Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12955 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12955 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5581/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura in calce al ricorso; -controricorrente-
-nonché-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura in calce al ricor so; -ricorrente incidentale-
-contro-
RAGIONE_SOCIALE quale incorporante RAGIONE_SOCIALE rappres. e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
–
contro
ricorrente all’incidentale – avverso la sentenza n. 222/2020 de lla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, pubblicata il 21.07.2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
3/04/2025 dal Cons. rel., dott. COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza del 27.7.2017 il Tribunale di Taranto accoglieva parzialmente la domanda della RAGIONE_SOCIALE, proposta nei confronti della Banca Carime spa, condannando la convenuta al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 98.539,66 oltre interessi legali dal 10.12.12 a titolo di restituzione di rimesse ripristinatorie.
Con sentenza del 21.7.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello della banca, osservando che: il correntista aveva provato, a sostegno della domanda di ripetizione d’indebito, i relativi fatt i costitutivi, producendo tre estratti conto del 2001, mentre quelli anteriori al 31.12.94 erano stati prodotti dalla banca; la mancanza di tre estratti conto non aveva precluso il ricalcolo delle competenze indebite con corrette operazioni matematiche di raccordo dei saldi; l’eccezione di prescrizione decennale era infondata, in quanto le rimesse accertare dal c.t.u. erano da considerare in parte ripristinatorie; al riguardo, lo stesso c.t.u. aveva rilevato che ‘ gli elenchi non dimostravano la natura solutoria delle rimesse ivi indicate, per la mancata indicazione in corrispondenza di ogni rimessa de l relativo saldo debitore, dell’affidamento e del relativo scoperto extra-fido ‘, elementi necessari per qualificare le rimesse come ripristinatorie; la contestazione relativa al software utilizzato dal c.t.u. era tardiva, formulata in violazione dell’art. 195 cpc;
le clausole anatocistiche erano disciplinate dalla normativa anteriore alla sentenza della Corte Cost. n. 425/2000- che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del c. 3 dlgs. n. 342/99 -, in quanto subordinate all’approvazione scritta del cliente; era irrilevante l’eccezione relativa all’applicazione dei tassi concordati con la lettera di affidamento del 3.12.2003, non applicabili in ragione del saldo attivo per l’appellata a quella data, come risultante dalla c .t.u.
La Corte d’appello reputava infondato anche l’appello incidentale, osservando che: non poteva dirsi sussistente un affidamento sino alla somma di euro 154.937,00 per le operazioni di sconto o di smobilizzo di crediti (indicati entrambi dalla centralerischi della banca d’italia) che , a differenza dell’apertura di credito, non attribuiscono la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di denaro, ma comportano solo l’obbligo per la banca di accettazione per lo sconto dei titoli presentati entro un predeterminato ammontare (con la conseguenza che le rimesse effettuate su tale conto hanno carattere solutorio ove il correntista abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con il diverso contratto di apertura di credito, anche se tra le due linee di credito sia stabilito un collegamento di fatto, atteggiandosi come apertura di credito per elasticità di cassa); correttamente era stato effettuato il calcolo degli interessi senza capitalizzazione, sia attivi che passivi; non sussisteva un maggior danno, ex art. 1224, c. 2, cc, in mancanza di allegazione e dimostrazione del saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato, in quanto il provvedimento della Banca d’Italia non era fonte di diritto, ma atto amministrativo.
RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con quattro motivi. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, formulando ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Intesa san Paolo RAGIONE_SOCIALE quale incorporante RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso al ricorso incidentale.
