Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20514 Anno 2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 24496/2024 R.G., proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME in proprio e quali eredi di NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrenti –
contro
AGROSÌ DI NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
e contro
COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 729/2024 pubblicata il
2.5.2024;
N. 24496/24 R.G.
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 28.5.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’amministratore giudiziario e custode delle quote sociali confiscate della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, pari ad un terzo del capitale sociale, con citazione del luglio 2017 convenne dinanzi al Tribunale di Catania i soci NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché gli ex soci NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME per ottenerne la condanna al pagamento delle somme, risultanti dai bilanci regolarmente approvati, appostate sotto la voce ‘ soci c/risultato esercizio 2008 ‘, e ciò in quanto, in realtà, la società non aveva generato utili; l’amministratore giudiziario, pertanto, instava per ottenere la restituzione dei prelevamenti indebiti eseguiti dai soci con la suddetta causale.
Costituitisi NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e nella contumacia degli altri convenuti, con sentenza n. 1315/2021 il Tribunale accolse la domanda e condannò NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME in solido, a pagare alla società attrice l’importo di € 208.206,56 oltre interessi, e ancora COGNOME e COGNOME a pagare alla società attrice, in solido, l’importo di € 89.572,33 oltre interessi.
Proposero appello NOME e NOME COGNOME anche quali eredi della defunta madre NOME COGNOME, nonché autonomo appello NOME COGNOME. Riuniti i giudizi, si costituirono anche NOME COGNOME e NOME COGNOME che proposero appello incidentale; si costituì anche la società.
N. 24496/24 R.G.
Con sentenza del 2.5.2024, la Corte d’appello di Catania rigettò i gravami dei COGNOME e dichiarò inammissibile l’ appello incidentale. Osservò la Corte etnea, per quanto ancora qui interessa, che l’atto di citazione nei confronti di NOME e NOME COGNOME era stato regolarmente notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c. , che il pagamento indebito delle somme in favore dei soci risultava dimostrato, né rilevava -ai fini del defalco della posizione dei COGNOME -la circostanza che essi avessero ceduto le proprie quote nel novembre 2007, giacché l’indebito era propriamente riferibile agli stessi COGNOME; infine, risultava infondata l’eccezione di prescrizione quinquennale ex art. 2949 c.c. sollevata da NOME COGNOME, trattandosi di indebito oggettivo, soggetto alla ordinaria prescrizione decennale. Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME, anche quali eredi di NOME COGNOME, sulla scorta di tre motivi, cui resiste con controricorso la AGROSÌ di NOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo, quanto alla posizione di NOME e NOME COGNOME, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 101, 140 c.p.c. e 116 c.p.c., per non aver la Corte etnea rilevato la mancata notificazione dell’atto di citazione introduttivo della domanda di ripetizione , giacché effettuata in Lentini, INDIRIZZO, mentre i predetti, all’epoca, erano residenti in altra regione, come dimostrato dai certificati di residenza all’uopo prodotti .
1.2 -Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2949 c.c., per aver la Corte etnea ritenuto che l’azione
spiegata fosse soggetta al termine ordinario decennale di prescrizione, anziché a quello quinquennale di cui alla disposizione citata, applicabile ai rapporti ontologicamente connessi a quello societario: nella specie, la fonte dell’obbligazione sarebbe se nza dubbio di natura pattizia, giacché è proprio lo statuto sociale e la condizione di socio dei predetti ricorrenti a giustificare la domanda dell’amministratore giudiziario della AGROSÌ.
1.3 -Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c .p.c. e dell’art. 2697 c.c. , in quanto la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione l’assenza di prova del credito verso i singoli soci. Infatti, il credito era stato ampiamente contestato e per converso mai dimostrato, né nel suo ammontare, né nella sua origine.
2.1 -Il primo motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, non correlandosi specificamente alla sua motivazione. A parte il fatto che (come invece ritenuto anche dalla Corte territoriale), nella specie, la notifica dell’atto di citazione venne effettuata non già ai sensi dell’ art. 140 c.p.c., bensì ai sensi dell’ art. 8 della legge n. 890/1982, in quanto eseguita direttamente a cura del procuratore dell’attore ex lege n. 53/1994 (v. doc. 6 ric.ti), la sentenza impugnata si fonda, sul punto, sulla circostanza che l’ufficiale giudiziario ( rectius , l’agente postale) accert ò che NOME e NOME COGNOME – nonostante le loro contrarie allegazioni -avevano la loro effettiva residenza a Lentini, ivi avendo egli rinvenuto lo stabile e i nominativi dei due predetti destinatari sulla relativa porta d’ingresso .
