Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 817 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 817 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto
Responsabilità civile p.a. -Prescrizione -Decorrenza -Art. 2947, terzo comma, cod. civ. ─ Applicabilità ─ Presupposti ─ A rt. 2055 cod. civ. ─ Regresso nei confronti dei corresponsabili – Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30050/2021 R.G. proposto da Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Interno , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato (p.e.c. indicata: EMAIL, presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
Esposito NOME, COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c. indicata: aEMAIL);
-controricorrenti –
COGNOME
-intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 657/2021, depositata il 5 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME tutti quali eredi di NOME COGNOME, adirono il Tribunale di Salerno con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. per ottenere la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli Interni, del Comune di Sarno e di NOME COGNOME sindaco p.t., in solido, al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della morte della madre del proprio dante causa, NOME COGNOME in conseguenza degli eventi franosi verificatisi a Sarno il 5 maggio 1998, per i quali erano decedute centotrentasette persone e per i quali era stata riconosciuta la penale responsabilità del COGNOME per omicidio colposo plurimo;
sia il Comune che le Amministrazioni dello Stato proposero domanda di regresso nei confronti dei coobbligati;
il Tribunale adito accolse la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento delle somme specificate in sentenza; in accoglimento della domanda di regresso, condannò il COGNOME e il Comune di Sarno, in solido, a corrispondere alla Presidenza del
e contro
Comune di Sarno, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c. indicata: eEMAIL);
-controricorrente –
e nei confronti di
Consiglio dei Ministri ed al Ministero dell’Interno un terzo delle somme che essi avrebbero corrisposto ai ricorrenti;
pronunciando sui contrapposti gravami, la Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 657/2021, resa pubblica il 5 maggio 2021, per quanto ancora interessa, rigettata l’eccezione di prescrizione del credito risarcitorio ─ opposta dalle amministrazioni statali sul rilievo della inapplicabilità della previsione di cui al secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ. , per non essersi gli istanti costituiti parti civili nel processo penale a carico del Basile ─ in parziale accoglimento, per la restante parte, dell’appello da esse proposto, ha condannato NOME COGNOME a corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero dell’Interno un terzo delle somme che essi avrebbero corrisposto ai ricorrenti, mentre ha negato alle stesse diritto di regresso nei confronti del Comune di Sarno per importo maggiore rispetto a quello riconosciuto dal primo giudice, con statuizione passata in giudicato in mancanza di appello incidentale sul punto;
quanto all’eccepita prescrizione, la Corte ha infatti ritenuto irrilevante la mancata costituzione di parte civile;
richiamato il principio (desunto dai precedenti di Cass. 14 maggio 1998, n. 4867; Cass. 14 luglio 2009, n. 16391; Cass. ord. 26 luglio 2019, n. 20363) secondo cui «ai sensi dell’art. 2947, comma 3, cod. civ., l’azione civile per il risarcimento del danno derivante da fatto illecito, se vi è stata sentenza penale, si prescrive nel termine di cinque anni a decorrere dalla data della sua irrevocabilità, a prescindere dalla costituzione di parte civile del danneggiato, purché, per il reato, sia prevista una prescrizione più lunga di quella stabilita dal primo comma», ha osservato che, nella specie:
─ il reato di cui NOME COGNOME è stato dichiarato responsabile si prescriveva in quindici anni, ai sensi degli artt. 157, comma 1, n. 2, e 589, comma 3, cod. pen., nella formulazione vigente ratione
temporis , con la conseguenza che il giorno di inizio della decorrenza del termine quinquennale per la proposizione dell’azione risarcitoria coincideva non con il 5 maggio 1998, data del verificarsi del fatto illecito, ma con il 26 marzo 2013, data dell’irrevocabilità della predetta statuizione di condanna per effetto del rigetto del relativo ricorso per cassazione, non assumendo alcuna rilevanza, in senso contrario, la mancata costituzione dei danneggiati come parti civili nel processo penale, per non essere tale attività richiesta dall’art. 2947, terzo comma, cod. civ.;
─ avendo gli eredi di COGNOME NOME proposto la domanda risarcitoria con ricorso depositato il 15 aprile 2015 e notificato alle amministrazioni statali, unitamente al pedissequo decreto di fissazione di udienza, il 20 maggio 2015 e, dunque, nei cinque anni dal 26 marzo 2013, data dell’irrevocabilità della sentenza n. 5996/2011 della Corte d’Appello Penale di Napoli, non è configurabile alcuna prescrizione dell’azionato diritto di credito;
