Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23259 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23259 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 14/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO -ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME , anche in proprio ASSANTE DI NOME COGNOME ASSANTE DI COGNOME NOME , rappresentate e difese dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME .
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
Oggetto:
conto
corrente
Azione di ripetizione di indebito
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 2870/2020 depositata il 15.6.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Il Tribunale di Latina accoglieva parzialmente la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME volta ad accertare e dichiarare che essi non erano debitori della somma di € 27.430,03 portata dall’ingiunzione di pagamento loro pervenuta in data 19.5.2004 nella qualità di debitore principale e fideiussori, in conseguenza dell’estinzione del conto corrente n. 10168 intrattenuto presso la filiale di Formia, ed in subordine della minor somma dovuta, nonché al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimo comportamento tenuto dalla banca. In particolare lamentavano l’illegittimità del recesso da parte della banca, con revoca dell’affidamento, quale conseguenza della infondata contestazione di avvenuta assunzione di debito presso altro istituto (BNA), resosi a sua volta responsabile, nel 2000, di una errata e pregiudizievole segnalazione della collegata RAGIONE_SOCIALE Beach a sofferenza della Centrale Rischi presso la Banca d’Italia, indicando analiticamente in cosa si fossero concretizzati tali comportamenti illegittimi.
2.─ RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME di COGNOME proponevano gravame dinanzi alla Corte di Appello di Roma. Intesa San Paolo proponeva appello incidentale.
3 .─ La Corte adita con la sentenza qui impugnata, ha accolto parzialmente l’appello principale e respinto l’appello incidentale.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con
riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione;
b) il Tribunale aveva puntualmente ed adeguatamente motivato rilevando il difetto probatorio circa il fatto che la condotta della banca fosse stata illecita ed arbitraria rispetto alle condizioni convenute con il contratto, nè che la peculiare condizione in cui si era venuta a trovare altra società riconducibile ad un consesso consimile avesse, per un fatto specifico della banca, provocato un danno qualificabile come conseguenza immediata e diretta in capo agli attori, alla stregua della disposizione di cui all’art. 1845, comma 3, c. c. e delle giustificazioni addotte dall’istituto bancario, che erano in linea con le scelte aziendali di ogni operatore bancario;
c) la domanda di liquidazione del maggior danno subito non era stata formulata nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado; ed inoltre, gli appellanti si sono limitati a chiedere il maggior danno di cui all’art. 1224 c.c. rappresentato dal lucro cessante per quasi € 200.000 quale conseguenza della materiale impossibilità per la società di investire quelle somme nell’attività aziendale e di maturare utili e dal danno emergente rappresentato dai gravosi oneri finanziari sostenuti dalla società per godere della stessa liquidità ed il connesso riconoscimento dell’incremento da applicare di anno in armo sulle somme illegittimamente addebitate dalla banca, utilizzando il tasso dei BOT a 12 mesi maggiorato di 5 punti, ma senza fornire né specifici elementi al riguardo, da cui desumere quanto asserito, nè proporre domanda subordinata di maggior danno secondo il criterio del rendimento medio dei titoli di stato di durata non superiore all’anno ;
per l’appello incidentale statuiva che:
d) dalla lettura della comparsa di costituzione e risposta emerge che in quella sede la banca aveva affermato con eccezione tempestivamente proposta, che «nella denegata ipotesi in cui il magistrato intenda aderire alla tesi attorea della nullità della clausola anatocistica, si eccepisce sin d’ora la prescrizione decennale dell’azione di ripetizione dell’indebito e di ogni altra azione attorea tesa a rideterminare il saldo del conto»;
e) i versamenti eseguiti su conto corrente, in corso di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens e tale funzione corrisponde allo schema causale atipico del contratto, che ha quale presupposto l’esistenza di un contratto di apertura di credito, come deve ritenersi rispetto al caso di specie; ne consegue che la decorrenza della prescrizione dalla data del pagamento è condizionata al suo carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti, che sussiste sempre in mancanza di un’apertura di credito;
f) nel caso di specie gli appellanti hanno assolto all’onere su di essi gravante, a fronte della eccezione della banca della prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, di dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, deve ritenersi che i pagamenti di cui si discute assolvessero al mero ripristino della disponibilità accordata;
g) l’azione è pertanto soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati;
h) quanto alle altre domande rappresentate nell’appello incidentale, la Corte ritiene di dover condividere le specifiche valutazioni effettuate dal Tribunale:
h1) l’illegittima applicazione trimestrale della CMS ha costituito oggetto di depurazione nell’ambito della CTU espletata nel presente giudizio;
h2) Rispetto al meccanismo integrativo sostitutivo dei tassi, in caso di presenza di saldi creditori mediante l’applicazione del tasso minimo dei BOT, all’illegittimo addebito trimestrale sul conto corrente ordinario degli interessi maturati sul conto anticipi, all’illegittimità della metodologia di verifica dei tassi soglia operata dalla CTU ed alla condanna degli appellanti in solido a restituirle la somma di € 236.834,09 od il diverso importo risultante all’esito della richiesta CTU contabile, tali domande non possono trovare accoglimento alla stregua delle considerazioni che precedono.
4. ─ Intesa San Paolo s.p.a. ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi, controricorso sul ricorso incidentale ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME NOME COGNOME di Cupillo e NOME COGNOME di Cupillo hanno presentato controricorso e ricorso incidentale ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di legge artt. 2697, 2727,2728 e 2729 c.c., 1842 e 1843 c.c., 2935 c.c., 115 c.p.c., 61 c.p.c. e 191 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere la Corte d’Appello di Roma ritenuto presuntivamente che in presenza di un contratto di apertura di credito in conto corrente, e per la ritenuta natura tipica del contratto di apertura di credito, le rimesse contabilizzate sul conto debbano necessariamente avere funzione ripristinatoria della provvista, con la conseguenza che l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca debba essere respinta, sebbene la prova del carattere solutorio fosse nella disponibilità del Giudice ed emergesse dagli estratti conto prodotti,
dalle deduzioni della banca e potesse essere confermata/ accertata da una consulenza tecnica contabile d’ufficio, al caso, di carattere percipiente.
