal soggetto nei cui confronti il responsabile indiretto riveste una posizione di controllo o di garanzia.
Il primo motivo pone la controversa questione dell’esegesi dell’art. 2947 cod . civ., con particolare riferimento ai presupposti di operatività della specifica disciplina contenuta nel secondo periodo del terzo comma di tale articolo.
Ai sensi dell’art. 2947 , terzo comma, cod. civ., deve distinguersi secondo che per la fattispecie penale sia o meno stabilita una prescrizione più breve o più lunga di quella prevista per la fattispecie aquiliana.
Nel primo caso (prescrizione per il reato più breve) si applicano i primi due commi dell’art. 2947: il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni o, nel caso di danno prodotto dalla circolazione di veicoli di ogni specie, in due anni (art. 2947, primo e secondo comma, cod. civ.), con decorrenza dalla data del fatto.
Nel secondo caso (prescrizione per il reato più lunga), occorre ulteriormente distinguere.
Se il processo penale non è stato promosso (Cass. n. 3865/2004; Cass. n. 24988/2014; Cass. n. 2350/2018) oppure è stato promosso ma si è concluso con una sentenza dichiarativa di estinzione del reato per prescrizione (Cass. n. 19566/2004; Cass. n. 22883/2007), si applica la prescrizione più lunga anche all’azione civile , con decorrenza dalla data del fatto (art. 2947, terzo comma, primo periodo).
Se invece il processo penale si è concluso con sentenza dichiarativa di estinzione del reato per ragioni diverse dalla prescrizione (remissione di querela, morte dell’imputato, amnistia ecc.; Cass. n. 22883/2007, cit. ) oppure con sentenza irrevocabile, di condanna (rispetto alla quale opera anche l’effetto di cui all’art. 2953 cod. civ.), di assoluzione o anche di patteggiamento, che non pregiudichi l ‘ azione risarcitoria (Cass. n. 3762/2007; Cass. n. 25042/2013; Cass. n. 2694/2021; Cass. n. 31157/2023; Cass. n.13052/2024; Cass., Sez. Un., n. 8348/2013), si applica la prescrizione prevista per il fatto illecito aquiliano, ma con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data della sentenza irrevocabile (art. 2947, terzo comma, secondo periodo).
In quest’ultima ipotesi resta, però, controverso se, ai fini dell’applicabilità del minor termine prescrizionale previsto per il fatto illecito aquiliano con decorrenza dalla data della sentenza penale irrevocabile occorra, o no, l’ulteriore condizione della costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale.
Nel caso in esame, la questione assume rilevanza decisiva ai fini dell’accoglimento o meno del primo motivo di ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno.
È, infatti, pacifico che i danneggiati (i quali avevano introdotto il giudizio risarcitorio in data 15 settembre 2015, in mancanza di precedenti atti interruttivi) non si erano costituiti parti civili nel
processo penale celebrato a carico di NOME COGNOME e definito con sentenza divenuta irrevocabile il 26 marzo 2013.
Ove si reputasse necessaria la costituzione di parte civile, ai fini dell’operatività della disciplina contenuta nel secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ., dovrebbe quindi farsi applicazione, ai sensi del primo periodo del medesimo terzo comma, del più lungo termine prescrizionale previsto per il reato di omicidio colposo con decorrenza dalla data del fatto (5 maggio 1998), con conseguente rilievo dell’estinzione per prescrizione del diritto azionato da gli attuali controricorrenti al mome nto dell’introduzione del giudizio risarcitorio (15 settembre 2015).
Al contrario, ove si ritenesse applicabile la disciplina di cui al secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ., a prescindere dalla costituzione di parte civile, i danneggiati beneficerebbero del termine prescrizionale quinquennale previsto per illecito civilistico, sì di minor durata, ma con decorrenza dal 26 marzo 2013 (data dell’irrevocabilità della sentenza penale), talché il diritto risarcitorio non sarebbe venuto meno alla data di esercizio dell’azione civile.
