Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10967 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10967 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 19376/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME domiciliazione telematica legale
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME COGNOME CONCETTA COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME domiciliazione telematica legale
-controricorrenti- e nei confronti di COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1185/2023 depositata il 23/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio, nel 2017, dinnanzi al Tribunale di Catania, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali autori degli articoli di giornale intitolati ‘Ispezione economica e legale all’Iacp’ e ‘Lo sfascio dell’Iacp’, pubblicati, rispettivamente, il 21 e il 26 settembre 1995 sul quotidiano ‘La Sicilia’, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni, iure proprio e iure successionis , indicati come conseguenti ai contenuti diffamatori in quelli riportati;
esponevano che, per i fatti in parola, era stato instaurato, a séguito di due querele del 21 settembre e 3 ottobre 1995, un procedimento penale, con costituzione di parte civile in data 16 luglio 2002 da parte di NOME COGNOME poi deceduto il 26 novembre 2003, conclusosi con una sentenza – emessa in data 6 aprile 2004, dal Tribunale penale di Catania di estinzione del reato di cui all’art. 595, terzo comma, cod. pen. per prescrizione, confermata definitivamente dalla Corte di appello penale di Catania con sentenza n. 2058/D del 9 ottobre 2007;
NOME COGNOME e NOME COGNOME, costituendosi, eccepivano la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni azionato dagli attori e al contempo deducevano l’infondatezza delle domande avversarie;
a séguito della morte di NOME COGNOME il processo, dichiarato interrotto, veniva riassunto dagli attori con atto notificato agli eredi del defunto convenuto collettivamente ed impersonalmente
nell’ultimo domicilio del medesimo: in tale qualità, si costituivano NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
il Tribunale di Catania accoglieva l’eccezione di prescrizione sollevata dai convenuti ritenendo applicabile il relativo termine di cinque anni, con pronuncia confermata, con integrazioni motivazionali, dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-l’originaria contestazione del reato di diffamazione a mezzo della stampa aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, ai sensi dell’art. 13, legge n. 47 del 1948, punito con multa e reclusione da uno a sei anni, che avrebbe comportato, a mente dell’art. 157, primo comma, n. 3, cod. pen., un termine prescrizionale di dieci anni, maggiore di quello afferente al credito risarcitorio civilistico, non era applicabile poiché vi era stata modifica della stessa, da parte della Procura della Repubblica, ex art. 516, cod. pen., con eliminazione della circostanza aggravante di cui al menzionato art. 13, con conseguente termine prescrizionale ratione temporis quinquennale;
-come ritenuto dal giudice penale con statuizione divenuta irrevocabile, non vi erano gli elementi per l’attribuzione di un fatto determinato nelle espressioni assunte come fatto costitutivo del danno;
-al momento della costituzione di parte civile, all’udienza del 16 luglio 2002, la prescrizione era dunque già decorsa e non potevano operare le cause interruttive disciplinate dal codice penale per l’estensione sino a 7 anni e mezzo dalla consumazione, quali nel caso il decreto di fissazione dell’udienza camerale per la decisione sulla richiesta di archiviazione opposta ovvero il decreto di citazione per il giudizio penale, trattandosi di illeciti, quello civile e penale, strutturalmente differenti;
-era pertanto irrilevante l’atto interruttivo della prescrizione civile integrato dall’introduzione del procedimento di mediazione avvenuto nel 2011;
avverso questa decisione ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME formulando nove motivi, corredati da memoria;
resistono con un unico controricorso, illustrato da memoria, NOME COGNOME nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
il ricorso è stato notificato quale denuncia di lite anche agli originari attori NOME COGNOME e NOME COGNOME;
Rilevato che
con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché, premessa l’ammissibilità della censura poiché il giudice di primo grado aveva deciso facendo riferimento solo all’art. 2947, primo comma, cod. civ., e non, come il giudice di secondo grado, al terzo comma del medesimo articolo e all’art. 157, cod. pen., pertanto con differente motivazione, la Corte territoriale avrebbe errato omettendo di esaminare il fatto costituito dal contenuto della costituzione di parte civile riferita, nel momento in cui avvenne, al reato quale allora contestato con l’aggravante determinante l’estensione del termine prescrizionale;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 277, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sul motivo di appello a mente del quale, una volta instaurato il processo penale, la prescrizione, anche in tesi quinquennale, avrebbe dovuto decorrere dal momento della irrevocabilità della sentenza della Corte di appello penale;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, Cost., poiché la Corte di appello avrebbe mancato di esplicitare una motivazione riconoscibile, posto che era stata
dapprima richiamata la nomofilachia cassazionale secondo cui doveva farsi riferimento, ai fini in parola, al reato contestato e non a quello eventualmente derubricato quale ritenuto in sentenza, e poi si era assunta la decisione nel senso opposto;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943, 2945, 2947, terzo comma, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il termine prescrizionale andava rapportato alla domanda proposta con la costituzione di parte civile e mai venuta meno, senza che potessero avere influenza eventi successivi quali la sopravvenuta modifica del capo d’imputazione ovvero gli esiti dibattimentali imprevedibili, fermo restando che la ragione normativa dell’estensione del tempo in discussione era da correlare a un esito fausto per il danneggiato sotteso normalmente anche alla declaratoria di estinzione per prescrizione implicitamente negatoria della possibilità di assoluzione nel merito;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 277, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sull’allegata interruzione della prescrizione anche quinquennale avvenuta con le originarie querele in cui si era esplicitata la richiesta risarcitoria dei danni e che, riversate negli atti del procedimento penale, dovevano ritenersi conosciute con la notifica agli indagati della fissazione dell’udienza camerale per la discussione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2947, terzo comma, cod. civ., 160, 161, cod. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che:
dovendo correlarsi il termine prescrizionale al reato quale originariamente contestato, avrebbero comunque dovuto ritenersi operanti le cause d’interruzione così come di sospensione della
prescrizione previste dalla disciplina penalistica, anche nell’ipotesi di azione risarcitoria svolta in sede civile, dopo la costituzione a tali fini esercitata in sede penale, sul punto sussistendo in ogni caso un contrasto nella giurisprudenza di legittimità delle Sezioni semplici tale da comportare, al riguardo, una rimessione alle Sezioni Unite, non potendosi sistematicamente ammettere un differente regime per il medesimo esercizio dello stesso diritto;
la sentenza penale aveva ritenuto applicabile il termine prescrizionale di 7 anni e mezzo, a séguito delle interruzioni dovute agli atti del relativo procedimento;
con il settimo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 277, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato, di conseguenza, nel ritenere assorbite le questioni di merito inerenti alla fondatezza delle domande risarcitorie;
con l’ottavo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 277, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sul motivo di appello volto a incidere sulla regolazione delle spese processuali da compensare, tenuto conto della condotta oppositiva tenuta dalle controparti in sede di mediazione;
con il nono motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di compensare le spese in relazione alla nomofilachia, sopravvenuta solo pochi giorni prima della sentenza di secondo grado, concernente la ritenuta inapplicabilità delle cause penalistiche di interruzione della prescrizione all’azione svolta in sede civile pur dopo la costituzione a tal fine proposta in sede penale, posta la novità complessiva della questione, l’oscillazione giurisprudenziale e le stesse integrazioni motivazionali operate dal giudice di seconde cure rispetto alla decisione appellata;
Considerato che
il ricorso pone questioni di rilievo nomofilattico e va quindi disposta la trattazione della presente causa in pubblica udienza;
P.Q.M.
La Corte dispone trattarsi la presente causa in pubblica udienza e la rinvia, a tal fine, a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, il 9/01/2025.