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Prescrizione risarcimento diffamazione: il caso in Cassazione

La Corte di Cassazione esamina un caso di risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa risalente al 1995. Gli eredi della persona diffamata hanno agito in sede civile dopo la conclusione del processo penale per prescrizione del reato. I giudici di merito hanno dichiarato prescritto anche il diritto al risarcimento, applicando il termine breve di cinque anni. La Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide il merito ma, riconoscendo la complessità e il rilievo nomofilattico delle questioni sulla prescrizione risarcimento diffamazione e sull’interazione tra i termini civili e penali, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una trattazione approfondita.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Risarcimento Diffamazione: La Cassazione Rimette la Questione alla Pubblica Udienza

L’ordinanza interlocutoria in esame affronta un tema cruciale nell’ambito della responsabilità civile: la prescrizione risarcimento diffamazione. Il caso, originato da articoli di stampa del 1995, pone questioni complesse sull’interazione tra il processo penale e quello civile, in particolare su come calcolare i termini di prescrizione quando il reato si è estinto. La Corte di Cassazione, riconoscendo l’importanza della questione, ha scelto di non decidere immediatamente, ma di rinviare la causa a una pubblica udienza per un esame più approfondito.

I Fatti del Caso: Una Lunga Battaglia Legale

La vicenda ha inizio nel 1995, quando un quotidiano pubblica due articoli ritenuti diffamatori. In seguito a due querele, viene avviato un procedimento penale. Nel 2002, la persona offesa si costituisce parte civile per ottenere il risarcimento dei danni. L’anno successivo, purtroppo, il querelante decede. Il processo penale si conclude nel 2004 con una sentenza di estinzione del reato per prescrizione, decisione poi confermata in appello nel 2007.

Nel 2017, gli eredi della persona diffamata avviano una nuova causa, questa volta in sede civile, per ottenere il risarcimento dei danni, sia iure proprio (per i danni da loro direttamente subiti) sia iure successionis (come eredi del danno subito dal loro congiunto). I convenuti, giornalisti autori degli articoli e loro eredi, si difendono eccependo la prescrizione del diritto al risarcimento.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Tema della Prescrizione Risarcimento Diffamazione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno accolto l’eccezione di prescrizione. La loro decisione si è basata su un’analisi dei termini applicabili. Inizialmente, il reato contestato era quello di diffamazione aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, che avrebbe comportato un termine di prescrizione più lungo (dieci anni), applicabile anche all’azione civile di risarcimento. Tuttavia, secondo i giudici di merito, la Procura aveva modificato l’imputazione eliminando l’aggravante. Di conseguenza, il termine di prescrizione applicabile al risarcimento del danno non era più quello lungo, ma quello ordinario per fatto illecito, pari a cinque anni (art. 2947, primo comma, c.c.).

La Corte d’Appello ha stabilito che, al momento della costituzione di parte civile nel 2002, il termine di cinque anni era già decorso, rendendo tardiva la richiesta risarcitoria.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli eredi hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando nove motivi di impugnazione. I punti centrali del loro ricorso riguardavano l’errata applicazione delle norme sulla prescrizione risarcimento diffamazione. Essi sostenevano, tra le altre cose, che:

1. Il termine di prescrizione avrebbe dovuto essere calcolato in base al reato originariamente contestato (quello aggravato), a prescindere dalle successive modifiche dell’imputazione.
2. Una volta instaurato il processo penale, la prescrizione dell’azione civile avrebbe dovuto iniziare a decorrere solo dal momento in cui la sentenza penale fosse divenuta irrevocabile.
3. Le cause di interruzione e sospensione previste dal diritto penale avrebbero dovuto applicarsi anche all’azione civile, una volta che questa era stata esercitata nel processo penale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con questa ordinanza, non entra nel merito della controversia per stabilire chi abbia ragione. Al contrario, svolge un’analisi preliminare e rileva che le questioni sollevate sono di ‘rilievo nomofilattico’. Questo termine tecnico indica che il caso tocca principi di diritto fondamentali la cui interpretazione non è univoca nella giurisprudenza, e una decisione in merito è necessaria per garantire un’applicazione uniforme della legge in futuro.

La Corte riconosce l’esistenza di un dibattito giuridico su come il termine di prescrizione dell’azione civile per il risarcimento del danno da reato debba essere calcolato, specialmente dopo che la parte danneggiata si è costituita parte civile in sede penale. Esiste incertezza su quale termine si applichi (quello del reato originario o quello del reato ritenuto in sentenza) e su come operino le cause di interruzione e sospensione.

Data la complessità e l’importanza di questi interrogativi per la certezza del diritto, la Corte ha ritenuto opportuno non decidere il caso nella camera di consiglio, ma disporre la trattazione in una pubblica udienza. Questa procedura permette un dibattito più ampio e una ponderazione più approfondita, spesso preludio a una sentenza destinata a fare da guida per casi futuri.

Conclusioni: L’Importanza della Decisione e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, l’ordinanza interlocutoria non risolve la disputa sulla prescrizione risarcimento diffamazione, ma la pone al centro di un futuro e importante dibattito giurisprudenziale. La decisione finale che scaturirà dalla pubblica udienza avrà un impatto significativo, chiarendo come i cittadini danneggiati da un reato debbano calcolare i tempi per agire in giudizio. La sentenza finale fornirà un punto di riferimento essenziale per avvocati e giudici, stabilendo regole più chiare sull’interferenza tra i termini di prescrizione penale e civile e garantendo maggiore certezza nei rapporti giuridici.

Qual è il problema principale affrontato dalla Cassazione in questa ordinanza?
Il problema centrale riguarda il corretto calcolo del termine di prescrizione per una richiesta di risarcimento danni da diffamazione, in particolare quando l’azione civile viene esercitata dopo che un procedimento penale per lo stesso fatto si è concluso per prescrizione del reato. La Corte deve chiarire se si applichi il termine lungo legato al reato originariamente contestato o quello breve del fatto illecito.

Perché la Corte di Appello ha ritenuto il diritto al risarcimento prescritto?
La Corte di Appello ha applicato il termine di prescrizione ordinario di cinque anni previsto per i fatti illeciti, anziché quello più lungo legato al reato di diffamazione aggravata. Ha ritenuto che, a seguito della modifica dell’imputazione nel processo penale con l’eliminazione dell’aggravante, il termine applicabile fosse quello quinquennale, che risultava già scaduto al momento della costituzione di parte civile nel 2002.

La Corte di Cassazione ha dato ragione agli eredi che hanno fatto ricorso?
No, la Corte di Cassazione non ha ancora deciso nel merito e quindi non ha stabilito chi ha torto o ragione. Con questa ordinanza interlocutoria, ha semplicemente riconosciuto che le questioni legali sollevate sono complesse e di grande importanza per l’interpretazione uniforme della legge. Per questo motivo, ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una discussione più approfondita prima di emettere una decisione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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