4.1. La tesi positiva afferma che, in mancanza di opposti dettati legislativi, « alla pendenza del processo penale, il cui inizio è rimesso all ‘ autorità penale, non può … essere attribuito l ‘ effetto di evitare che il danneggiato (vittima del reato) debba esercitare il diritto nel termine iniziato a decorrere dal fatto (percepito) e, dunque, debba interrompere il corso della prescrizione. Detta pendenza, invero, non rende il diritto immune dalla prescrizione », sicché la decorrenza del termine di prescrizione dalla data della sentenza irrevocabile costituisce un effetto della idoneità interruttiva dell ‘atto di costituzione di parte civile, ferma restando la possibilità che tale interruzione avvenga anche con modalità diverse, « essendo sufficiente qualunque atto idoneo a manifestare la volontà di far valere il diritto, e -quindi anche una richiesta stragiudiziale che valga a costituire in mora il
debitore; in ogni caso, quale che sia la modalità con cui la pretesa risarcitoria venga fatta valere, essa deve intervenire entro il termine prescrizionale stabilito per il reato » (Cass., 6/04/2022, n. 11190, pag.10 della motivazione).
4.2. La contrapposta tesi negativa trova riscontro nella ricostruzione dottrinale secondo cui il danneggiato, legittimato alla costituzione di parte civile, può far affidamento sulla pendenza del processo penale a prescindere dalla sua scelta di esercitare all’interno dello stesso l’azione risarcitoria , e, pertanto, può contare sulla decorrenza del termine prescrizionale dalla « sentenza irrevocabile ».
La possibilità di posticipazione del termine di decorrenza della prescrizione al momento del passaggio in giudicato della sentenza penale, dunque, « presuppone la necessaria identità della posizione di danneggiato con quella di parte lesa della condotta criminosa, ancorché non sia richiesta la costituzione di parte civile nel giudizio penale » (Cass. 26/07/2019, n. 20363).
4.3. La necessità -ai fini dell’ operatività della disciplina di cui al secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ. -della costituzione di parte civile (in alternativa ad altri atti aventi eguale efficacia interruttiva permanente della prescrizione) è stata reiteratamente affermata da questa Corte (cfr., ad es., Cass. 6/04/2022, n. 11190, cit. ; Cass. 27/07/2024, n. 21049; Cass.12/12/2024, n. 32069).
Il fondamento dogmatico di questa opinione risiede nel rilievo sistematico del carattere generale del principio sancito dall’art . 2935 cod. civ., a norma del quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Dal rilievo sistematico di questo principio generale deriverebbe che « dalla commissione del reato – o meglio, dalla percezione dello stesso – il diritto risarcitorio del danneggiato è esercitabile e, dunque, il termine prescrizionale decorre, sebbene con l’eventuale termine
maggiore rispetto a quelli indicati dal primo e dal secondo comma dell’art. 2947 cod. civ. » (Cass. n. 11190/2022, cit. ).
Questa decorrenza, pertanto, in assenza di un atto interruttivo, non risentirebbe della mera pendenza del processo penale, la cui instaurazione non potrebbe di per sé sottrarre il diritto risarcitorio alla prescrizione sino all’emissione di un provvedimento dichiarativo dell’estinzione del reato per causa diversa dalla prescrizione o fino ad una sentenza irrevocabile, non essendo impossibile l’esercizio del diritto medesimo.
La costituzione di parte civile si renderebbe allora necessaria in funzione dello spostamento del dies a quo del termine prescrizionale alla data della sentenza penale irrevocabile, non in quanto presupposto tacito della fattispecie contemplata dall’art. 2947, terzo comma, secondo periodo, cod., civ., ma in quanto atto interruttivo della prescrizione con effetto permanente, come tale surrogabile da altri atti aventi eguale efficacia.
4.4. Anche l’opposta tesi, che esclude la necessità della costituzione di parte civile ai fini della decorrenza del termine prescrizionale (coincidente con quello previsto per l’illecito aquiliano nei primi due comm i dell’art. 2947 cod. civ.) dalla data della sentenza penale irrevocabile, è stata più volte affermata nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 14/05/1998, n. 4867; Cass. 14/07/2009, n. 16391; Cass.26/07/2019, n. 20363, cit. ).
Essa, sebbene ciò non venga esplicitato nella motivazione delle pronunce, trova evidentemente il suo addentellato dogmatico nel rilievo esegetico della sussistenza di peculiari limitazioni normative al principio per cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, cosicché la norma contenuta nel secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ., nello spostare la decorrenza della prescrizione ad un momento successivo a quello in cui il diritto è divenuto ‘esercitabile’, costituirebbe una regola
speciale derogatoria rispetto a quella generale contenuta nell’art. 2935 cod. civ., la cui ratio giustificatrice risiederebbe nell’esigenza di assicurare al danneggiato la possibilità di far valere l’ accertamento contenuto nella sentenza penale accertativa del reato rispetto al quale è parte lesa (pur non costituita parte civile) e -più in generale, atteso il prevalso orientamento che annovera nella nozione di sentenza penale irrevocabile le ipotesi in cui il procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato (da ultimo, Cass. 25/02/2025, n. 4845, cit. ) -nell’esigenza di tutelare l’ affidamento della persona offesa dal reato sulla pendenza del processo penale.
In questa prospettiva interpretativa, lo spostamento della decorrenza della prescrizione al momento della sentenza penale irrevocabile (o della pronuncia di estinzione del reato per cause diverse dalla prescrizione), in difetto di costituzione di parte civile del danneggiato, non integrerebbe una inammissibile sottrazione del diritto risarcitorio alla decorrenza della prescrizione in mancanza di un valido ed efficace atto interruttivo, bensì una ragionevole deroga al principio per cui la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere esercitato; deroga giustificata, appunto, dalla pendenza di un accertamento penale e dall’affidamento riposto su di esso.
Ritiene il Collegio di aderire alla prima delle due contrapposte tesi interpretative.
5.1. L’orientamento che, ai fini dell’operatività della disciplina di cui al secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ., esige la costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale (non in quanto presupposto tacito della fattispecie contemplata dall’art. 2947, terzo comma, secondo periodo, cod., civ., ma in quanto atto interruttivo della prescrizione con effetto permanente, come tale surrogabile da altri atti aventi eguale efficacia), si pone, infatti, in linea di continuità con gli arresti del massimo consesso di questa Corte,
secondo cui, per un verso, l’ancoraggio del dies a quo della prescrizione alla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza dichiarativa della causa di non punibilità trova giustificazione nella circostanza che il danneggiato fino a tale momento, come in ogni altra ipotesi di estinzione del reato, ripone un legittimo affidamento sul permanere dell’effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione conseguente all ‘ esercizio dell ‘ azione civile (Cass., Sez. Un., 5/04/2013, n. 8348); per altro verso -e più in generale -la prescrizione del diritto al risarcimento del danno cagionato dal reato, sebbene raccordata, sotto il circoscritto profilo del periodo di durata, alla disciplina della prescrizione dettata per il reato, si inserisce nel quadro generale dell ‘ istituto della prescrizione civile, senza comprometterne la sostanziale autonomia rispetto all ‘ omologo istituto regolato nel sistema penale, con la conseguenza che, ai fini del diritto al risarcimento, operano esclusivamente le cause di interruzione previste nella disciplina civilistica, senza possibilità di mutua integrazione o di interferenze fra le due discipline (Cass., Sez. Un., n.1479/1997).
5.2. D’altra parte, non sembra che l’utilizzazione di un criterio meramente esegetico , in luogo di quello sistematico , possa condurre appagabilmente alla soluzione opposta, in assenza di una espressa disposizione derogatoria volta a spostare l’ exordium praescriptionis in avanti rispetto al momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 cod. civ.), specie se si consideri che , al contrario, l’ordinamento conosce invece deroghe espresse nel secondo senso, le quali -impregiudicata la questione se, al di là del nomen iuris , configurino fattispecie di decadenza, anziché di prescrizione, nonché la questione della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., di una scelta normativa che fa decorrere il termine prescrizionale prima ancora che sia configurabile l’inerzia del titolare del diritto risarcitorio e, talora, prima ancora che esso sia completo di tutti i suoi elementi costitutivi -operano nel senso di spostarne la decorrenza del termine
di prescrizione all’ indietro rispetto al momento della percepibilità e, persino, a quello della verificazione del danno (cfr. ad es., l’art. 8 della legge n.21 aprile 2023, n.49).
5.3. Escludere la rilevanza della costituzione di parte civile ai fini dell’ operatività della disciplina di cui all’art. 2947, secondo comma, secondo periodo, cod. civ., significherebbe, dunque, far dipendere la decorrenza o meno della prescrizione in corso di procedimento penale dall’esito dello stes so procedimento, ovverosia da un fatto successivo che non può valere -in difetto di un’espressa indicazione normativa -a privare di effetti una prescrizione che sia nel frattempo maturata (in tal senso, cfr. ancora Cass. n. 11190/2022, cit. ).
L’a ffermazione secondo cui sarebbe « lo stesso procedimento penale, qualora si concluda con sentenza irrevocabile, che impedisce la decorrenza della prescrizione », si legge effettivamente in Cass. n. 9242/1998 (pronuncia tralatiziamente richiamata da Cass. n.16391/2009 e da Cass. n.20363/2019), ma si tratta, a ben vedere, di affermazione meramente apodittica, in quanto esclude immotivatamente la necessità di atti interruttivi della prescrizione relativa ad una pretesa risarcitoria per fatto integrante reato, per tutta la durata del procedimento penale.
Ipotizzare che la pendenza del processo penale sottragga il diritto risarcitorio da reato alla decorrenza della prescrizione fino all’ emissione di una delle sentenze indicate dal terzo comma dell’art. 2947 cod. civ., pur essendo esso diritto pienamente esercitabile dal danneggiato, equivale a reputare esistente una deroga al principio generale di cui all’art. 2935 cod. civ. in difetto di qualsiasi disposizione normativa in tal senso.
L’ esercitabilità del diritto comporta, al contrario, che la prescrizione decorre, sebbene con l’eventuale termine maggiore rispetto a quelli indicati nei primi due commi del citato art.2947 cod. civ., salvo che il danneggiato ponga in essere entro il termine prescrizionale stabilito
per il reato, uno degli atti, giudiziali o stragiudiziali, a cui l’ ordinamento attribuisce efficacia interruttiva della prescrizione a fini civilistici, tra i quali si annovera, con effetto interruttivo permanente, la costituzione di parte civile.
5.4. Mette conto, d’altro canto e conclusivamente, formulare un ultimo rilievo: il terzo comma dell’art. 2947 cod. civ. fa riferimento all’ipotesi in cui ‘il fatto è considerato dalla legge come reato’ e non all’ipotesi in cui in relazione al fatto insorga un processo penale. Ciò che rileva, dunque, è l’oggettiva esistenza del fatto di reato e ciò è confermato dalla successiva regolamentazione della disciplina della prescrizione dettata dal secondo inciso del terzo comma in relazione a taluni esiti del processo penale. Il danneggiato da fatto illecito considerato dalla legge come reato che non si sia costituito parte civile beneficia della prescrizione più lunga stabilita per il fatto a prescindere dall’insorgenza del processo penale e, dunque, in coerenza con tale beneficio soggiace agli oneri interruttivi della prescrizione più lunga automaticamente. Il primo inciso del terzo comma, del resto, dispone l’applicabilità all’azione civile in genere ed essa può bene esercitarsi in sede civile, piuttosto che in sede penale, ma deve essere esercitata dal danneggiato perché venga posto in essere un atto interruttivo. Salva la possibilità -come detto -di compiere un atto interruttivo stragiudiziale.
Nel caso in esame, come si è già detto, è incontroverso che i danneggiati (i quali avevano introdotto il giudizio risarcitorio in data 15 settembre 2015, in mancanza di precedenti atti interruttivi) non si erano costituiti parti civili nel processo penale celebrato a carico di NOME COGNOME e definito con sentenza divenuta irrevocabile il 26 marzo 2013.
Pertanto, ai sensi del primo periodo del terzo comma dell’art.2947 cod. civ., il diritto risarcitorio beneficiava bensì del più lungo termine prescrizionale previsto per il reato di omicidio colposo, ma con
decorrenza dalla data del fatto (5 maggio 1998), sicché esso, al momento dell’introduzione del giudizio risarcitorio (15 settembre 2015), doveva reputarsi ineluttabilmente prescritto.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza d’ appello deve dunque essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda proposta dai controricorrenti (originari attori) nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno.
Le spese di tutti i gradi di giudizio concernenti i relativi rapporti processuali vanno integralmente compensate tra la parti, in ragione del carattere controverso della questione di diritto posta dalle Amministrazioni statali eccipienti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno .
Compensa le spese di tutti i gradi di giudizio concernenti i relativi rapporti processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione