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Prescrizione risarcimento danni: quando inizia a decorrere

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha stabilito che la prescrizione del diritto al risarcimento danni da fatto illecito decorre dal momento in cui il danneggiato ha, o avrebbe dovuto avere con ordinaria diligenza, conoscenza della riconducibilità causale del danno a un terzo. Nel caso di un’esondazione del 1992, la Corte ha identificato tale momento con il rinvio a giudizio di un funzionario pubblico nel 2000, e non con la successiva sentenza di condanna. Di conseguenza, l’azione risarcitoria, avviata nel 2015, è stata dichiarata prescritta.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione risarcimento danni: il momento della conoscibilità è decisivo

La questione della prescrizione risarcimento danni è un tema cruciale nel diritto civile, poiché determina il limite temporale entro cui un diritto può essere fatto valere in giudizio. Un’importante ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il termine di prescrizione non inizia a decorrere dal momento del danno, né dalla sua scoperta, ma da quando il danneggiato acquisisce, o avrebbe potuto acquisire con ordinaria diligenza, una sufficiente conoscenza della rapportabilità causale tra il danno subito e la condotta di un terzo. Approfondiamo questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’esondazione di un fiume avvenuta nell’aprile del 1992, che causò ingenti danni a persone e proprietà. Anni dopo, a seguito di un’inchiesta penale, un funzionario del Ministero competente venne rinviato a giudizio nel dicembre del 2000 per il reato di inondazione colposa, legato a carenze nella progettazione e manutenzione delle opere idrauliche. I cittadini danneggiati, tuttavia, inviarono una lettera di messa in mora solo nel 2015, per poi avviare un’azione civile di risarcimento.

Sia il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (TRAP) che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) respinsero la domanda, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero. Secondo i giudici di merito, il termine decennale di prescrizione era ampiamente decorso, in quanto il dies a quo (giorno di partenza) andava identificato non con la sentenza penale definitiva, ma con il rinvio a giudizio del funzionario, evento che aveva ricevuto ampia risonanza mediatica e che avrebbe permesso ai danneggiati di conoscere la potenziale responsabilità del Ministero.

La Decisione della Corte di Cassazione

I danneggiati hanno proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la vera conoscenza del nesso causale si sarebbe potuta avere solo con la sentenza di condanna penale, e non prima. Le Sezioni Unite, con l’ordinanza in esame, hanno rigettato il ricorso, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito e condannando i ricorrenti anche per abuso del processo.

Le Motivazioni della Scelta sulla prescrizione risarcimento danni

Il cuore della motivazione risiede nel consolidato orientamento giurisprudenziale sull’interpretazione dell’articolo 2935 del Codice Civile. La Corte ha ribadito che la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui sorge per il danneggiato la possibilità concreta di agire in giudizio. Questa possibilità non richiede una certezza assoluta e definitiva, ma una “conoscibilità” della causa del danno ottenibile con l’uso dell’ordinaria diligenza.

Secondo la Cassazione, il decreto di rinvio a giudizio del funzionario ministeriale nel 2000 rappresentava un elemento fattuale idoneo a costituire una “plausibile ragione di riferibilità del pregiudizio” alla condotta del Ministero. In quel momento, i danneggiati, pur non essendo parti civili nel processo penale, avrebbero potuto e dovuto attivarsi, poiché l’esistenza di un’indagine penale sfociata in un processo forniva una base sufficiente per sospettare una responsabilità extracontrattuale.

Attendere l’esito definitivo del giudizio penale (avvenuto molti anni dopo) non era necessario. La Corte ha precisato che l’azione civile per il risarcimento del danno è autonoma e non subordinata all’accertamento penale. Pertanto, il termine di prescrizione decennale, iniziato a decorrere nel dicembre 2000, era già spirato quando i danneggiati hanno interrotto la prescrizione nel 2015.

Le Conclusioni

Questa ordinanza fornisce un’indicazione pratica di estrema importanza per chiunque subisca un danno potenzialmente riconducibile a un fatto illecito altrui. La lezione è chiara: non bisogna attendere la conclusione di un eventuale processo penale per far valere i propri diritti in sede civile. Il momento cruciale che fa scattare il cronometro della prescrizione risarcimento danni è quello in cui si acquisisce una conoscenza sufficiente, anche solo potenziale, della possibile causa del danno. Eventi come un rinvio a giudizio, che godono di risonanza pubblica, sono considerati dalla giurisprudenza come il segnale che impone al danneggiato di agire con diligenza per tutelare le proprie ragioni, pena la perdita del diritto al risarcimento.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per il diritto al risarcimento del danno?
La prescrizione inizia a decorrere non dal momento in cui il danno si manifesta, ma da quando il danneggiato ha avuto, o avrebbe potuto avere usando l’ordinaria diligenza, sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato al comportamento di un terzo.

È necessario attendere la fine di un processo penale per chiedere il risarcimento in sede civile?
No, non è necessario attendere una sentenza penale definitiva. Secondo la Corte, un evento come il rinvio a giudizio di un presunto responsabile può essere sufficiente a far decorrere il termine di prescrizione, poiché fornisce al danneggiato gli elementi per agire in sede civile.

Cosa succede se si propone un ricorso in Cassazione basato su principi già consolidati e rigettati dalla giurisprudenza?
Se la Corte ritiene che il ricorso sia stato proposto in violazione del principio di abuso del processo, ad esempio insistendo su tesi già ampiamente superate, può condannare la parte soccombente al pagamento di una somma aggiuntiva in favore della controparte e della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 96 del codice di procedura civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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