Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6684 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6684 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21376/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 790/2020 depositata il 14/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– NOME ricorre per due mezzi, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE BPM S.p.a., contro la sentenza del 14 aprile 2020, n. 790, con cui la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pistoia che, in accoglimento parziale delle domande proposte dallo NOME contro l’allora Banca Popolare di Novara S.p.a., volte alla rideterminazione del saldo di un conto corrente intercorso tra le parti ed alla restituzione di somme indebitamente pagate per interessi capitalizzati, spese e commissioni non dovute, oltre al risarcimento del danno, ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, ha condannato la medesima al pagamento della somma di € 3.433,75, oltre agli interessi, a fronte di quella maggiore richiesta dall’attore.
2. – La Corte d’appello:
-) ha respinto l’impugnazione, ritenendo validamente ed ammissibilmente proposta l’eccezione di prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme, sollevata dalla banca (con riguardo alla somma indicata dal c.t.u. nell’importo di € 106.981,07), non essendo la banca stessa onerata di indicare in modo specifico quali dei pagamenti ultradecennali eseguiti dall’attore sul conto corrente avessero natura solutoria, come chiarito da Cass., sez. un., n. 15895/2019;
-) nel delibare, quindi, l’eccezione nel merito, ha ritenuto che l’appellante avesse violato l’art. 342 c.p.c., non avendo opposto nessuna specifica censura all’affermazione del Tribunale, che aveva ritenuto i pagamenti eseguiti in occasione di passività eccedenti i limiti dell’accreditamento, posto che, secondo le conclusioni del c.t.u., il conto corrente era sì affidato di fatto, ma i versamenti
ultradecennali erano stati sempre eseguiti per ripianare un debito ulteriore rispetto al limite del fido;
-) ha aggiunto che le specificazioni, contenute nella comparsa conclusionale di appello, erano poi inammissibili per tardività;
– RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
4. – I motivi deducono:
violazione e la falsa applicazione degli artt. 2033, 2697, 2934, 2935 e 2946 c.c., 342, 348-bis e 348-ter c.p.c., oltre alla nullità della sentenza per motivazione apparente, in quanto la Corte territoriale ha ritenuto che l’appellante non abbia opposto nessuna specifica censura alla conclusione raggiunta dal Tribunale, secondo cui i pagamenti sono sempre avvenuti per ripianare scoperti del conto ulteriori rispetto ad un fido di fatto: ma, al contrario, l’appellante aveva proposto una censura specifica, laddove aveva ribadito, nell’atto di citazione in appello, che « in presenza del fido tutte le rimesse si presumono ripristinatorie, salvo prova contraria il cui onere probatorio grava sulla banca » e « non avendo la banca fornito la prova dei limiti dell’affidamento di fatto concesso, tutte le rimesse sono di natura ripristinatoria »; il c.t.u. aveva offerto due soluzioni alternative ed i giudici di merito hanno aderito a una di esse senza motivazione;
ii) violazione degli artt. 2033, 2697, 2934, 2935 e 2946 c.c., in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che l’eccezione di prescrizione, avanzata dalla banca in primo grado e riproposta in appello, seppure generica, sia stata correttamente sollevata, non essendo la banca, secondo la corte d’appello, onerata di indicare in modo specifico quali dei pagamenti ultradecennali eseguiti dall’attore sul conto corrente avessero natura solutoria: mentre la corte avrebbe dovuto rigettare tale eccezione, risultando l’esistenza di un affidamento in conto corrente che rendeva sempre le relative
rimesse ripristinatorie, salvo prova contraria della banca che, nel caso di specie, non è stata fornita;
– Il Presidente ha formulato la seguente proposta di decisione ai sensi dell’articolo 380 -bis c.p.c.:
« – i due motivi attengono alle medesime questioni, onde meritano una trattazione congiunta;
-essi sono inammissibili, ai sensi dell’art. 360 -bis, n. 1, c.p.c., in quanto intendono contrastare, senza offrire nessun argomento nuovo e decisivo, i principî di diritto affermati da questa Corte, secondo cui: a) in tema di prescrizione estintiva l’onere di allegazione gravante sul debitore, che voglia far valere l’eccezione di prescrizione, è soddisfatto con la semplice affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare (Cass., sez. un., n. 15895/2019; e le conformi, fra le tante, Cass., sez. III, n. 7013/2020; Cass. n. 19844/2022; Cass., sez. VI-1, n. 21225/2022; Cass., sez. I, n. 7884/2023); b) essendo in questa materia la decorrenza della prescrizione condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti effettuati dal cliente, essa matura sempre dalla data del pagamento, qualora il conto risulti in passivo e non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento; con l’ulteriore conseguenza che, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è sempre onere del cliente provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito che qualifichi quel versamento come mero ripristino della disponibilità accordata (Cass., sez. I, n. 7935/2023; Cass., sez. I, n. 23872/2022; Cass., sez. I, n. 24051/2019; Cass., sez. I, n. 2660/2019; Cass., sez. un., n. 24418/2010); dunque, l’onere della prova dell’esistenza di un rapporto di apertura di credito (a forma
libera prima dell’entrata in vigore dell’art. 3 l. n. 154 del 1992, che ha acquistato efficacia, in virtù di quanto stabilito dall’art. 11, comma 4, della stessa legge, 120 giorni dopo l’entrata in vigore della medesima, pubblicata sulla G.U. del 24/2/1992) compete al cliente e non alla banca (da ultimo, Cass. n. 19844/2022), fermo restando il principio della natura solutoria delle rimesse concernenti somme oltre i limiti del fido;
inoltre, i giudici del merito hanno accertato l’esistenza ‘al più’ di un c.d. fido di fatto, ed in ogni caso lo sconfinamento dal medesimo: onde tali accertamenti di fatto, in una con l’aderenza della sentenza impugnata ai citati principî di diritto, restano non confutabili in sede di legittimità: invece, la parte ricorrente ha chiesto alla Corte di legittimità un nuovo apprezzamento dei fatti, per accreditare una valutazione diversa ed alternativa rispetto a quella apprezzata insindacabilmente dai giudici del merito;
la censura di motivazione apparente è del pari inammissibile, in quanto in nessun modo neppure argomentata, e contrastata dall’ampia motivazione della decisione impugnata ».
– Il ricorrente ha spiegato opposizione osservando quanto segue:
« – quanto alla prima obiezione, questa difesa ha espressamente riconosciuto -a pag. 5 del ricorso per cassazione, righi 30 e seguenti: ‘Sulla possibilità, per la banca convenuta in sede di ripetizione dell’indebito, di eccepire in via generica la prescrizione senza specificare in modo analitico quali siano le rimesse di natura solutoria, si è ormai espressa Codesta Ecc.ma Corte con la Sentenza delle Sezioni Unite civili n. 15895 del 13/6/2019, intervenuta dopo la proposizione dell’appello e prima della decisione di secondo grado – a comporre il contrasto tra le decisioni contrastanti di Codesta Corte richiamate in precedenza dalle due difese’. La questione non è stata, pertanto, riproposta;
– quanto alla seconda obiezione, nel procedimento per cui è causa si è formato il giudicato sulla seguente statuizione del Tribunale di Pistoia secondo ‘L’esistenza di un’apertura di credito in favore del cliente la si può facilmente ricavare da una serie di risultanze documentali, desunte dalla documentazione prodotta’ (sentenza di primo grado, doc. 3, pag. 11, righi 78). L’esistenza dell’apertura di credito non è più, pertanto, contestabile;
– quanto alla terza obiezione, si ritiene sommessamente che il metodo d’indagine seguito dal Consulente tecnico d’Ufficio – in una delle due ricostruzioni alternative del rapporto di dare/avere fatta propria sia dal Giudice di prime cure che da quello di appello -sia ben sindacabile da codesta Suprema Corte, in quanto contrastante con i principi – recentemente espressi proprio dalla Prima sezione civile della Corte medesima secondo cui: ‘nelle controversie che hanno ad oggetto l’azione di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili e la relativa domanda di ripetizione di indebito con prescrizione decennale, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere affrontata attraverso un iter procedurale che vede, in via preliminare, l’individuazione e la cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito e solo successivamente, avendo come riferimento tale saldo “rettificato”, si potrà procedere con l’individuazione della parte solutoria di ogni singolo versamento effettuato dal correntista nel corso del rapporto contrattuale di conto corrente con apertura di credito o comunque scoperto. Pertanto, il dies a quo della prescrizione della condictio indebiti di cui all’art. 2033 c.c., decorrerà solo per quella parte della rimessa sul conto corrente che supererà il limite del fido dopo aver rettificato il saldo’ (Cass. Civ., Sez. I, 16/3/2023, n. 7721, Presidente De NOME, Relatore Campese ..); ed ancora: ‘per verificare se un versamento effettuato dal correntista nell’ambito di un rapporto di apertura di
credito in conto corrente abbia avuto natura solutoria o solo ripristinatoria, occorre, all’esito della declaratoria di nullità da parte dei giudici di merito delle clausole anatocistiche, previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest’ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento’ (Cass. Civ., Sez. I, 19/5/2020, n. 9141, Presidente COGNOME, Relatore COGNOME, …); – il CTU nel procedimento de quo non si è attenuto ai predetti criteri, avendo lo stesso ritenuto che i versamenti in questione siano di ‘natura solutoria’ in quanto ‘intervenuti su conto scoperto’ (Relazione di CTU in primo grado, pag. 34, righi 21 e seguenti), senza però ‘previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista’, come invece richiesto da Codesta Suprema Corte;
-il Consulente tecnico d’Ufficio ha offerto dunque due ipotesi alternative di conteggio ed il Giudice di merito ha deciso la causa scegliendo una delle due, la Suprema Corte ben può di conseguenza dichiarare l’illegittimità della decisione del Giudice di primo grado – senza preclusioni deduttive -se l’ipotesi di calcolo contabile ritenuta corretta dal primo Giudice si basi su criteri errati. E’ stato, infatti, chiarito in proposito che: “Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnicogiuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano alla attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il
potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio” (Cass. Civ., Sez. Un., 21/2/2022, n. 5624) ».
– Il Collegio condivide integralmente la proposta di decisione e, quanto alle obiezioni dell’opponente, osserva quanto segue:
-) la proposta di decisione richiama del tutto opportunamente l’autorità della pronuncia delle Sezioni Unite numero 15895 del 2019, dal momento che il ricorrente ha sostenuto in ricorso, contro l’evidenza, che detta decisione avrebbe risolto « in senso favorevole all’attuale ricorrente la fattispecie concreta per cui è causa sull’eccepita inammissibilità dell’eccezione di prescrizione generica della banca »;
-) il riferimento al formarsi del giudicato sull’esistenza di un affidamento manifesta l’incomprensione da parte del ricorrente del contenuto della sentenza impugnata, oltre che di quello della proposta di decisione, dal momento che la Corte d’appello di Firenze ha posto in evidenza che « anche a voler ritenere sussistente un affidamento di fatto per il conto corrente bancario oggetto di causa, i pagamenti effettuati dal correntista sarebbero stati eseguiti sempre in occasione di passività ulteriori rispetto al fido volta per volta ricostruibile a mezzo dell’analisi dei tassi e dei numeri debitori annotati negli estratti conto bancari, o negli scalari, o rilevabili dall’analisi delle categorie comunicate alla centrale rischi »: di guisa che l’accertamento in ordine all’esistenza dell’affidamento non rileva affatto, per i fini dello scrutinio di infondatezza dell’eccezione di prescrizione spiegata dalla banca;
-) il tema dell’impiego del saldo rettificato in luogo di quello del c.d. saldo-banca è del tutto nuovo rispetto al contenuto dei motivi svolti in ricorso, ed introduce cioè inammissibilmente una nuova censura.
– Le spese seguono la soccombenza. Va fatta applicazione come in dispositivo dei commi terzo e quarto dell’articolo 96 c.p.c..
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, ed inoltre al pagamento, in favore della stessa parte controricorrente, della somma di € 4.300,00, nonché, in favore della cassa delle ammende, di quella di € 2.500,00, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis . Così deciso in Roma, il 5 marzo 2024.