in tema di regresso la corte territoriale ha poi osservato, per quanto qui rileva, che nel caso di responsabilità per fatto altrui non è consentito al responsabile per fatto altrui agire ai sensi dell’art. 2055, secondo comma, cod. civ. nei confronti di altro responsabile indiretto in quanto, essendo quest’ultimo per definizione estraneo alla causazione del fatto illecito nonché responsabile senza colpa, è inapplicabile il criterio della gravità della rispettiva colpa e dell’entità delle conseguenze derivatane, mentre è consentito al responsabile indiretto agire contro l’immediato autore del fatto lesivo per l’intera somma corrisposta al danneggiato, in applicazione del principio di cui all’art. 1298, primo comma, cod. civ.;
ha aggiunto che responsabile diretto della morte del congiunto degli attori era NOME COGNOME perché quale Sindaco, come accertato dal giudicato penale (a seguito della sentenza n. 19507 del 2013 della Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale), aveva omesso di allertare
tempestivamente la popolazione, cui di contro aveva inoltrato avvisi tranquillizzanti, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio quale unica condotta salvifica possibile, di convocare ed insediare con urgenza il comitato locale per la protezione civile e di segnalare prontamente alla Prefettura di Salerno la gravità degli eventi per consentirne gli interventi di competenza;
ha ancora osservato che, mentre il COGNOME è l’unico autore delle condotte penalmente rilevanti causative dell’evento dannoso, il Comune e le Amministrazioni dello Stato sono solo responsabili civili indiretti in forza di disposizione normativa (art. 28 Cost.), a prescindere dalla colpa e dalle regole di causalità del fatto, per cui le Amministrazioni dello Stato per un verso hanno diritto di agire in regresso per l’intero nei confronti dell’autore immediato del fatto antigiuridico, per l’altro non po sso no promuovere l’azione ai sensi dell’art. 2055, secondo comma, cod. civ. nei confronti del Comune di Sarno, altro responsabile civile parimenti incolpevole;
per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso, con unico atto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero degli Interni sulla base di tre motivi, cui resistono il Comune di Sarno e gli eredi COGNOME, depositando controricorsi;
è stata fissata la trattazione per la odierna adunanza camerale con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti; non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; il Comune di Sarno ha depositato c.d. «note trattazione scritta»; considerato che:
con il primo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 2947, comma 3 e 2953 del codice civile, 157 e 185 del codice penale e 74, 75 e 76 del codice di procedura penale, nonché 3 e 24 della Costituzione »;
sostengono che l’esegesi dell’art. 2947, terzo comma, cod. civ.
accolta in sentenza è erronea e chiedono affermarsi l’opposto principio secondo cui, « a seguito della nuova fisionomia dell’azione civile per i danni conseguenti da reato di cui agli artt. 74, 75 e 76 del codice di procedura penale, la prescrizione del diritto di credito risarcitorio di cui all’articolo 185 del Codice Penale decorre, per quanto riguarda i danneggiati che non si sono costituiti parte civile nel processo penale, non dal momento in cui la sentenza di condanna sia divenuta irrevocabile, bensì dal momento in cui si sia verificato il fatto, con conseguente avvenuta prescrizione dell’azione risarcitoria intentata»;
con il secondo motivo essi denunciano, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. « violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 28 della costituzione, 22 e 23 del t.u. n. 3 del 10 gennaio 1957, 185 del codice penale, 2043, 2049 e 2055, comma 2 del cod. civ. »;
osservano che, in ragione del rapporto di immedesimazione organica e dell’art. 28 Cost., ricorre la responsabilità diretta per fatto proprio del Comune di Sarno, come si evince da Cass. Sez. U. n. 13246 del 2019 e da quanto evidenziato dalla sentenza di legittimità nel processo penale a proposito dei poteri pubblicistici del Sindaco;
aggiungono che ricorre una fattispecie di mancato esercizio di funzioni pubbliche, con la conseguenza che gli atti e le omissioni, oltre che immediatamente riferibili alla persona fisica del Sindaco, nel sistema della protezione civile sia autorità comunale che ufficiale di governo, sono anche direttamente imputabili tanto al Comune quanto alle Amministrazioni statali in ragione delle rispettive funzioni;
concludono nel senso che ricorre pertanto il presupposto dell’azione di regresso ;
con il terzo motivo denunciano, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 185 del codice penale, 2043,
