Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16604 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16604 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
sul ricorso 3009/2020 proposto da:
BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA, elettivamente domiciliata in Roma , presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di LECCE – SEZ.DIST. DI
TARANTO n. 513/2019 depositata il 11/11/2019i;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Lecce -Sez. distaccata di Taranto con la sentenza riportata in epigrafe ha rigettato il gravame della Banca Popolare di Puglia e Basilicata avverso la decisione che in primo grado ne aveva pronunciato la condanna al rimborso in favore del RAGIONE_SOCIALE delle somme indebitamente incamerate a titolo di interessi non dovuti ed altre voci in relazione ai pregressi rapporti di conto corrente in essere tra le parti.
In particolare il decidente del grado ha respinto le doglianze dell’impugnante in punto all’utilizzazione da parte del CTU di documenti irritualmente prodotti opponendo che i documenti di che trattasi erano stati rinvenuti dal CTU in allegato alla perizia di parte, di talché essi risultavano ritualmente prodotti e non era dunque sussistente alcuna irregolarità riguardo al loro esame; in punto all’applicazione dei criteri sostitutivi indicati in materia di interessi dall’art. 117, comma 7, TUB, essendosi il giudice di primo grado attenuto alla distinzione tra operazioni attive ed operazioni passive enunciata dalla norma; in punto all’inclusione della commissione di massimo scoperto nel tasso soglia e all’applicazione dell’art. 1815, comma 2, cod. civ. rilevandone l’inconferenza ai fini del decidere, atteso che alla determinazione delle rispettive partite di dare/avere tra le parti il CTU aveva applicato i tassi di interessi succedutisi nel tempo; in punto alla mancata capitalizzazione degli interessi passivi, dando atto che la comunicazione a tal fine inoltrata dalla banca al correntista in applicazione dell’art. 7 del. CICR 9 febbraio 2000 era stata prodotta tardivamente; in punto all’omesso rilievo della
prescrizione osservando che l’eccezione, inizialmente prospettata con riferimento alla chiusura trimestrale dei conti, per come formulata nel grado, ove si era inteso denunciare la mancata indicazione da parte del correntista della natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse eseguite, doveva ritenersi declinata in violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in quanto fondata su circostanza affatto diversa rispetto a quella originariamente allegata.
La cassazione di detta sentenza è ora chiesta dalla banca con un ricorso affidato a sei motivi, ai quali resiste con controricorso e memoria l’intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui la banca lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 74 disp. att. cod. proc. civ., nonché un vizio di omessa o insufficiente motivazione e ancora l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte d’Appello aveva ritenuto di confermare le determinazioni adottate dal giudice di primo grado sulla scorta delle risultanze refertate dal CTU quantunque i documenti utilizzati da quest’ultimo non fossero stati ritualmente versati in causa, non risultassero dal fascicolo di parte ed il CTU non potesse sostituirsi alle parti nella loro acquisizione -è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Inammissibile si rivela nei profili motivazionali, dato che il vizio di omessa o insufficiente motivazione è stato da tempo bandito dall’ordinamento processuale e quello di omesso esame, oltre ad incorrere nella preclusione di cui all’art. 348 ter , comma 5, cod. proc. civ., è smentito dalla confutazione che del fatto è stata compiuta dal decidente.
Infondato si rivela invece nell’allegazione della pretesa violazione o falsa applicazione dell’art. 74 disp. att. cod. proc. civ., posto che tale modalità di deposito non è prevista a pena di nullità e la mancanza
della firma del cancelliere in calce all’indice dei documenti prodotti onera la parte interessata di fornire, sia pure solo indirettamente ed anche attraverso il comportamento della controparte, la prova della produzione dei documenti di cui intende avvalersi (Cass., Sez. VI-I, 29/10/2018, n. 27313).
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui la banca lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 117 TUB, nonché un vizio di omessa o insufficiente motivazione e, ancora, l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte d’Appello, nel far proprie le conclusioni del CTU, aveva liquidato gli interessi in adesione al criterio sostitutivo dettato dalla norma applicando i tassi massimi alle operazioni passive ed i tassi minimi alle operazioni attive, sebbene ciò fosse in contrasto con i fini di profitto lecitamente perseguiti dalle imprese bancarie -è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Inammissibile si rivela, per quanto già si è osservato in riferimento alle analoghe allegazioni operate con il primo motivo di ricorso, in relazione alle pretese violazioni di ordine motivazionale.
Infondato si rivela nell’allegazione in punto di diritto, posto che, come si è già altrove enunciato il congegno integrativo previsto dall’articolo 117, comma 7, del d.lgs. n. 385 del 1993, da utilizzarsi per determinare il tasso di interesse applicabile nell’ipotesi in cui tra le parti non sia intervenuta alcuna valida pattuizione al riguardo, collegando il tasso minimo e massimo dei buoni ordinari del tesoro emessi nei dodici mesi precedenti, «rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive», deve essere inteso nel senso dell’applicazione del tasso minimo ai saldi debitori del conto (saldi dare), derivanti cioè da operazioni attive, qual è l’apertura di credito, e del tasso massimo ai saldi creditori (avere) ovvero alle operazioni passive che sono quelle di raccolta fondi (Cass., Sez. I, 24/12/2020, 29576).
4. Il terzo motivo di ricorso -con cui la banca lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 644 cod. pen., della l. 7 marzo 1996, n. 108 e della l. 28 gennaio 2009, n. 2 con cui è stato convertito in legge il d.l. 29 novembre 2008, n. 185, nonché un vizio di omessa o insufficiente motivazione e, ancora, l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte d’Appello, nel far ancora proprie le conclusioni del CTU, aveva ritenuto che ai fini della determinazione del superamento dei tassi soglia dovesse essere inclusa nel TEG anche la commissione di massimo scoperto, quantunque in relazione ai rapporti sorti prima dell’entrata in vigore del d.l. 185/2008 tale inclusione non fosse prevista -ed il quarto motivo di ricorso -con cui la banca lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1815 cod. civ., nonché un vizio di omessa o insufficiente motivazione e ancora l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte d’Appello, nel far ancora proprie le conclusioni del CTU, aveva ritenuto di condividere le ragioni del primo giudice laddove aveva escluso che non fosse dovuto alcun interesse a mente dell’art. 1815, comma 2, cod. civ., quantunque la norma non fosse applicabile ai rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della norma -esaminabili congiuntamente, stante l’unitarietà della censura, sono, al netto delle doglianze motivazionali non scrutinabili per quanto si è dianzi precisato, fondati e meritevoli di accoglimento.
Va invero al riguardo rilevato il difetto assoluto di motivazione che infirma il provvedimento impugnato.
Su tali questioni la risposta della Corte decidente è, infatti, incomprensibile e tautologica, limitandosi ad osservare, senza tuttavia offrire alcun ulteriore ragguaglio a supporto del proprio pensiero, che si tratta di questioni irrilevanti e che è corretto l’operato del CTU, avendo questi applicato il tasso di interesse legale sino all’entrata in vigore del ‘D. lg.vo’ , il che lascia l’interrogativo
posto dall’appellante del tutto privo di uno sbocco motivazionale in grado di attingere alla soglia minima di costituzionalità che assicura l’osservanza dell’obbligo imposto dall’art. 111 Cost.
5. Il quinto motivo di ricorso -con cui la banca lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 7 del. CICR 9 febbraio 2000, nonché un vizio di omessa o insufficiente motivazione e, ancora, l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte d’Appello aveva escluso la legittima capitalizzazione periodica degli interessi giudicando tardiva la produzione documentale della relativa comunicazione al cliente quantunque l’estratto conto contenente la relativa comunicazione fosse stato esibito dallo stesso correntista -è inammissibile poiché non si confronta con le ragioni della decisione, sicché esso difetta di specificità.
La Corte d’Appello, statuendo sul punto in difformità dal primo giudice, ha negato la conducenza dell’argomento rilevando «la tardività della produzione documentale concretata da copia di comunicazione con cui la banca dava informazione dell’attuazione della stessa periodicità nel conteggio degli interessi passivi ed attiviti ex art. 7 Delibera CICR del 9/2/2000, sicché la produzione si mostra inammissibile».
La doglianza ricorrente si limita a riferire che il documento in questione era stato «esibito» dalla controparte, ma l’allegazione, in ragione della quale la deducente si affretta ad affermare che perciò il contrario rilievo della Corte d’Appello deve per questo ritenersi superato, manca di ogni più concreta specificazione in quanto la deducente si astiene dall’illustrare modi, tempi e forme dell’esibizione ascritta alla controparte, sicché il motivo si mostra inidonea ad aggredire efficacemente la ratio decisoria sottesa alla decisione impugnata che resta sul punto, perciò, inattaccata.
6. Il sesto motivo di ricorso -con cui la banca lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ., nonché un vizio di omessa o insufficiente motivazione e, ancora, l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte d’Appello aveva ritenuto che l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca incorresse nel divieto dei nova in appello di cui all’art. 345 cod. proc. civ. rilevando che la banca si era limitata ad eccepire semplicemente la mancata contestazione degli estratti conto trimestrali quantunque a fronte dell’eccezione sarebbe stato onere del cliente provare l’esistenza di un’apertura di credito in guisa della quale poter ritenere che le rimesse operate avessero natura ripristinatoria e non restitutoria -è fondato e merita accoglimento.
In disparte dalla motivazione adottata dal decidente d’appello per dare contezza della sua reiezione, è circostanza di fatto indiscussa tra le parti che la banca, nell’atto di resistere alle domande del RAGIONE_SOCIALEto, avesse eccepito riguardo ad esse l’intervenuta prescrizione per decorrenza del termine decennale.
Ora, è principio enunciato dalle SS.UU. nel noto arresto 15895/2019 che «in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte».
Ne discende che la sentenza, pronunciando sull’eccezione e ricusandola in ragione della sua novità, ha comunque dato atto della sua deduzione da parte della banca, sicché, fermo che in ragione di ciò la banca, senza bisogno di ulteriori allegazioni, aveva fatto
comunque valere l’inerzia del titolare del diritto, la specie, alla luce del richiamato principio di diritto, dovrà essere per questo rimeditata in considerazione del fatto così tempestivamente allegato.
Vanno in conclusione accolti il terzo, il quarto ed il sesto motivo di ricorso. Sono infondati il primo ed il secondo motivo di ricorso e va dichiarato inammissibile il quinto.
L’impugnata sentenza va quindi cassata nei limiti dei motivi accolti e la causa va rinviata al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo, il quarto ed il sesto motivo di ricorso; dichiara inammissibile il quinto motivo di ricorso; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il