Ora, per quanto possano anche ipotizzarsi dubbi sulla validità della notifica, perché vi è prova della sola spedizione della raccomandata informativa, non
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anche della ricezione (v. tra le altre Cass. n. 20778/2021), si tratta però di dubbi che non debbono essere verificati, in quanto irrilevanti, giacché il relativo vizio non è stato dedotto dai COGNOME, che invece opinano per la decisività della circostanza per cui, dai certificati anagrafici prodotti, risultava che essi non erano effettivamente residenti in quel luogo: è invece noto, come anche rammentato dalla sentenza d’appello, che le risultanze anagrafiche assumono una valenza meramente indiziaria circa il luogo di residenza, non certo di ‘prova legale’ (qualunque possa essere il significato che, in tal senso, i ricorrenti attribuiscono al certificato di residenza, a p. 8 del ricorso). Sicché, l’automatismo che caratterizza la prospettazione del motivo in esame è privo di fondamento in iure . Il mezzo è dunque inammissibile perché aspecifico sotto tale profilo, né potendo -come detto – questa Corte verificare d’ufficio un soltanto ipotetico vizio non dedotto dai ricorrenti, stante il carattere vincolato del giudizio di legittimità.
3.1 -Va ora esaminato, per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica, il terzo motivo, concernente la prova del credito restitutorio.
Esso è inammissibile per assoluto difetto di specificità e per investire questioni puramente meritali (specie in ordine al contenuto della propria perizia di parte), il cui esame, come è noto, è esclusivamente riservato al giudice di merito, neppure essendosi rispettati, nella denuncia della pretesa violazione dell’art. 116 c.p.c., i criteri a suo tempo enunciati da Cass. n. 11892/2016 e ribaditi, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 20867/2020.
Né, del resto, è configurabile la violazione dell’art. 2697 c.c., giacché la Corte d’appello non ha attribuito l’onere della prova dei fatti costitutivi alla parte non tenutavi per legge.
4.1 -Può adesso esaminarsi il secondo motivo.
Esso è inammissibile per novità, quanto alla posizione di NOME e NOME COGNOME che non hanno sollevato l’eccezione di prescrizione nel giudizio di merito.
4.2.1 Quanto invece alla posizione di NOME COGNOME assume rilievo decisivo la esatta qualificazione della domanda attorea.
La Corte etnea, rigettando l’eccezione del predetto odierno ricorrente, ha evidenziato che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (si è richiamata Cass. n. 4007/2024), ‘ La disposizione sulla prescrizione quinquennale in tema di rapporti sociali, contenuta nell’art. 2949, comma 1, c.c., deve essere interpretata restrittivamente, in quanto inerente ai soli diritti riconducibili all’organizzazione derivante dal contratto di società e dallo svolgimento del rapporto sociale ‘ : essa concerne, quindi, soltanto quei diritti che derivano da rapporti inerenti all’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto sociale, nonché da rapporti relativi alle situazioni propriamente organizzative determinate dal successivo svolgimento della vita sociale.
Da tanto, la Corte territoriale ha dunque fatto discendere che, poiché nella specie si tratta di azione di ripetizione d’indebito ex art. 2033 c.c., per essa non può che valere la prescrizione ordinaria decennale, non già quella relativa a diritti riconducibili all’organizzazione derivante dal contratto di società.
4.2.2 -Occorre sul punto rilevare che, sulla specifica questione che qui viene in rilievo, non si scorgono precedenti di legittimità.
Nella giurisprudenza di questa Corte, si è solo affermato (in particolare, Cass. n. 979/2021, in motivazione, infatti invocata dalla controricorrente), che l’azione
con cui l’amministratore recupera le anticipazioni di utili conseguiti dai soci di società di persone in assenza dei presupposti di legge costituisce ripetizione d’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.
4.2.3 -Ora, non è dubbio che per l’art. 2303 c.c., in tema di società in nome collettivo, ‘ Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti ‘, disposizione senz’altro applicabile anche alla società in accomandita semplice in forza del rinvio operato dall’art. 2315 c.c . : l’azione avviata dalla società per il recupero delle somme ciononostante anticipate o definitivamente attribuite ai soci, quindi, trova il suo presupposto logico-giuridico nella violazione del suddetto combinato disposto.
Si potrebbe allora opinare che l’azione proposta dalla società (se del caso, come nella specie, mediante l’amministratore giudiziale) per il recupero della somme percepite dai soci di società di persone a titolo di anticipazione di utili mai effettivamente percepiti, per quanto mirante al riequilibrio patrimoniale in favore del solvens per assenza di causa giustificativa del pagamento, possa dirsi sì integrare una ripetizione di indebito, ma specialmente connotata dalla causa societaria: si potrebbe cioè pensare che, pur trattandosi di una reazione ad uno spostamento patrimoniale non giustificato, pur sempre appartenente alla categoria generale dell’indebito oggettivo (come testimoniato, ad es., dai riferimenti testuali operati dagli artt. 2321, 2433, comma 4, o 2433bis , comma 7, c.c.), tuttavia essa concerna un diritto che trova origine non solo nella regola generale di cui al disposto dell’art. 2033 c.c ., ma a monte, nella sua causa giustificativa della condictio indebiti , proprio nell’ambito di quelle disposizioni in materia societaria (come appunto, per la s.a.s ., l’art. 2303 c.c.) che governano
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i rapporti tra società e soci quanto alla partecipazione agli utili, se effettivamente conseguiti. Sì da giustificare l’attrazione dell’azione nell’àmbito di quelle che ineriscono, secondo la for mula dell’art. 2949 c.c., a ‘ i diritti che derivano da rapporti sociali ‘.
In altre parole – e per rapportare le superiori considerazioni al caso che occupa, pacifico essendo che le somme per cui è processo fossero state appostate nel bilancio sociale sotto la voce ‘ soci c/risultato esercizio 2008 ‘ , sicché è indiscutibile che esse siano state percepite dai soci quali anticipazione di utili (che s’è accertato non essere mai stati conseg uiti) -, si dovrebbe ritenere che l’azione della società non p ossa che innestarsi nell’ambito dei rapporti tra la società stessa e i soci, regolati dal contratto sociale, dallo statuto, dai bilanci e dalle delibere adottate al riguardo: essa si colorerebbe, dunque, proprio delle ordinarie dinamiche interne alla vita della società.
Del resto, questa conclusione potrebbe apparire sostenibile perché, per poter ritenere priva di giustificazione l’erogazione di somme a titolo di anticipazione di utili, occorre pur sempre verificare se gli utili siano stati effettivamente conseguiti o meno, il che non può che emergere dagli atti contabili della società e dalla stessa approvazione del bilancio ( rectius , trattandosi di società di persone, del rendiconto), in mancanza della quale, ai sensi dell’art. 2262 c.c., il socio non ha diritto alla loro percezione, salvo patto contrario (questione, quest’ultima, che nella specie non viene in rilievo).
Pertanto, potrebbe concludersi che il diritto alla percezione di utili da parte del socio (compreso, dunque, il suo diritto di trattenere quanto percepito a titolo di loro anticipazione) discende proprio dalle vicende sociali e dalle regole,
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normative e negoziali, che disciplinano i rapporti tra società e socio stesso, cioè dall’esercizio di diritti e facoltà indiscutibilmente connessi al suo status e derivanti dalla sua appartenenza alla compagine sociale. Onde, la qualificabilità dell’azione di ripetizione di indebito come azione relativa a un diritto che deriva da rapporti sociali.
Pur nella condivisione della lettura restrittiva dell’art. 2949 c.c. (v. Cass. n. 4007/2024, anche per richiami), si potrebbe allora ritenere che l’azione che qui occupa sia soggetta alla prescrizione quinquennale di cui alla disposizione testé citata e non già a quella decennale, come invece ritenuto dalla Corte d’appello, proprio perché l’azione stessa non rappresenta quella ‘pura’ di ripetizione d’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c., ma trova origine nel contratto sociale e nelle regole che lo governano.
4.2.4 -In questa prospettiva, sarebbe appena il caso di precisare che, sulla qualificazione della domanda operata dal giudice d’appello in termini di indebito oggettivo ‘puro’ , non può comunque dirsi essersi formato il giudicato interno, giacché una simile conclusione è logicamente incompatibile col tenore del mezzo in esame (v. Cass. n. 31330/2023), infatti testualmente fondato sull’afferm azione per cui nella specie ‘ la fonte dell’obbligazione è senza dubbio di natura pattizia e societaria laddove lo statuto e la condizione di socio sono gli istituti che originano la domanda dell’attrice RAGIONE_SOCIALE ‘ (così il ricorso, p. 10).