RITENUTO CHE
Il primo motivo del ricorso principale denunzia violazione degli artt. 2697 e 2935, cc, per aver la Corte territoriale ritenuto infondato l’appello della banca – che aveva sostenuto la tesi delle rimesse solutorie in mancanza di prova dell’affid amento ai fini del termine di prescrizionecosì statuendo: ‘ i versamenti eseguiti sul conto corrente in costanza di rapporto hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista … una diversa finalizzazione dei singoli versamenti di alcuni di essi deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste illegittimamente addebitate. Nel caso di specie, pur essendo sufficiente, al fine della sua tempestività, che l’eccezione di prescrizione sia stata avanzata con la comparsa di costituzione e risposta in primo grado della banca e la stessa sia stata oggetto di precisazione con la prima memoria ex articolo 183 comma sei numerico c.p.c. con l’ind icazione delle rimesse solutorie , v’è c he il ctu ha precisato che gli elenchi non dimostrano la natura solutoria delle rimesse ivi indicate, per la mancata indicazione in corrispondenza di ogni rimessa del relativo saldo debitore, dell’affidamento e d el relativo scoperto extra fido, che sono elementi necessari perché lo stesso giudice possa verificare quali rimesse siano ripristinatorie e quali possano essere considerate pagamenti secondo quanto precisato dalla stessa corte con le sentenze richiamate dall’appellante» .
Al riguardo, la ricorrent e lamenta che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto che, ai fini della valutazione d’ammissibilità e fondatezza dell’eccezione di prescrizione, sarebbe stata necessaria anche l’individuazione , da parte della banca, per ogni singola rimessa
qualificata come solutoria, del saldo aggiornato e del limite dell’affidamento.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2697, 2935, cc, 112 cpc, ex art. 360, nn.1 e 5, cpc, per non aver la Corte d’appello ritenuto come solutorie tutte le rimesse in ordine del termine iniziale della prescrizione, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto il contratto d’affidamento antecedente a quello formalizzato il 3.12.2003 , con erronea applicazione de l principio dell’onere della prova.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 1194, 1422, 2934, 2935, cc, per aver la Corte d’appello ritenuto tardiva la contestazione relativa all’uso del software utilizzato dal c .t.u. che avrebbe comportato un’erronea modalità di ricalcolo delle rimesse.
Il quarto motivo denunzia violazione dell’art. 1283 cc, e degli artt. 1230 dlgs n. 385/93 e 7 delibera CICR 9.2.2000, nella parte in cui la Corte territoriale ha affermato che a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 425 del 17.10.2000, le clausole anatocistiche erano rimaste disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, pertanto, subordinate all’approvazione scritta del cliente.
Al riguardo, la ricorrente assume che tale sentenza non aveva riguardato l’altra parte del comma 3 del citato art. 25, con riferimento alla delega conferita al CICR per stabilire modalità e tempi di adeguamento dal 30.6.2000 dei contratti in corso dalla data della sua entrata in vigore, per cui la Corte d’appello ha errato nel non riconoscere il corretto operato della ricorrente che aveva attuato la delibera CICR del 9.2.2000 mediante la pubblicazione della modifica contrattuale sulla GU del 15.6.2000 n. 138, nonché con comunicazione alla correntista a mezzo conto corente al 30.7.2000.
Il primo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione degli artt. 115, 116, cpc, 1321, 1322, cc, 41 Cost., 2033, 2934, 2946, cc, 117,
c.2, dlgs. n. 385/93, in relazione ai nn. 3 e 4, art. 360 cpc, per aver la Corte d’appello escluso dall’indebito alcune rimesse ritenute solutorie, in quanto afferenti ad operazioni di sconto ‘ in autoliquidante ‘, dimostrate da vari documenti (Centrale-rischi, estratti-conto), sebbene l’art. 6 del contratto di c onto corrente prevedesse la possibilità dell’apertura di credito.
Il secondo motivo denunzia volazione degli artt. 112 cpc, 1224, c.2, cc, in relazione ai nn. 3 e 4, art. 360 cpc, per aver la Corte territoriale omesso di decidere sulla questione della buona fede dell’ accipiens , essendosi pronunciata su altra questione, ed avendo comunque negato il maggior danno connesso all’attività imprenditoriale.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 1224, c.2, 2909, cc, 112, 115, 116, 324, 61 e 191 cpc, per aver la Corte d’appello rigettato la domanda di maggior danno per mancata allegazione e dimostrazione del saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato, argomentando da un presupposto diverso da quello oggetto d’impugnazione, riguardante la buona fede dell’ accipiens .
