Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2257 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2257 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28448/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME , elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore , domiciliata ope legis in INDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE che la rappresenta e difende
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Medici specializzandi -Tardivo recepimento direttive unionali -Risarcimento Prescrizione
R.G.N. 28448/NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 10/01/2024 CC
-resistente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 802/2020 depositata il 04/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 802/2020 del 4 febbraio 2020, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE, ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 23164/2014.
Quest’ultima, a propria volta, aveva disatteso la domanda delle due appellanti – volta a conseguire il riconoscimento del diritto alla percezione dell’adeguata retribuzione per l’attività svolta durante il periodo di frequenza dei corsi di specializzazione o, in via alternativa, il diritto al risarcimento del danno per tardivo e parziale recepimento delle direttive comunitarie -ritenendo infondata la domanda di riconoscimento dell’adeguata retribuzione ed accogliendo, quanto alla domanda di risarcimento, l ‘eccezione di prescrizione sollevata dalla PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE.
Per quanto ancora qui rileva, la Corte capitolina ha disatteso il motivo di gravame concernente la declaratoria di intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento:
-ritenendo inammissibile la produzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 165/2004 -dalle ricorrenti ritenuta prova dell’avvenuta interruzione della prescrizione -in quanto il documento non risultava ritualmente prodotto nel fascicolo del
giudizio di primo grado mentre la sua produzione in appello doveva ritenersi tardiva ex art. 345 c.p.c. nella formulazione determinata dalla novella di cui al D.L. n. 83/2012;
-affermando che la prescrizione in questione doveva ritenersi decorrente 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art. 11, L. 370/1999, in quanto da tale momento le appellanti erano state in grado di maturare la certezza che la Repubblica italiana non avrebbe più emanato altri atti di adempimento della disciplina eurounitaria.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE si è costituita, ai soli fini della eventuale partecipazione alla discussione orale.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe erroneamente:
-ritenuto non ritualmente prodotta nel fascicolo di prime cure la decisione del Consiglio di Stato n. 165/2004, in quanto la presenza di tale documento nel fascicolo non era stata neppure oggetto di contestazione da parte della PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE;
-omesso di rilevare d’ufficio l’interruzione della prescrizione, nonostante la stessa costituisca eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio;
-ritenuto applicabile l’art. 345 c.p.c. nella formulazione derivante dalla novella di cui al D.L. n. 83/2012, sebbene il giudizio di primo grado fosse stato instaurato prima dell’entrata in vigore di questa modifica.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione delle Direttive 362/75; 82/76, 2005/36; nonché della L. n. 370/1999 e dell’art. 2935 c.c.
Le ricorrenti contestano la decisione della Corte capitolina nella parte in cui ha ritenuto che il termine di prescrizione della pretesa risarcitoria aveva incominciato a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art. 11, L. 370/1999 .
Deducono, in senso contrario, che tale atto normativo avrebbe trasposto la disciplina eurounitaria in modo solo parziale, senza attribuire agli specializzandi alcun diritto alla remunerazione, di talché dovrebbe ritenersi che il termine di prescrizione stesso non abbia mai iniziato a decorrere o, al più, avrebbe iniziato a decorrere dal 20 ottobre 2007, data in cui era venuto meno l’obbligo della Repubblica italiana di recepire le Direttive comunitarie, divenendo in tal modo definitivo l’inadempimento all’o bbligo di adeguamento.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Inammissibile, in primo luogo, in quanto, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2015, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di
fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
Inammissibile, in secondo luogo, perché, anche operando un’ortopedica riqualificazione del motivo , le deduzioni del motivo in ordine alla presenza della sentenza n. 165/2004 del Consiglio di Stato risultano non rispettose del canone di specificità e completezza di cui all’art. 366 c.p.c. , atteso che le ricorrenti operano un generico ed inadeguato richiamo agli atti di causa.
Tanto basta a precludere l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, il quale presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n, 6, c.p.c., pur se essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza (Cass. Sez. L -Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
Solo ragioni di completezza, allora, impongono di rilevare anche la infondatezza nel merito delle eterogenee doglianze formulate con il motivo, atteso che la Corte territoriale, nell’applicare la nuova formulazione dell’art. 345, terzo comma, c.p.c., introdotta dal D.L. n. 83/2012 (conv. con modif. con L. n. 134/2012), si è pienamente conformata ai principi enunciati da questa Corte (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 21606 del 28/07/2021; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 6590 del 14/03/2017).
Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte ha reiteratamente affermato il principio per cui, il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il d.lgs. n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della legge n. 370 del 1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo (Cass. Sez. 3 -Ordinanza n. 1589 del 24/01/2020; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16452 del 19/06/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6606 del 20/03/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23568 del 11/11/2011, ed ulteriore, nutrita, serie di precedenti).
Come osservato in altra -ancora più recente – decisione di questa Corte (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18684 del 2022), è stato da tempo chiarito che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, insorto in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati, dopo l’applicabilità del regime eurounitario ed entro l’anno accademico 19901991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370.
Al riguardo, nessuna influenza può avere la sopravvenuta disposizione di cui all’art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011,
n. 183 -secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da mancato recepimento di direttive comunitarie soggiace alla disciplina dell’art. 2947 cod. civ. e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato -trattandosi di norma che, in difetto di espressa previsione, non può spiegare la sua efficacia che rispetto a quanto verificatosi successivamente alla sua entrata in vigore, ossia al 10 gennaio 2012 (Cass., 09/02/2012, n. 1917, che riprende Cass. nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011, evocate nei ricorsi, ed è confermata da innumerevoli successivi arresti, come, ad esempio, Cass., 19/07/2019, n. 16452 e Cass., 24/01/2020, n. 1589).
A tale orientamento la decisione della Corte capitolina si è pienamente conformata, da ciò derivando l’infondatezza del mo tivo di ricorso.
4. Il ricorso deve quindi essere respinto.
Non vi è luogo a statuizione sulle spese del giudizio, non avendo la PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE depositato controricorso.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 10 gennaio