4.2.5 -Ritiene il Collegio che la prospettiva ermeneutica appena ipotizzata, che costituisce il logico sviluppo della suggestione offerta dal mezzo in esame e che porterebbe al suo accoglimento, non possa essere condivisa. Queste le ragioni.
Mette conto, in primo luogo, di rilevare che l’azione di ripetizione di indebito è una delle figure generali delle c.d. causae obligandi . Essa ha una sua specifica disciplina -dettata dagli artt. 2033 ss. c.c. – che individua la c.d. condictio indebiti , secondo l’alternativa fra indebito oggettivo e indebito soggettivo, in modo autonomo assumendo come fatto costitutivo un ‘pagamento’, la cui verificazione trova origine in una vicenda a monte che appunto in modo ( ab origine , come nella specie, o per fatto successivo) indebito, cioè non dovuto, ha giustificato la sua corresponsione.
Nella vicenda che ci occupa, certamente il pagamento oggetto dell’azione di ripetizione si è verificato come espressione di una vicenda che lo ha visto erogato come preteso diritto che è derivato da un rapporto sociale. Senonché, proprio per la tipicità de lla figura dell’azione di ripetizione di indebito, l’oggetto dell’azione non è il diritto derivante dal rapporto sociale, cioè dalla posizione di socio, ma è l’accertamento della sua non debenza e del correlato diritto restitutorio. L’azione ed il diritto hanno solo come fatto costitutivo, cioè come loro presupposto, il pagamento degli utili, cioè la soddisfazione di un diritto derivante dal rapporto sociale. Accanto a questo fatto costitutivo vi è, però, la qualificazione del pagamento come indebito, proprio perché non suffragato dalle disposizioni in ambito societario supra citate; e non è casuale, come già evidenziato (v. par. 4.2.3), che in siffatti casi i conseguenti diritti della società vengano ascritti, testualmente, proprio alla categoria dell’indebito oggettivo. Pertanto, a vendo l’azione ex art. 2033 c.c. e, dunque il diritto alla ripetizione, un substrato che non si risolve nella mera esistenza dei fatti costitutivi di un diritto derivante dal rapporto sociale, la norma sulla prescrizione non può
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individuarsi in quella dettata da ll’art. 2949 c.c., che regola solo l’esercizio del diritto al conseguimento del ‘bene della vita’ derivante da quel rapporto.
La natura di azione generale dell’art. 2033 c.c. e, dunque, l’identificazione del diritto che si fa valere con essa attraverso la qualificazione sottesa al presupposto della non debenza, fonte del diverso diritto di ripetizione dell’indebito, colloca l’azione al di fuori dell’ a mbito di quelle inerenti all’esercizio di un diritto nascente dal rapporto sociale. L’esercizio di quest’ultimo assume rilievo solo come fatto costitutivo del diverso diritto ex art. 2033 c.c., cioè solo come elemento, o presupposto, della c.d. condictio indebiti . In pratica, come in ogni caso in cui debba accertarsi la detta condictio , l’esercizio del diritto di ripetere l’indebito non può essere regolato dalla eventuale disciplina che l’ordinamento detta p er regolare il termine prescrizionale del diritto la cui realizzazione ha dato luogo ad essa, cioè al pagamento indebito. La regola prescrizionale resta in tali casi quella decennale generale (v., per tutte, Cass. n. 3314/2020) e ciò, se ve ne fosse bisogno, trova conferma anche nella regola dell’art. 2946 c.c., che da essa eccettua ‘ i casi in cui la legge disponga altrimenti ‘. Il disposto dell’art. 2949 c.c. detta una regola relativa al diritto il cui esercizio e la cui realizzazione ha dato luogo all’inde bito, ma non può estendersi al l’azione diretta a ripetere il pagamento in tal guisa indebitamente eseguito.
5.1 In definitiva, il primo e il terzo motivo sono inammissibili, mentre il secondo è rigettato quanto alla posizione di NOME COGNOME essendo inammissibile nella parte riferibile a NOME e NOME COGNOME.
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Le spese del giudizio di legittimità, anche in considerazione della novità della questione posta dal secondo motivo, possono integralmente compensarsi tra le parti. Nulla va disposto con riguardo agli intimati, che non hanno svolto difese. In relazione alla data di proposizione del ricorso , può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data