Il primo motivo del ricorso principale è fondato. In tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (SU, n. 15895/2019; n. 18144/2018; n. 7013/2020).
Nella specie, la sentenza impugnata non ha dunque applicato correttamente i suesposti principi, avendo invece affermato che
gravasse sulla banca l’onere di indicare, per ogni singola rimessa, il relativo saldo debitore, l’affida mento e il relativo scoperto extra fido. Invero, la banca ha eccepito correttamente la prescrizione adducendo l’inerza dell’avente diritto.
Il secondo motivo è parimenti fondato. La Banca aveva eccepito la mancata prova del contratto di apertura di credito per mancanza di forma scritta, ma la Corte d’appello non ha in alcun modo motivato sulla questione, argomentando nel senso della regolare concessione dell’affidamento.
Tuttavia, dalla sentenza impugnata non si evince che il ritenuto affidamento sia documentato da contratto scritto; ciò appare confermato dallo stesso controricorrente che invoca i documenti ‘di contorno’ (e stratti-conto, dati della Centralerischi, etc.) e l’art. 6 del contratto di conto corrente che prevederebbe l’apertura di credito , ma ciò non risulta dagli atti.
Il terzo motivo è del pari fondato. In tema di consulenza tecnica d’ufficio, il secondo termine previsto dall’ultimo comma dell’art. 195 c.p.c., così come modificato dalla l. n. 69 del 2009, ovvero l’analogo termine che, nei procedimenti cui non si applica, ratione temporis , il novellato art. 195 c.p.c., il giudice, sulla base dei suoi generali poteri di organizzazione e direzione del processo ex art. 175 c.p.c., abbia concesso alle parti, ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria e svolge ed esaurisce la sua funzione nel subprocedimento che si conclude con il deposito della relazione da parte dell’ausiliare; pertanto, la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non preclude alla parte di sollevare tali osservazioni e rilievi, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., nel successivo corso del giudizio e, quindi, anche in
comparsa conclusionale o in appello (Cass., n. 32965/2024; SU, n. 5624/2022).
Nel caso concreto, la Corte d’appello ha erroneamente affermato, in contrasto con i suddetti principi, che la contestazione sul software utilizzato dal c.t.u. era tardiva in quanto avrebbe dovuto essere effettuata in primo grado ai sensi dell’art. 195 cpc – sebbene i termini previsti da detta norma non siano perentori’in ragione del giusto processo e della sua ragionevole durata’.
Tale statuizione contiene, peraltr o, quest’ultima affermazione palesemente contraddittoria in quanto, pur rilevando la non perentorietà del termine per proporre osservazioni critiche alla c.t.u., ha fatto applicazione di una decadenza non stabilita dalla legge.
Il quarto motivo è invece infondato, alla luce del principio consolidato, a tenore del quale in tema di conto corrente bancario, il cliente che agisca per la ripetizione dell’indebito conseguente ad anatocismo, ove non vengano in questione le ipotesi di capitalizzazione specificamente contemplate dall’art. 1283 c.c., non è tenuto a dare dimostrazione delle condizioni pattuite con la banca con riguardo al periodo anteriore a quello di vigenza della delibera CICR 9 febbraio 2000 poiché, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2000, siffatte clausole sono disciplinate dalla normativa precedentemente in vigore, che non consente alcuna capitalizzazione, posto che le pattuizioni anatocistiche basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, sono da considerare nulle per violazione del predetto art. 1283 c.c.(Cass., n. 26867/24; n. 9140/2020).
Inoltre, è stato osservato che in ragione della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342 del 1999, le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 sono
radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell’art. 7 della delibera del CICR teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta delibera (Cass., n. 9140/2020; n. 29420/2020).
Nella specie, la ricorrente si è doluta della pattuizione della Corte territoriale, pur avendo allegato e documentato la tempestiva pubblicazione della modifica contrattuale sulla GU del 15.6.2000 n. 138 e con comunicazione alla società correntista dell’es tratto-conto al 30.7.2000, ma è incontestato che è mancata la necessaria espressa pattuizione in osservanza dell’art. 2 della suddetta delibera .
Il primo motivo del ricorso incidentale è in parte inammissibile, e in parte infondato.
Anzitutt o, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente valutato la prove offerte, nel ritenere le rimesse in conto corrente di carattere solutorio, nel caso in cui il correntista abbia sconfinato dal limite del solo affidamento concessogli con l’apertura di credito per elasticità di cassa, nonostante tra le due linee di credito vi fosse un collegamento di fatto.
La doglianza tende al riesame dei fatti. Invero, la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicchè rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato,
a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Cass., n. 20553/2021).
Inoltre, la doglianza relativa alle rimesse solutorie è infondata.
In tema di revocatoria fallimentare, in caso di “castelletto di sconto” o fido per smobilizzo crediti non sussiste la cd. copertura di un conto corrente bancario in quanto essi, a differenza del contratto di apertura di credito, non attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono solo fonte, per l’istituto di credito, dell’obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, dei titoli che l’affidato presenterà, sicché, ai fini dell’esercizio dell’azione predetta, le rimesse effettuate su tale conto dal cliente, poi fallito, hanno carattere solutorio ove, nel corso del rapporto, il correntista abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con il diverso contratto di apertura di credito. Né tale distinzione viene meno se tra le due linee di credito sia stabilito un collegamento di fatto, nel senso che i ricavi conseguiti attraverso sconti e anticipazioni siano destinati a confluire nel conto corrente di corrispondenza, trattandosi di meccanismo interno di alimentazione del conto attraverso le rimesse provenienti dalle singole operazioni di smobilizzo crediti, alla stregua di qualunque altra rimessa di diversa provenienza (Cass., n. 13510/2015).
Nella specie, il ricorrente sostiene che lo sconto integri una forma di apertura di credito, in contrasto con i citati principi. Al riguardo, la Corte di merito ha ritenuto accertato l’affidamento di euro 77.469.000 per elasticità di cassa e non quello per euro 154.937,00 per operazioni di sconto e, come detto, la critica è diretta ad una diversa valutazione dei fatti.
Il secondo motivo è infondato. Non emerge la mala fede della banca, alla stregua dell’orientamento di questa Corte secondo cui, in materia di indebito oggettivo, ai fini della decorrenza degli interessi ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., rileva una nozione di buona fede in senso soggettivo, coincidente con l’ignoranza dell’effettiva situazione giuridica in conseguenza di un errore di fatto o di diritto, anche dipendente da colpa grave, non essendo applicabile la disposizione dettata dall’art. 1147, secondo comma, in riferimento alla buona fede nel possesso (Cass., n. 23543/2016; n. 23448/2020; n. 1236272024). Tale principio è stato di recente affermato anche in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, nel senso che ai fini della spettanza dei frutti e degli interessi su quanto è oggetto di ripetizione, la buona fede ex art. 2033 c.c. è da intendersi come buona fede soggettiva dell’accipiens e si identifica nell’ignoranza dell’obbligo restitutorio (Cass., n. 423/2025).
Infine, anche il terzo motivo è infondato. Invero, nel caso di ritardato adempimento di un’obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, c.c., può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali; ove il creditore rivesta la qualità di imprenditore, è sufficiente dimostrare di avere, durante la mora del debitore, fatto ricorso al credito bancario (o ad
altre forme di approvvigionamento di liquidità), sempre che il ricorso al credito, in relazione all’entità dello stesso ed alle dimensioni dell’impresa, sia stato effettiva conseguenza dell’inadempimento (Cass., n. 22512/2021).
Pertanto, la statuizione censurata è corretta, avendo la Corte d’appello affermato che non può riconoscersi un maggior danno, ex art. 1224 cc., in difetto di allegazione e dimostrazione del saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato.
Per quanto esposto, in accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello, anche in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, rigettato il quarto. Rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 aprile 2025.