Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28953 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28953 Anno 2025
Presidente: TRICOMI IRENE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 223-2025 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 416/2024 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/07/2024 R.G.N. 639/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
RETRIBUZIONE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.223/2025 Cron. Rep. Ud 16/10/2025 CC
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FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 1^ luglio 2024, la Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione resa dal Tribunale di Padova e accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità della resti tuzione forzosa disposta dall’Istituto a carico dell’istante, a partire dal mese di marzo 2019, relativamente all’importo versato in eccedenza a titolo di assegno ad personam percepito dall’istante in ragione del superiore trattamento retributivo goduto pr esso l’ente di provenienza all’atto del passaggio all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per non aver l’Istituto stesso dato corso al totale assorbimento del medesimo assegno a seguito degli incrementi stipendiali riconosciuti ottenuti quale dipendente RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per effetto del rinnovo del CCNL di comparto per il quadriennio 2006/2009, risultando il relativo credito prescritto.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto essere decorso al marzo 2019, allorché l’Istituto avviava il recupero dell’indebito il termine decennale di prescrizione per essere la sospensione della procedura di recupero di cui a ll’accordo sindacale dell’ottobre 2007 limitata ad un anno e, pertanto, all’ottobre 2008, allorché, in difetto di altra intesa rilevante ai fini della sospensione della prescrizione questa tornava a decorrere e veniva a compiersi nell’ottobre del 2018 per doversi riconoscere valore interruttivo alla sola richiesta di pagamento avanzata nel marzo 2019, non potendo interpretarsi il silenzio dell’istante a fronte della prosecuzione del pagamento dell’assegno nei mesi successivi all’accordo di sospensione della procedura di recupero scaduto nell’ottobre 2008, ovvero dal novembre 2008 al febbraio 2009, come
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acquiescenza dell’istante ad una ulteriore sospensione della procedura medesima.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, assistito da memoria, cui resiste, con controricorso, la COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. c.c., anche con riferimento al verbale d’intesa 11.10.2007 RAGIONE_SOCIALE/OO.SS. nonché 38 e 39 CCNL 2006/2009 e CCNL 2016/2018 e 2033, 2935, 2944 e 2946 c.c. in relazione alla violazione dei principi di cui all’art. 111, comma 7, Cost. letto alla luce dell’art. 6 CEDU, imputa alla Corte territoriale l’aver erroneamente dato rilievo assorbente al contenuto dell’accordo sindacale dell’ottobre 20007 qua ndo lo stesso, come dimostrato dalle buste paga dei mesi dal novembre 2008 al febbraio 2009, doveva riguardarsi come espressiva di un’intesa di fatto volta ad autorizzare, con riferimento alla definizione in sede negoziale del riassorbimento dell’assegno, la proroga della sospensione della procedura relativa impeditiva del decorso della prescrizione.
Il motivo si rivela inammissibile alla luce dei rilievi già espressi da questa Corte (cfr. Cass. n. 3636/2023, n. 9828/2024) e qui richiamati, avendo la Corte territoriale partitamente vagliato ciascuna delle circostanze di cui l’Istituto ricorrente si duole con il ricorso.
Né vale invocare un’interpretazione sistematica dell’accordo sindacale 11.10.2007 al fine di intendere il termine di un anno, ivi previsto, come termine mobile procrastinabile ad libitum fino al momento dell’intesa sindacale nazionale (poi sfumata con il CCNL 20.6.2018) sul tema della mobilità inter-enti. Secondo il
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consolidato orientamento di questa Corte l’interpretazione dei contratti e degli atti negoziali in genere, in quanto accertamento della comune volontà delle parti in esse espressa, costituisce attività propria ed esclusiva del giudice del merito, dovendo il sindacato in proposito riservato al giudice di legittimità limitarsi alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (nonché, secondo la giurisprudenza anteriore alla modifica dell’art. 360, n. 5, c.p.c., alla coerenza e logicità della motivazione: censura nella specie neppure proposta , avendo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, come sopra rilevato, denunciato soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale), dovendo, pertanto, escludersi che il ricorrente in cassazione possa di fatto, sotto le spoglie di una denuncia per violazione di legge (artt. 1362 e ss. c.c.), contrapporre una diversa e più favorevole soluzione ermeneutica e chiedere al giudice di legittimità di procedere ad una nuova interpretazione dell’atto negoziale (cfr. Cass. S.U. 1914/2016); pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati e dei principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (cfr. Cass. n. 10554/2010 e Cass. n. 25728/2013).
Si è, infine, ulteriormente precisato che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice del merito a un contratto non deve essere l’unica possibile o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili
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interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che ha proposto quella poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’alt ra (cfr. Cass, n. 23982/2022, Cass. n. 5016/2014, Cass. n. 25861/2013, Cass24539/2009).
L’interpretazione fornita dalla Corte territoriale è nella specie sicuramente aderente al dato letterale e pienamente coerente con la ratio dell’accordo sindacale che voleva consentire, entro lo spatium deliberandi annuale, di pervenire ad un accordo sul riassorbimento, la cui mancata sottoscrizione avrebbe consentito l’azione di recupero, poi inspiegabilmente dilatatasi nei tempi per autonomo opinamento dell’RAGIONE_SOCIALE; quest’ultimo, poi, non può neppure sollecitare in sede di legittimità una valutazione del comportamento concludente teuto dalle parti, perché la critica, così, articolata, impinge chiaramente nel merito.
In definitiva, nel complesso, parte ricorrente rivolge critiche le quali postulano una rivalutazione dei fatti di causa, così come accertati nel giudizio di merito, imponendosi così la conferma del costante orientamento di questa Corte che reputa ‘… inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice del merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (cfr., ex plurimis , Cass. n. 18721/2018 e Cass. n. 8758/2017). Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.800,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale della Sezione Lavoro del 16.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME