Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30110 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30110 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16461/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di VENEZIA n. 1197/2023 depositata il 30/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME conveniva in giudizio NOME COGNOME esponendo che:
-il 9 dicembre 1999 aveva avuto una colluttazione con il convenuto, cui era seguìto il deposito di querele reciproche e un processo penale definito, in primo grado, con sentenza, depositata il 18 dicembre 2007, di condanna di COGNOME anche al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio civile;
-il 13 dicembre 2010 il deducente aveva introdotto un procedimento per accertamento tecnico preventivo con finalità conciliative, dichiarato inammissibile perché la sentenza penale non era passata in cosa giudicata;
-aveva dunque citato COGNOME, con atto notificato il 3 maggio 2016, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, e il Tribunale aveva rigettato la domanda dichiarando l’intervenuta prescrizione, con pronuncia riformata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-al fine di determinare, in dieci anni, il termine prescrizionale, tenuto conto del fatto costituente reato, doveva aversi riguardo alla originaria contestazione e non al bilanciamento, con giudizio di equivalenza, tra le aggravanti delle accertate lesioni e le attenuanti generiche come statuito dal giudice penale;
-valutata altresì la richiesta risarcitoria stragiudiziale del 15 settembre 2006, la previa costituzione di parte civile nel processo penale del 15 giugno 2001, e la revoca di quest’ultima avvenuta il 16 ottobre 2013, la prescrizione non poteva dirsi decorsa;
-l’istruttoria aveva confermato il fatto illecito e il nesso di causa con le lesioni pure accertate con perizia medicolegale, smentendo la prospettazione, di parte convenuta, della scriminante della legittima difesa anche putativa, ovvero del concorso di colpa del danneggiato, che aveva subìto i dedotti pregiudizi cagionati da una reazione incontrollata e in tal senso sproporzionata rispetto al mero contatto fisico avvenuto tra NOME e la madre del convenuto;
avverso questa decisione ricorre per cassazione AVV_NOTAIO articolando due motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME che ha depositato altresì memoria.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2947, cod. civ., 582, 583, 157, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere la prescrizione dell’azione risarcitoria in dieci anni invece di cinque, mancando di considerare che il fatto era occorso prima della modifica normativa apportata, al citato art. 157, cod. pen. dalla legge n. 251 del 2005, con conseguente applicazione del previgente regime che imponeva di tener conto del giudizio di equivalenza tra l’aggravante delle lesioni gravi e le attenuanti generiche accordate dal giudice penale, con conseguente estinzione prescrizionale nello stesso termine previsto dalla disciplina civilistica;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sulla domanda di accertamento del concorso di colpa del danneggiato e di compensazione delle somme in tesi ritenute dovute e quelle che la controparte era stata condannata a pagare a titolo risarcitorio e di
spese processuali in forza delle sentenze penali del Tribunale di Belluno n. 101 del 2004 e della Corte d’ appello di Venezia n. 1989 del 2017.
Considerato che
il primo motivo di ricorso è infondato;
va ribadito che il giudice civile, in relazione al fatto di reato contestato e giudicato in sede penale, deve procedere, ai fini dell’azione risarcitoria proposta davanti ad esso, all’autonoma sebbene incidentale qualificazione dello stesso, necessaria alla ricostruzione del (maggior) termine prescrizionale di cui all’art. 2947, cod. civ., prescindendo quindi dall’esito della pronuncia del suddetto giudice penale che, in ipotesi, come nel caso, abbia ritenuto di affermare, ai suoi fini, un giudizio di equivalenza tra aggravante e attenuanti (cfr., utilmente, Cass., 18/06/2015, n. 12621, in fattispecie senza costituzione di parte civile, ma già Cass., 07/06/2006, n. 13272, Cass., 04/12/1997, n. 12324, sino a Cass., 24/06/1981, n. 4118), e ciò in ragione della distinta indipendenza dei due giudizi (su cui v. anche, più in generale e più di recente, Cass., 18/10/2022, n. 30496);
ciò posto, la Corte distrettuale ha fatto leva sul fatto di reato contestato, in concreto accertando la sussistenza del delitto di lesioni gravi dolose (pagg. 10-11 del provvedimento impugnato);
la suddetta fattispecie delittuosa, al momento della sua realizzazione commissiva, era assoggettata al termine di prescrizione penale di 10 anni, a mente dell’art. 157, primo comma, n. 3), cod. pen., nella versione anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 251 del 2005, entrata in vigore ancor prima della sentenza penale di prime cure, pubblicata nel 2007;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora, ai fini dell ‘ art. 2947, terzo comma, cod. civ., occorra fare riferimento al termine di prescrizione stabilito per il reato e questo sia stato modificato dal legislatore rispetto al termine previsto al momento
della consumazione dell’illecito, si deve applicare il termine di prescrizione del momento di consumazione del reato in forza del principio d’irretroattività della norma e non rilevando, agli effetti civilistici, il principio della norma più favorevole (Cass., 06/12/2024, n. 31378, che si conforma all’orientamento risalente fino a Cass., 27/07/2012, n. 13407, par. 3.2., pag. 5);
a mente di tale orientamento, il richiamato principio «coniuga il rinvio recettizio alla norma penale con l’autonomia del giudizio civile, che comporta l’operatività del principio dell’irretroattività della norma ( ex art. 11 prel.) e la cristallizzazione del termine prescrizionale al momento di consumazione dell’illecito e la sua insensibilità a eventuali modifiche in senso favorevole ( ex art. 2 cod. pen.) che attengono ai soli effetti penali; il tutto a prescindere dalla circostanza che il giudizio penale sia stato o meno celebrato» (pag. 3);
si osserva che non rileva, ai fini dello scrutinio della fattispecie in questa sede sub iudice , l’ordinanza interlocutoria per la (eventuale) rimessione alle Sezioni Unite pronunciata da questa Corte il 17/09/2025, n. 25463, perché, ove del caso, chiarisca «se l’esercizio dell’azione civile risarcitoria nel processo penale che produce l’effetto sospensivo/interruttivo permanente proprio della proposizione di ogni domanda giudiziale sia sottoposto non solo alle cause civilistiche di sospensione e di interruzione del termine di prescrizione, ma anche alle cause di interruzione e di sospensione di cui agli artt. 159 e 160 cod. pen. che si siano verificate prima della costituzione di parte civile» (pagg. 29-30);
infatti, quand’anche si rivaluti l’insensibilità del regime prescrizionale penale rilevante per il giudice civile a ogni successiva vicenda sia legislativa che giurisdizionale, la prescrizione per il reato in parola potrebbe diminuire a non meno di sette anni, tenuto conto della legge n. 251 del 2005 invocata nella censura (a mente
di Cass., Sez. U. penali, 24.11.2011 (dep. 24.4.2012), n. 15933, nella scia di Corte cost., n. 393 del 2006);
le conclusioni, inoltre, sono le medesime sia qualificando il reato come fattispecie autonoma sia qualificando la fattispecie come circostanza aggravante ad effetto speciale (art. 157, secondo comma, cod. pen., sia nella versione previgente, che in quella attuale);
la prescrizione, infatti, non era comunque decorsa, pur dovendosi considerare che la revoca della costituzione parte civile, pacificamente avvenuta il 16 ottobre 2013 (e documentata sub 3 in allegato al ricorso da parte ricorrente), ha privato di effetti interruttivi permanenti l’atto di costituzione stessa, mantenendo però l’effetto interruttivo istantaneo (Cass., 20/06/2024, n. 17113, che, a pag. 12, richiama i principî di Cass., 10/05/2000, n. 5961);
sul punto, come pacifico e accertato:
-la commissione è avvenuta il 9 dicembre 1999;
-la costituzione parte civile è stata del 25 giungo 2001;
-il 15 settembre 2006 è stata inoltrata e ricevuta una richiesta di pagamento stragiudiziale;
-il 13 dicembre 2010 è stato introdotto, ai fini in parola, il procedimento per accertamento tecnico preventivo (pag. 6 della sentenza in questa sede impugnata, erroneamente riportato a pag. 10 con la data della successiva dichiarazione d’inammissibilità);
-il 3 maggio 2016 è stata notificata la citazione in prime cure dell’odierno giudizio;
il secondo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;
quanto alla pronuncia sul concorso di colpa del danneggiato, costituisce oggetto di esplicito accertamento effettuato in fatto dalla Corte territoriale (a pag. 11): al riguardo la censura è infondata;
quanto alla domanda di detrarre, compensandole, le somme dovute a titolo di spese e risarcitorio, le somme stabilite nelle sentenze penali del Tribunale di Belluno n. 101 del 2004 e della Corte di appello di Venezia n. 1989 del 2017, manca effettivamente delibazione e pronuncia del giudice di appello sulla domanda dimostrata come proposta;
al riguardo, però, la censura è inammissibile;
va premesso che non si può tener conto di quanto obiettato in controricorso, in ordine alla mancanza di specificazioni della domanda in parola ad opera della parte, in difetto di ricorso incidentale condizionato;
si deve d’altro canto rilevare che parte ricorrente non indica (né ciò emerge dalla sentenza in questa sede gravata) quando, cioè in quale sede processuale, avrebbe prodotto le due sentenze poste alla base di propri crediti, come eccepito anche dal controricorrente (pag., 18, secondo rigo, del controricorso);
ne deriva che la deduzione di omessa pronuncia si fonda su profili non idoneamente supportati, attesa la violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469, parte qua ), posto che, per integrare il vizio di omessa pronuncia, è necessaria l’illustrazione del carattere decisivo della prospettata violazione, dimostrando che la minuspetizione ha riguardato una questione astrattamente rilevante nel quadro processuale, posto che, altrimenti, si dovrebbe cassare inutilmente la decisione gravata (Cass., 18/04/2025, n. 10290, Cass., 02/08/2016, n. 16102);
spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso condannando parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in complessivi euro 3.000,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15 per cento di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente Ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 1° ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME