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Prescrizione reato e risarcimento: no indennizzo

Un cittadino ha richiesto un risarcimento per l’eccessiva durata di un processo penale conclusosi con la prescrizione del reato. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, stabilendo che la legge presume l’assenza di un danno in questi casi, dato che l’imputato beneficia dell’estinzione del reato. Il ricorrente non ha fornito prove concrete per superare tale presunzione legale.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione del reato e indennizzo: quando il tempo non risarcisce

L’irragionevole durata dei processi è una problematica nota nel sistema giudiziario italiano, che può causare notevoli disagi ai cittadini coinvolti. La Legge n. 89/2001, nota come “Legge Pinto”, prevede un indennizzo per chi subisce un danno a causa di un processo troppo lungo. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo diritto, in particolare quando il processo penale si conclude per prescrizione del reato. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

Il caso: un processo penale troppo lungo e la richiesta di risarcimento

Un cittadino, dopo essere stato sottoposto a un lungo procedimento penale, si vedeva dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Ritenendo di aver subito un danno non patrimoniale a causa della durata eccessiva del giudizio, decideva di agire in giudizio contro il Ministero della Giustizia per ottenere il risarcimento previsto dalla Legge Pinto. La sua domanda, però, veniva rigettata sia dalla Corte d’Appello che, successivamente, dalla Corte di Cassazione.

La presunzione legale in caso di prescrizione del reato

Il fulcro della questione risiede nell’articolo 2, comma 2 sexies, della Legge n. 89/2001. Questa norma introduce una presunzione specifica: nel caso in cui un processo penale si concluda con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, si presume che l’imputato non abbia subito un pregiudizio. Il legislatore parte dal presupposto che, se da un lato la lungaggine processuale è un male, dall’altro l’imputato trae un vantaggio significativo dall’estinzione del reato, sottraendosi a una possibile condanna e all’applicazione di una pena.

È fondamentale sottolineare che si tratta di una presunzione relativa (e non assoluta). Ciò significa che l’imputato può comunque ottenere il risarcimento, ma ha l’onere di fornire la prova contraria: deve dimostrare in modo concreto di aver subito un danno reale ed effettivo, nonostante l’esito per lui favorevole del processo penale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha ribadito la corretta applicazione della norma da parte della Corte d’Appello. I giudici hanno evidenziato come il ricorrente non avesse fornito alcun elemento concreto per dimostrare l’esistenza di un pregiudizio, né patrimoniale né non patrimoniale, derivante dall’eccessiva durata del giudizio. Non è sufficiente lamentare genericamente il disagio, ma è necessario allegare e provare fatti specifici che attestino un danno effettivo, capace di superare il vantaggio ottenuto con la prescrizione.

La Corte ha inoltre precisato che è irrilevante la circostanza che la prescrizione sia maturata a seguito di una derubricazione del reato (cioè una sua riqualificazione in un’ipotesi meno grave). L’imputato, infatti, aveva sempre la possibilità di rinunciare alla prescrizione per chiedere una pronuncia di piena assoluzione nel merito, dimostrando così la propria innocenza.

le conclusioni

La decisione della Cassazione conferma un principio importante: l’estinzione del processo per prescrizione del reato crea un ostacolo significativo alla richiesta di indennizzo per irragionevole durata. L’imputato che si giova di questo esito non può automaticamente pretendere un risarcimento, ma deve superare una presunzione di insussistenza del danno. Per farlo, è necessario fornire in giudizio la prova rigorosa di un pregiudizio concreto e tangibile che sia diretta conseguenza della lentezza della giustizia, un onere probatorio che, come dimostra questo caso, può essere molto difficile da assolvere.

Si ha diritto al risarcimento per l’irragionevole durata di un processo se il reato si estingue per prescrizione?
Generalmente no. La legge presume che non vi sia un pregiudizio risarcibile, poiché l’imputato trae un vantaggio dall’estinzione del reato. Tuttavia, questa è una presunzione relativa e l’interessato può ottenere un risarcimento se riesce a fornire la prova contraria di un danno reale ed effettivo.

Cosa deve fare un imputato per superare la presunzione di insussistenza del danno in caso di prescrizione del reato?
L’imputato deve allegare e provare l’esistenza di un pregiudizio concreto, reale ed effettivo, sia patrimoniale che non, derivante specificamente dalla durata eccessiva del processo, nonostante l’esito favorevole della prescrizione.

La reclassificazione del reato (derubricazione) che ha portato alla prescrizione cambia la situazione?
No. Secondo la Corte, è irrilevante che la prescrizione sia maturata a seguito di una derubricazione. L’imputato avrebbe comunque potuto rinunciare alla prescrizione per cercare di ottenere una piena assoluzione nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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