Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 717 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 717 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 24245-2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, COGNOME che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto
Premi INAIL
Indebito.
Dies a quo
R.G.N. 24245/2016
COGNOME
Rep.
Ud. 10/10/2023
PU
dell’avvocato NOME
112, presso lo studio COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 87/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 18/04/2016 R.G.N. 67/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Perugia ha respinto il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e di seguito anche solo RAGIONE_SOCIALE) e ha confermato la decisione di primo grado con cui era stato accolto il ricorso della società e condannato l’Inail alla restituzione della somma di euro 326.694,24, oltre interessi legali dal 12 luglio 2011 al saldo, a titolo di premi indebitamente versati.
Controverso il diritto alla ripetizione dei premi, per l’intervenuta prescrizione o meno del diritto stesso, la Corte di appello ha osservato come, in data 5 agosto 1997, l’INPS avesse adottato un provvedimento di riclassificazione aziendale, in base al quale l’INAIL procedeva alla rettifica del relativo inquadramento, il 6
giugno 2000, in applicazione dell’art. 49 della legge nr. 88 del 1989.
Per la Corte di appello, i provvedimenti di riclassificazione e rettifica avevano valore di accertamento costitutivo e, pertanto, solo dalla loro adozione i pagamenti (di cui la società chiedeva il rimborso) erano divenuti indebiti.
Sulla base di tale premessa teorica, la Corte di appello ha, perciò, ritenuto tempestiva la richiesta ricevuta dall’INAIL il 6 marzo 2007, perché intervenuta nel decennio decorrente dal 5 agosto 1997, data di adozione della classificazione INPS.
Il credito della società per le somme indebitamente versate, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1987 ed il 30 aprile 1992, non era dunque estinto per prescrizione.
Avverso la decisione ha proposto ricorso l’INAIL con quattro motivi.
Ha resistito, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso, originariamente fissato in sede di adunanza camerale, è stato rinviato, per la trattazione, alla odierna udienza pubblica.
Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, ribadite nel corso dell’udienza .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr 4 e 5 cod.proc.civ. – è dedotta la mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato in violazione dell’art 112 cod.proc.civ. nonché l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; in via conseguenziale -ai sensi dell’art 360 nr. 3 cod.proc.civ.è dedotta l’errata applicazione dell’art.
2033 cod. civ. e dell’art. 49 della legge nr. 88 del 9 marzo 1989.
Assume l’Istituto che la sentenza impugnata non avrebbe affrontato la questione ulteriore, posta con l’atto di appello, della insussistenza di un indebito, almeno per i premi dovuti in relazione al periodo compreso tra il 1987 ed il 1989, in relazione al quale il vincolo derivante dall’art. 49 della legge nr. 88 del 1989 non era ancora operante. Secondo l’Istituto, infatti, a tutto voler concedere, solo a far data dall’entrata in vigore della legge nr. 88 è sorto l’obbligo per l’Inail di adeguarsi al provvedimento di inquadramento adottato dall’Inps. Il rimborso, dunque, mai poteva retroagire fino a coprire anche i pagamenti relativi agli anni antecedenti l’entrata in vigore della legge istitutiva dell’obbligo di adeguamento , per tutti gli Istituti, ai provvedimenti adottati da ll’INPS.
Con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr 4 e 5 cod.proc.civ. – è dedotta la mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato in violazione dell’art 112 c od.proc.civ. nonché l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; in via derivata, è dedotta l’errata applicazione dell’art. 2033 cod. civ. e dell’art 2935 cod.civ.
Deduce l’Istituto ricorrente che la domanda di ripetizione proposta nel marzo del 2007 non consentirebbe il recupero dei pagamenti corrisposti nel mese di gennaio del 1987 ovvero prima del decennio, calcolato a ritroso, dal provvedimento dell’INPS .
Con il terzo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e l’errata applicazione degli artt. 2033, 2935 e 2946 cod.civ. e dell’art. 49 della legge nr. 88 del 1989.
Parte ricorrente censura, a monte, l’individuazione del dies a quo . Secondo l’INAIL, il termine di decorrenza
della prescrizione dell’azione di ripetizione dei premi indebitamente pagati, per effetto di una errata classificazione aziendale, va fissato al momento in cui il solvens ha consapevolezza dell’errato inquadramento aziendale; nella specie, tale momento poteva fissarsi quando la società aveva proposto il giudizio, nei confronti dell’INPS, volto ad ottenere un diverso inquadramento a fini contributivi: detto giudizio si era concluso con la pronuncia nr. 10302 del 1996. Sicuramente, dunque, la società aveva avuto conoscenza dell’indebito prima del 1997. La richiesta del 2007 era tardiva.
Con il quarto motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.è dedotta la violazione e l’errata applicazione -sotto il profilo relativo alla natura costitutiva del provvedimento di inquadramento dell’INPS -dell’art. 49 della legge nr. 88 del 9 marzo 1989 e degli artt. 2033, 2935 e 2946 cod.civ.
Per l’ INAIL , il provvedimento dell’Inps non avrebbe natura costitutiva ma solo accertativa, con necessità, per l’INAIL, di emettere un successivo provvedimento, come reso evidente dal tenore dell’art. 14 del DM 12 dicembre 2000.
I motivi, strettamente connessi, vanno congiuntamente esaminati. Essi pongono, nel complesso, il tema dell’individuazione del dies a quo del diritto alla ripetizione di premi indebitamente versati all’INAIL per inesatto inquadramento aziendale.
La peculiarità della fattispecie concreta è stata individuata, dai giudici di merito, nel fatto che la richiesta di restituzione delle somme pagate è seguita ad alcuni provvedimenti di riclassificazione adottati dagli istituti previdenziali.
Per come pacifico in causa, tutto trae origine da una diversa classificazione dell’attività esercitata dall’ azienda,
affermata dalla Corte di Cassazione, con sentenza nr. 10302 del 1996, pubblicata il 23 novembre 1996. In base a detta pronuncia, la società RAGIONE_SOCIALE doveva essere inquadrata nel settore Agricoltura piuttosto che in quello Industria, nel periodo dal 1977 al 1982 (periodo rilevante in quel giudizio).
A seguito della indicata sentenza, resa tra l’INPS e la società (senza, dunque, che l’Inail partecipasse al giudizio), secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, l’I NPS, con provvedimento del 5 agosto 1997, disponeva, sia pure solo dal maggio 1992, la variazione dell’attività aziendale dal settore Industria al settore A gricoltura; l’INAIL si adeguava e, con provvedimento del 6 giugno 2000, disponeva il diverso inquadramento, con la medesima decorrenza (maggio 1992).
Per i giudici di merito, tuttavia, anche i pagamenti relativi al periodo antecedente al maggio 1992 (per il quale nel concreto era insorta la lite) integravano un indebito. In virtù della sentenza nr. 10302 cit. che, ai fini contributivi, aveva stabilito il diverso inquadramento, sin dal 1977, era sorto l’ obbligo di conformarsi da parte dell’Inail, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 del DM 12.12.2000. L’azione di ripetizione non era prescritta. Il dies a quo della prescrizione (decennale) doveva fissarsi al momento dei provvedimenti di riclassificazione, aventi valore di accertamento costitutivo della riclassificazione; solo con la loro adozione, la società poteva chiedere il rimborso di tutti i premi versati in eccesso.
Il descritto ragionamento non è condivisibile.
Come noto, per effetto della legge n. 88 del 1989, nell’interpretazione costituente diritto vivente, « la classificazione dei datori di lavoro operata dall’Inps sulla scorta dei criteri dettati dall’art. 49 della stessa legge ha effetto a tutti i fini previdenziali ed assistenziali (ad
eccezione della materia degli sgravi) e, quindi, anche ai fini dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali» (giurisprudenza costante, ex plurimis , Cass. nr. 29771 del 2022). Ed è in applicazione di tale normativa che l’Inail ha adottato il provvedimento di rettifica in relazione alla società controricorrente.
25. Tuttavia, la normativa indicata e i provvedimenti, nel concreto, adottati non rilevano ai fini della attuale controversia che, relativa ad un indebito oggettivo -avente ad oggetto premi corrisposti per un periodo diverso da quello che ha riguardato i provvedimenti di riclassificazione degli Enti- trova la sua disciplina unicamente ne ll’art. 2033 cod.civ.
26. In tema di indebito oggettivo -e più in particolare di decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione d ell’indebito – questa Corte ha, in diverse occasioni, chiarito che vanno distinti i «casi di mancanza originaria della causa solvendi», in cui il dies a quo comincia a decorrere dal giorno dell’ intervenuta esecuzione della prestazione, dai «casi in cui il difetto della causa solvendi sopravvenga al pagamento», in cui il suddetto termine decorre dal giorno in cui l’accertamento dell’indebito è divenuto definitivo (Cass. n. 24628 del 2015; Cass. nr. 24653 del 2016; Cass. nr. 23603 del 2017).
27. Il caso che occupa riguarda, con tutta evidenza, un’ipotesi di mancanza originaria del titolo di pagamento. In relazione al periodo controverso, infatti, secondo l’accertamento contenuto nella sentenza impugnata, sono stati versati premi non dovuti perché richiesti in ragione di un inquadramento inesatto.
28. Nel rapporto assicurativo, l’obblig azione di pagamento dei premi è legata, sul piano causale , all’i nquadramento aziendale. Se quest’ultimo è inesatto e,
per effetto dello stesso, sono state versate somme non dovute, si determina un indebito che legittima alla restituzione.
Nel concreto, il pagamento dei premi, tempo per tempo effettuati, ha prodotto indebiti che legittimavano il solvens alla ripetizione. Da ciascun pagamento, dunque, è iniziato a decorrere il termine decennale di prescrizione.
Gli atti degli enti non hanno rilievo ai fini dell ‘ azione di restituzione dei premi di cui si discute, trattandosi di diritto esercitabile in via autonoma e indipendentemente dai provvedimenti adottati.
Né è configurabile altro impedimento, ai sensi dell’art. 2935 cod.civ.
L’impossibilità di agire cui la legge attribuisce rilevanza, quale causa che osta al decorso del termine di prescrizione, è solo quella che deriva dagli impedimenti previsti dalla legge e non abbraccia l’ignoranza in cui versi il titolare del diritto in ordine alla sussistenza di esso. E’ fermo orientamento della Corte che l’inerzia, dovuta ad ignoranza del proprio diritto, e così all’incertezza di averlo, non impedisce il decorso della prescrizione (Cass. nr. 19193 del 2018; Cass. nr. 22072 del 2018). Si osserva infatti che «l’incertezza sulla titolarità del diritto e sui suoi presupposti si vince agendo in giudizio » (v., di recente, Cass. nr. 10462 del 2023, in motivazione).
33. Tornando agli avvenimenti di causa, ad originare il contenzioso vi è la sentenza della Corte di Cassazione, sfavorevole all’Inps (Cass. nr. 10302 del 1996), resa all’esito del giudizio promosso , nel 1993, dalla Deltafina per opporsi alla pretesa di pagamento dei contributi dovuti in base all’inquadramento , dei lavoratori, nel settore industria piuttosto che all’ENPAIA (Ente nazionale di previdenza e di assistenza per gli impiegati dell’agricoltura). Nel concreto, dunque, come osservato
anche dal P.G., la COGNOME, ben prima del 1997 (momento di adozione del provvedimento di riclassificazione dell’ INPS) era a perfetta conoscenza dell’indebito ; nulla, dunque, impediva alla stessa di agire anche contro INAIL per far valere il diritto al recupero dei premi versati in eccedenza.
Pertanto, e conclusivamente, l’azione di ripetizione esercitata nel 2007 è certamente tardiva. A tale data, infatti, il diritto della Deltafina nei confronti dell’Inail al rimborso dei premi non dovuti, per il periodo 1987-1992, era oramai definitivamente prescritto.
Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza d’appello va cassata.
Non sono, peraltro, necessari ulteriori accertamenti di fatto, per essere pacifici gli avvenimenti riportati nella sentenza qui impugnata.
La causa, di conseguenza, può essere decisa nel merito, con il rigetto della originaria domanda di Deltafina, per l’ intervenuta prescrizione del diritto alla restituzione delle somme versate indebitamente.
I profili di indubbia complessità e di parziale novità di alcune delle questioni affrontate giustificano, tuttavia, la compensazione delle spese dell’intero processo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, rigetta l ‘originaria domanda. Compensa le spese dell’intero processo. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10