5.1 ─ La censura è fondata. Questa Corte ha più volte ribadito che qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione, concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di declamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (fra le tante Cass., n. 29635/18). Al fine di accertate il fatto ignoto del carattere ripristinatorio o solutorio del versamento, non è sussumibile nel fatto noto dell’inferenza presuntiva la mera conclusione di un contratto di apertura di credito, rilevando la distinzione ripristinatorio/solutorio al livello dell’esecuzione del contratto e dunque della messa in relazione del versamento al superamento o meno della soglia dell’affidato.
-Con il secondo motivo: omesso esame di un fatto decisivo la presenza nel periodo dalla data di accensione del conto al 22.6.1994 di saldi debitori di conto corrente oltre il limite degli affidamenti -oggetto di dibattito in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., risultante dagli atti di causa ed in particolare dagli estratti conto, dai prospetti predisposti da Intesa ed inseriti nella seconda comparsa conclusionale e nella seconda memoria di replica.
6.1 -Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.
-Con il terzo motivo: NOME in procedendo per avere la Corte d’Appello accolto una domanda (quella di rideterminazione del saldo di conto corrente n. 10168 depurando dal conto gli effetti della
capitalizzazione annuale, della commissione di massimo scoperto e delle commissioni sbf-ant-sconti da altri conti e sulle commissioni da altri conti) nuova e inammissibile in quanto non contenuta nell’atto di appello e preclusa per effetto del giudicato interno con conseguente vio lazione degli artt. 112, 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.
7.1 La censura è fondata. Dalla sentenza si dà esplicitamente atto che il CTU è stato riconvocato per l’espunzione dai conteggi già espletati della capitalizzazione annuale sia degli interessi passivi che delle CMS, nonostante che la richiesta formulata nell’atto di appell o fosse genericamente formulata con riguardo ai soli interessi passivi senza alcuna domanda riguardante anche la CMS. Risulta assolto l’onere ai sensi dell’art. 366 n. 6 cpc, il che consente l’accesso agli atti, trattandosi di violazione di norma processuale.
I ricorrenti incidentali deducono:
─ Con il primo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 101,167 e 183 c.p.c. vigenti ratione temporis , degli artt. 24 e 111 Cost., nonché dell’art. 2935 c.c. (Art. 360, n. 3, c.p.c.)
8.1 – Il motivo è condizionato all’ipotesi di accoglimento del primo e /o secondo motivo di ricorso. La doglianza è infondata: la formulazione delle conclusioni richiesta dall’art. 167 c.p.c., pur integrando un elemento costitutivo della comparsa di risposta, non implica che il loro difetto sia di per sé causa di nullità dell’atto ove, dal tenore complessivo dello stesso, non risultino genericità o imprecisioni, e dunque sia raggiunto il suo scopo. (In applicazione di tale principio, Cass., n. 15707/2008 ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto ritualmente sollevata nella comparsa di risposta l’eccezione di prescrizione del diritto azionato, benché la stessa non fosse riportata nelle conclusioni dell’atto, ma solo nella narrativa); la corte ha rilevato che nella comparsa di risposta era contenuta l’eccezione di prescrizione decennale.
– Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 1224, comma 2, c.c. (Art. 360, n. 1, c.p.c.). La Corte ha errato ritenendo che la domanda proposta per il mancato riconoscimento del maggior danno di cui all’art. 1224, comma 2, c.c. fosse tardiva perchè non formulata nell’atto di citazione.
9.1 -La censura non tiene conto che sul punto la Corte ha fondato la sua motivazione su un’altra ratio decidendi , poiché «la deduzione da parte del creditore di un diverso e maggiore criterio di redditività del denaro, qualora non accompagnata dalla dimostrazione presuntiva dei fatti giustificativi del reimpiego afferenti la qualità soggettiva del creditore o l’attività da esso svolta; implica l’allegazione, in via subordinata, della domanda di maggior danno secondo il criterio del rendimento medio dei titoli di stato di durata non superiore all’anno». Gli appellanti, però, non hanno fornito «né specifici elementi al riguardo, da cui desumere quanto asserito, né proporre domanda subordinata di maggior danno secondo il criterio del rendimento medio dei titoli di stato di durata non superiore all’anno». La mancata allegazione adeguata su tali circostanze, così come valutata dalla Corte, delineerebbe la necessità di una diversa valutazione degli esiti probatori che non è configurabile poichè la Corte ha dato conto delle ragioni della sua decisione e il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si è mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile (Cass., n. 7523/2022).
Va inoltre precisato che il fatto costitutivo dell’art. 1224, comma secondo, c.c. è la svalutazione monetaria a seguito del ritardato pagamento, e non, secondo quanto si deduce nel motivo, generiche ‘difficoltà economiche e gestionali, con progressiva cont razione del fatturato’
– Con il terzo motivo: errore della sentenza impugnata per aver detratto dalla somma che la Banca è stata condannata a pagare l’importo di € 236.834,09. La somma versata è diversa nell’importo
poiché la differenza corrisponde alla versa imposta di registro ed anche era comprensiva delle spese di lite e CTU.
10.1 -Il motivo è assorbito.
11 .-Per quanto esposto, il primo e il terzo motivo del ricorso principale vanno accolti, il secondo è assorbito e il ricorso incidentale va rigettato. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso principale, il secondo assorbito; il ricorso incidentale va rigettato.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le