2049 e 2055, comma 2 e 3 del cod. civ. », per avere la Corte territoriale, pur nell’ipotesi in cui «il titolo di responsabilità della Pubblica Amministrazione sia qualificabile per fatto altrui», erroneamente escluso che ciascuna amministrazione potesse esercitare, ai sensi dell’art. 2055, secondo comma, c.c., l’azione di regresso contro l’altra amministrazione coobbligata solidale, giacché avrebbe dovuto fare applicazione, invece, del principio di diritto (a fondamento del quale i ricorrenti argomentano diffusamente) secondo cui, «in virtù dell’autonomia sistematica e concettuale dell’articolo 2055 rispetto alla disciplina dell’azione di regresso per le obbligazioni da contratto di cui all’articolo 1298 del Codice Civile, è ammissibile l’azione di regresso ai sensi dell’articolo 2055, comma 2 e 3, anche tra coobbligati solidali aventi titoli di responsabilità diversi da quello della responsabilità per fatto proprio colpevole»;
sostengono infatti i ricorrenti che , mentre l’art. 1298 cod. civ. esprime la logica dell’autonomia privata e dell’obbligazione volontariamente assunta nell’interesse esclusivo del debitore, l’art. 2055 esprime la logica dell’ascrivibilità del fatto illecito e del principio che nessuno può rispondere oltre il limite di ciò che gli sia oggettivamente addebitabile;
aggiungono che nell’art. 2055, comma 2, il concetto di colpa ha il carattere oggettivo dell’imputabilità del fatto al soggetto, come si evince anche dal terzo comma, dove il criterio della divisione in parti uguali si attaglia ad un concetto oggettivo di colpa e non alla responsabilità per fatto colpevole;
osservano ancora che il criterio della «entità delle conseguenze» è autonomo rispetto alla colpa intesa in senso oggettivo, poiché concerne le conseguenze del fatto provocato dal soggetto nei cui confronti il responsabile indiretto riveste una posizione di controllo o di garanzia;
il ricorso si espone ad un preliminare e assorbente rilievo di
inammissibilità;
secondo principio cui questo Collegio intende dare continuità «il ricorso per cassazione va dichiarato tardivo ove il ricorrente depositi copia autentica della sentenza dalla quale non si evinca la data di pubblicazione e la notificazione del ricorso sia avvenuta in una data che non risulti tempestiva ai fini del rispetto del termine di cui all’art. 327, primo comma, cod. proc. civ. nemmeno se calcolata in relazione al giorno di deliberazione della sentenza (fra le tante Cass. n. 29263 del 2023; n. 18510 del 2023 e n. 2721 del 2014);
si tratta di profilo rilevante ai fini dell’onere della parte ricorrente di dimostrare la tempestività della propria impugnazione: mancando nella copia autentica depositata la data della pubblicazione del provvedimento impugnato, e non essendo stata documentata da altra certificazione tale data, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio della tempestività dell’impugnazione non resta che il riferimento alla data di deliberazione della sentenza;
nella specie, la copia della sentenza depositata è priva della data di pubblicazione, né altra copia risulta depositata dalla parte controricorrente, né altrimenti risulta alcuna certificazione circa la data di pubblicazione;
nel ricorso si afferma che la sentenza sarebbe stata pubblicata in data 5 maggio 2021;
non risultando però ritualmente acquisita al processo la circostanza della data di pubblicazione, deve farsi riferimento alla data di deliberazione, che risulta essere il 14 aprile 2021;
il ricorso è stato notificato in data 3 dicembre 2021, e dunque tardivamente rispetto a quest’ultima data;
esso deve essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna delle amministrazioni ricorrenti alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo e da distrarsi in favore dei procuratori
antistatari, che ne hanno fatto richiesta nei rispettivi controricorsi;
a tal riguardo mette conto precisare che le note depositate in data 21 novembre 2023 dal difensore del Comune di Sarno si limitano a insistere nelle conclusioni già prese nel controricorso e non contengono alcuna ulteriore illustrazione delle ragioni già ivi esposte, di guisa che le stesse non possono considerarsi integrare una vera e propria memoria difensiva né costituire attività distinta dal controricorso come tale rilevante ai fini del regolamento delle spese;
non può trovare applicazione l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, essendo i ricorrenti Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (v. Cass. 29/12/2016, n. 27301; Cass. 29/01/2016, n. 1778; v. anche Cass., Sez. U, 08/05/2014, n. 9938; Cass. 14/03/2014, n. 5955);
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le amministrazioni ricorrenti alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna delle due parti resistenti, in Euro 4.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, distratte in favore dei procuratori antistatari, Avv.ti NOME COGNOMEper il Comune di Sarno) e NOME COGNOMEper gli eredi COGNOME).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza