Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17451 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17451 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17537-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME nella qualità di erede di COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 17537/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 21/05/2025
CC
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA RAGIONE_SOCIALE BARI, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 185/2024 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 05/02/2024 R.G.N. 796/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. I ricorrenti, dirigenti medici dipendenti dell’A .O. Policlinico di Bari, hanno agito in giudizio per ottenere, previa disapplicazione della deliberazione del D.G. dell’Azienda 11.10.2017, n. 1597 -nella parte in cui limitava il pagamento dei conguagli legati a errori e irregolarità commessi, in violazione del CCNL di settore, nella procedura di determinazione annuale della consistenza dei Fondi contrattuali per l’Area della dirigenza STPA al solo pe riodo 2010/2016 -, l’accertamento del diritto a percepire le differenze retributive dovute a titolo conguagli sulla retribuzione di posizione variabile aziendale e sulla retribuzione di risultato anche per il pregresso periodo (dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2009).
A fondamento della domanda i dirigenti deducevano che l’Azienda aveva colpevolmente disatteso le previsioni contrattuali, sicché non avrebbe potuto eccepire la prescrizione
in quanto era stata essa stessa ad aver determinato, con il proprio comportamento non diligente, il sorgere del diritto in questione.
Il Tribunale ha respinto il ricorso per intervenuta prescrizione quinquennale sottolineando che il primo atto interruttivo era integrato dal ricorso notificato in data 3 marzo 2020.
La C orte d’appello di Bari , ricostruita la complessa disciplina di determinazione dell’esatta consistenza d ei fondi come tratteggiata dall’art. 60 CNL 9.12.1996, Area Dirigenza quadriennio 1994-1997, dagli artt. 9-50 e 53 CCNL 8.6.2001 dell’Area Dirigenza medica quadriennio 1998 -2001 e dagli artt. 37 CCNL integrativo 10.2.2004, 54 CCNL 3.11.2005, 10 CCNL 5.7.2006, 24 CCNL 17.10.2008 e 9 CCNL 6.5.2010, ha rigettato il gravame dei lavoratori affermando che le parti non potevano invocare alcun fatto impeditivo idoneo ad interrompere la decorrenza della prescrizione poiché la consistenza dei fondi era collegata a specifici parametri vincolanti e in concreto verificabili sia dalle parti sociali che dalla dirigenza medica, la quale avrebbe potuto quindi agire tempestivamente di anno in anno e chiedere la perequazione della ‘retribuzione di posizione variabile aziendale’.
In particolare, il collegio di merito ha evidenziato che nel caso di specie non potesse profilarsi alcun impedimento rilevante ex art. 2941 c.c., giacché da una parte era pacifico che i ricorrenti erano a conoscenza delle istanze sindacali di adeguamento del fondo e, dall’altra, era incontestato che
avevano la possibilità di agire giudizialmente al fine di disciplinare la vicenda per ottenere l’esatta entità del fondo di anno in anno.
Né, parimenti, era configurabile (nella nota prot. n. 15682 del 20.2.2013) una ricognizione di debito, anche solo parziale, da parte del Policlinico, ‘non a caso mai specificamente evidenziata in sede di gravame’ (p. 10 sentenza) ; peraltro, anche ancorando il dies a quo della prescrizione a tale data, il termine sarebbe comunque largamente decorso al momento della notifica del ricorso introduttivo (i.e., 3 marzo 2020).
Infine, la Corte territoriale ha precisato che non poteva accogliersi la domanda di risarcimento del danno poiché solo fittiziamente introdotta, celando in realtà la richiesta di corresponsione di emolumenti a carattere periodico.
Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori con quattro motivi illustrati da memoria, cui si oppone con controricorso l’Azienda.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) «violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; erronea interpretazione ed applicazione della disposizione di cui all’art. 2935 c.c. in materia di fatti impeditivi del decorso dei termini di prescrizione; e rrata valutazione della natura dell’impossibilità di far valere il diritto; mancata considerazione della reale ed effettiva decorrenza dei termini prescrizionali».
La Corte distrettuale, a parere dei ricorrenti, aveva applicato in maniera distorta e parziale la norma di cui all’art. 2935 c.c., non accorgendosi che, in epoca antecedente rispetto all ‘adozione della delibera n. 1597 dell’11.10.2017, i ricorrenti non avevano possibilità di contestare l ‘esattezza dell’ammontare della retribuzione di posizione variabile aziendale e di risultato percepita in busta paga.
1.1 Il motivo è infondato.
È evidente che l’impedimento in questione è di natura fattuale e non giuridica: non si può ritenere che gli ostacoli all’azione giudiziaria fossero prima della delibera n. 1597 dell’11.10.2017 -insormontabili e non rimuovibili in sede di contenzioso giudiziario; contrariamente a quanto opinano i ricorrenti, non è affatto vero che «le disposizioni della contrattazione collettiva vigente in modo inequivoco riservano all’azienda datrice di lavoro l’elaborazione dei criteri e dei parametri per addivenire a determinare la consistenza della variabile aziendale da versare a ciascun dirigente», avendo questa Corte più volte precisato che «La composizione del Fondo è atto unilaterale dell’Amministrazione, che tuttavia non è libera di decidere tipologia ed entità delle risorse da destinare al finanziamento dei trattamenti accessori, ma deve disporre in conformità al CCNL e alle previsioni legislative di finanza pubblica, mentre è oggetto di accordo sindacale l’utilizzazione delle risorse che vengono a comporre il Fondo» (Cass., Sez. L, n. 25161/2015; cui adde da ultimo Cass., Sez. L, n. 19948/2024 che, sia pure nel diverso ambito dell’Area della
dirigenza medica e veterinaria, ha ritenuto ad esempio illegittima, e come tale da disapplicare, la delibera dell’azienda sanitaria locale che abbia unificato i fondi della dirigenza medica e veterinaria sia nel momento costitutivo che della ripartizione, «andando ad alterare i concreti meccanismi di riparto della retribuzione di risultato, la cui determinazione è rimessa dal legislatore all’esclusivo appannaggio delle parti contrattuali», donde, per tal guisa, la rimessione di ogni valutazione al giudice del rinvio in ordine alla spettanza delle conseguenti differenze retributive).
Per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 3584/2012; Cass. n. 10828/2015; Cass. n. 22078/2018; Cass. n.21026/2014) la decorrenza della prescrizione risulta impedita solo da cause giuridiche che si frappongano all’esercizio del diritto, non già da ostacoli di mero fatto, come il ritardo indotto dalla necessità di accertamento del diritto medesimo; è stato altresì affermato (tra le tante Cass. n. 21495 del 07/11/2005) che l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l’esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione: non sono, dunque, ammissibili cause di interruzione e di sospensione della prescrizione fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e sono insuscettibili di applicazione
analogica e di interpretazione estensiva, in quanto il legislatore regola inderogabilmente le cause di sospensione, limitandole a quelle che consistono in veri e propri impedimenti di ordine giuridico, con esclusione degli impedimenti di mero fatto (Cass. nn. 340/1967; 1482/1971; 4191/1975).
Nel caso di specie, come ha correttamente sottolineato la sentenza impugnata, non ricorre alcun impedimento giuridico o causa di interruzione e/o di sospensione della prescrizione prevista della legge perché il disposto dell’art. 25, comma 2, CCNL sopra ricordato non contiene una simile previsione (Cass. n. 14193/2021).
Quanto ai richiami (v. p. 17 e ss. del ricorso per cassazione) alla giurisprudenza comunitaria secondo cui il diritto dell’Unione «osta a che un’autorità nazionale eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione se essa, con il suo comportamento, è stato all’origine della tardività del ricorso, privando il ricorrente della possibilità di far valere dinanzi ai giudici nazionali i diritti che gli spettano» (Corte Giust. 19.5.2011 in causa C-452/09 e altre), il motivo è inammissibile perché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, in risposta a tale obiezione, aveva osservato che «la giurisprudenza richiamata riguarda la diversa questione del ricorso tardivo proposto per la tutela di diritti conferiti da direttive o normative comunitarie non recepite o scorrettamente trasposte da uno Stato, senza considerare che, nella specie, nulla ostava a che gli odierni appellanti agissero per tempo dinanzi all’autorità giudiziaria onde ottenere la corretta rideterminazione della base di calcolo
(leggi fondo) utile per la liquidazione del l’emolumento variabile per cui è causa» (così testualmente a p. 11, 1° §, della sentenza);
Invero, ‘ l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura ‘ , non solo ‘ di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione ‘ , ma anche “di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che (il ricorrente) è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo ‘ (Cass. Sez. Un., sent. 28 ottobre 2020, n. 23745).
2. Con il secondo mezzo si deduce (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; omessa e comunque errata valutazione dei presupposti giuridici e contrattuali per l’erogazione della voce della retribuzione di posizione variabile aziendale e della retribuzione di risultato; presupposti per la determinazione della retribuzione di posizione variabile aziendale e della retribuzione di risultato nella esclusiva disponibilità dell’Azienda datrice di lavoro ; assenza di incidenza del singolo dipendente nel processo di determinazione dell’ammontare dell e anzidette voci del trattamento retributivo».
Secondo i ricorrenti la Corte di merito aveva omesso di tenere conto dell’elemento essenziale per il quale la determinazione della retribuzione di posizione variabile aziendale e di risultato dipende esclusivamente dalla consistenza dei Fondi aziendali specificatamente destinati a tale scopo.
2.1 Il motivo è inammissibile sotto plurimi profili.
La censura, là dove è formulata ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., non è conforme al testo dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, come novellato dell’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012, ed inoltre incontra l’ulteriore sbarramento della ‘doppia conforme’ ai sensi dell’art. 348 ter, comma 5, cod. proc. civ., norma introdotta dall’art. 54, comma 1, lett. a) del medesimo d.l. n. 83/2012 ed applicabile ai giudizi di appello instaurati, come nella specie, dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della medesima legge (Cass. n. 7478/2024).
Non è vero poi che il giudice d’appello non abbia tenuto conto del fatto che la retribuzione di posizione e di risultato sono di per sé ancorate alla consistenza dei fondi; anzi, nel sottolineare proprio tale essenziale aspetto, la Corte territoriale ha affermato che la pretesa alla corretta costituzione del fondo non era ostacolata dalla (erronea) condotta datoriale, la quale costituiva, semmai, il presupposto per esperire l’azione di esatto adempimento.
Con il terzo motivo si denuncia (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) «violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei
contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; erronea applicazione della norma di cui all’art. 1988 c.c. ; omessa considerazione del riconoscimento da parte dell’Azienda datrice di lavoro della sussistenza del debito contabile ed economico nei confronti dei ricorrenti a titolo di arretrati della retribuzione di posizione variabile aziendale e della retribuzione di risultato; erroneo riferimento a pronunce relative a contenzioso differente rispetto a quello che ci occupa».
Il giudice d ‘ appello aveva richiamato ‘ principi e considerazioni ‘ già sviluppate dal Tribunale in relazione a vicenda però differente rispetto a quella oggetto di causa che, invece, scaturiva dalla decisione (assunta nel 2017 da parte dell’Azienda datrice di lavoro) di ricostituire (accrescendoli) i fondi per la remunerazione della retribuzione di posizione variabile aziendale e di risultato sin dal 1996, limitando ingiustamente gli arretrati sulle voci della retribuzione in oggetto al solo arco temporale tra il 2010 ed il 2016 (decisione formalizzata nel contesto di una d eliberazione dell’ ente -la n. 1597 dell’11.10.2017 -in cui vi era inequivocabile riconoscimento del debito e rappresentava il fulcro delle contestazioni avanzate in giudizio).
3.1 Il motivo è inammissibile.
3.1.1 Lo è, in primis, perché della citata deliberazione del 2017 non sono riportati testualmente nemmeno passaggi salienti in violazione degli oneri di specificazione ex art. 366 n. 6 c.p.c.; la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che «il ricorrente per cassazione che intenda
dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte» (Cass. 12.12.2014 n. 26174 e negli stessi termini Cass. 28.9. 2016 n. 19048 e Cass. 7.6.2017 n. 14107).
3.1.2 Peraltro, il profilo del riconoscimento di debito ex art. 1988 c.c. – involgente un’indagine in fatto sul tenore testuale del documento – non risulta essere stato ritualmente introdotto dinanzi al giudice del merito, il quale non ha neppure ravvisato, nelle complesse trattative sindacali intervenute nel tempo, un profilo di ricognizione del debito, ancorché parziale, ed ha rimarcato significativamente che tale deduzione ‘non a caso mai è stata specificamente evidenziata in sede di gravame’ (p. 10 sentenza).
Nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o di nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (Cass., Sez. 1, n. 19164 del 13/09/2007); i motivi del ricorso per cassazione, infatti, devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già
comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo deducibili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass., Sez. 1, n. 7981 del 30/03/2007; Cass., Sez. 6-1, n. 17041 del 09/07/2013); qualora perciò con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata (ovvero questioni implicanti un accertamento di fatto o non trattato nella sentenza impugnata), il ricorrente, in osservanza del principio di specificità dei motivi ed a pena di inammissibilità, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche di riportare dettagliatamente in ricorso gli esatti termini in cui la questione sia stata posta da lui in primo e secondo grado e di indicare in quali atti del giudizio precedente lo abbia fatto (Cass., Sez. 3, n. 9765 del 10/05/2005; Cass., Sez. 1, n. 23675 del 18/10/2013); non avendo i ricorrenti indicato se e in quali termini abbiano dedotto la questione nel giudizio di merito, il motivo risulta inammissibile anche per la sua novità.
3.1.3 In ogni caso, va aggiunto che sono gli stessi ricorrenti ad intendere la delibera in parola come riferita ai soli conguagli dovuti per le annualità successive a quelle in contesa (v. p. 35 del ricorso per cassazione dove si legge: «Per altro ribadito come, con la richiamata deliberazione n. 1597 dell’11.10.2017, l’azienda disponesse di procedere al versamento in favore del proprio personale dipendente dei conguagli retributivi correlati alla predetta operazione di rideterminazione dell’ammontare
dei fondi esclusivamente in riferimento al periodo 2010 e 2016 invocando una fantomatica e non meglio comprensibile prescrizione per i crediti riferiti agli anni precedenti»).
3.1.4 E’ consolidato l’orientamento secondo cui il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere la prescrizione, se non deve necessariamente concretarsi in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all’intento pratico di riconoscere il credito, potendo essere tacito e rinvenibile in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore, deve nondimeno essere inequivoco, sicché il pagamento parziale, ove non accompagnato dalla precisazione della sua effettuazione in acconto – o, il che è lo stesso, il riconoscimento della debenza di alcune somme a titolo di conguaglio relative a specifiche annualità, con eccezione di prescrizione sulle annualità pregresse – non può valere come riconoscimento del debito nella sua interezza (Cass. n. 14193/2021 cit.; Cass. n. 7820/2017).
Con il quarto mezzo si deduce (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) «violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro; irragionevolezza della posizione relativa alla subordinazione della possibilità di ottenere le differenze vantate ad atti unilaterali di matrice aziendale; mancato rilievo del dato riferito alla assenza di discrezionalità in capo all’Azienda datrice di lavoro per quanto concerne l’attribuzione di dipendenti della retribuzione di posizione variabile aziendale e della retribuzione di risultato».
Il giudice d ‘a ppello aveva ritenuto che l’insorgere del diritto dei ricorrenti all’ottenimento di differenze retributive fosse subordinato all’adozione di atti unilaterali da parte dell’Azienda datrice di lavoro, non tenendo in alcuna considerazione il dato concernente la totale assenza di discrezionalità in capo all’Azienda in tema di riconoscimento della voci economiche della retribuzione di posizione (variabile aziendale) e di risultato (dovendosi procedere ad una mera applicazione delle disposizioni di cui alla disciplina contrattuale di settore).
4.1 Il motivo è inammissibile perché non coglie il decisum che riposa, piuttosto, proprio sull’assenza di discrezionalità e sulla natura vincolata dell’attività dell’Azienda nella determinazione della esatta consistenza dei fondi, il che implica, a valle, la possibilità per i lavoratori di esperire anno per anno in via giudiziale, (beninteso) entro il termine di prescrizione del diritto, un intervento finalizzato a logica correttiva e perequativa.
Il motivo si appalesa, oltretutto, contraddittorio rispetto alle doglianze articolate nella prima censura volte ad accreditare, viceversa, una discrezionalità datoriale nella determinazione del fondo («Il diritto di un dirigente a richiedere il versamento degli arretrati a titolo di retribuzione variabili aziendale e di retribuzione di risultato viene a maturare compiutamente soltanto nel momento in cui viene a essere rideterminato l’ammontare quantitativo di fonti aziendali destinati a remunerare le anzidette voci retributive con ciò appunto facendo cadere ogni impedimento giuridico discendente dalle
previsioni del CCNL di settore in materia di competenza esclusiva dell’Azienda per quanto concerne i criteri e meccanismi di determinazione delle testé menzionate componenti della retribuzione», così pp.15-16 ricorso per cassazione), discrezionalità cui si riconnetteva, nella prima censura, la genesi del diritto con conseguente dies a quo della prescrizione dall’11.10.2017 ( i.e., data della delibera n. 1597/17 cit.).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con spese del giudizio di legittimità (liquidate in dispositivo) a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in €. 7.000,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma-1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 21 maggio