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Prescrizione rimesse solutorie: onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12955/2025, interviene su un contenzioso bancario relativo alla restituzione di somme indebitamente pagate (ripetizione d’indebito). La Corte ha accolto i motivi di ricorso della banca, stabilendo principi chiave sulla prescrizione rimesse solutorie. È stato chiarito che spetta al correntista, e non alla banca, l’onere di provare l’esistenza di un contratto di affidamento che renda le rimesse ‘ripristinatorie’ e quindi non soggette alla prescrizione decennale. La banca deve solo sollevare l’eccezione di prescrizione, senza dover specificare le singole rimesse. La Corte ha inoltre ritenuto non tardive le contestazioni alla perizia tecnica (CTU) sollevate dopo i termini previsti, purché non costituiscano eccezioni di nullità. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione rimesse solutorie: la Cassazione ribalta l’onere della prova

Con l’ordinanza n. 12955/2025, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali in materia di contenzioso bancario, specificamente sull’onere della prova relativo alla prescrizione rimesse solutorie. Questa decisione sposta in modo significativo l’equilibrio processuale a favore degli istituti di credito nei giudizi di ripetizione d’indebito, stabilendo che è il correntista a dover dimostrare l’esistenza di un affidamento per neutralizzare l’eccezione di prescrizione.

I Fatti di Causa

Una società aveva intentato una causa contro il proprio istituto di credito per ottenere la restituzione di somme che riteneva indebitamente addebitate sul proprio conto corrente. Il Tribunale aveva parzialmente accolto la domanda della società. Successivamente, la Corte d’Appello aveva rigettato sia l’appello principale della banca sia quello incidentale della società. La banca ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, l’errata gestione dell’eccezione di prescrizione da parte dei giudici di merito.

La questione della prescrizione rimesse solutorie e l’onere probatorio

Il cuore della controversia risiede nella distinzione tra rimesse ‘solutorie’ e ‘ripristinatorie’. Le prime, effettuate su un conto in rosso e senza fido (o extra-fido), costituiscono veri e propri pagamenti di un debito e il termine di prescrizione decennale per chiederne la restituzione decorre da ogni singola operazione. Le seconde, invece, avvengono entro i limiti di un fido concesso e servono solo a ripristinare la disponibilità economica; per esse, la prescrizione decorre dalla chiusura del conto.

La banca, nel suo ricorso, ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse erroneamente posto a suo carico l’onere di dimostrare quali specifiche rimesse fossero solutorie. La Cassazione ha accolto pienamente questa doglianza.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affrontato e risolto diverse questioni giuridiche di notevole importanza pratica.

L’onere della prova sulla natura delle rimesse

Richiamando un suo consolidato orientamento (in particolare le Sezioni Unite n. 15895/2019), la Corte ha affermato che l’onere di allegazione gravante sulla banca che eccepisce la prescrizione è soddisfatto con la semplice affermazione dell’inerzia del titolare del diritto. Non è necessario che la banca indichi analiticamente le singole rimesse solutorie. Al contrario, è il correntista che agisce per la ripetizione a dover provare i fatti che impediscono la decorrenza della prescrizione, ovvero l’esistenza di un contratto di apertura di credito che qualifichi le rimesse come meramente ripristinatorie.

Contestazioni alla perizia tecnica (CTU)

Un altro punto fondamentale riguarda la tempestività delle contestazioni alla Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). La Corte d’Appello aveva ritenuto tardiva la contestazione della banca sul software utilizzato dal perito. La Cassazione ha cassato anche questo punto, chiarendo che i termini previsti dall’art. 195 c.p.c. per le osservazioni alla CTU non sono perentori. Pertanto, le critiche alla relazione peritale, se non integrano eccezioni di nullità, possono essere sollevate anche successivamente, persino in comparsa conclusionale o in appello.

La questione dell’anatocismo

Il quarto motivo del ricorso della banca, relativo all’anatocismo, è stato invece respinto. La Corte ha ribadito che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000, le vecchie clausole anatocistiche sono nulle. Per introdurre validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, non è sufficiente la mera pubblicazione di una modifica unilaterale in Gazzetta Ufficiale, ma è necessaria una nuova ed espressa pattuizione scritta con il cliente.

Le motivazioni della decisione

La Cassazione ha motivato la sua decisione sulla prescrizione rimesse solutorie basandosi sul principio generale dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c. Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. In questo caso, il correntista che chiede la restituzione di somme deve provare l’esistenza del contratto di affidamento, fatto costitutivo del suo diritto a considerare le rimesse come ripristinatorie e, quindi, a far decorrere la prescrizione solo dalla chiusura del conto. La banca, eccependo la prescrizione, si limita a opporre un fatto estintivo, la cui prova è facilitata dalla legge.

Sul tema della CTU, la Corte ha sottolineato la natura ordinatoria dei termini per le osservazioni, finalizzata ad accelerare il processo ma non a sancire decadenze non espressamente previste dalla legge. Questo garantisce un più ampio diritto di difesa alle parti.

Il rigetto del motivo sull’anatocismo conferma la linea di massima tutela per il cliente, richiedendo una manifestazione di volontà chiara ed esplicita per l’applicazione di clausole potenzialmente svantaggiose come la capitalizzazione degli interessi.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata cassata e rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame alla luce dei principi espressi. Questa ordinanza rafforza la posizione delle banche nei giudizi di ripetizione d’indebito per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, alleggerendo il loro onere probatorio. Al contempo, offre importanti chiarimenti procedurali sulle contestazioni alla CTU, a beneficio del diritto di difesa di tutte le parti. Resta invece fermo il rigoroso orientamento in materia di anatocismo, che richiede sempre un accordo esplicito e scritto per la sua validità.

Chi ha l’onere di provare la natura ‘solutoria’ o ‘ripristinatoria’ di un versamento in conto corrente ai fini della prescrizione?
Spetta al correntista che agisce in giudizio per la restituzione delle somme l’onere di provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito (fido). Tale prova è necessaria per qualificare le rimesse come ‘ripristinatorie’ e far sì che la prescrizione decorra solo dalla chiusura del conto. La banca, per difendersi, deve solo sollevare l’eccezione di prescrizione, senza dover indicare le singole rimesse solutorie.

Le contestazioni alla relazione del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) devono essere presentate entro i termini previsti dall’art. 195 c.p.c. a pena di decadenza?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che i termini previsti dall’art. 195 c.p.c. per presentare osservazioni alla bozza della CTU hanno natura ordinatoria e non perentoria. Pertanto, la mancata presentazione di osservazioni critiche entro tali termini non preclude alla parte di sollevarle successivamente nel corso del giudizio (ad esempio, nella comparsa conclusionale o in appello), a meno che non si tratti di eccezioni di nullità relative al procedimento di consulenza.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000, come può una banca introdurre validamente la capitalizzazione degli interessi (anatocismo) in un contratto di conto corrente preesistente?
Non è sufficiente che la banca pubblichi la modifica unilaterale del contratto in Gazzetta Ufficiale e la comunichi al cliente tramite estratto conto. Per introdurre validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa e specifica pattuizione scritta tra la banca e il cliente, nel rispetto delle disposizioni della delibera CICR del 9 febbraio 2000.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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