Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33002 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 33002 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25284/2022 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE, avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende con procura speciale;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;
-intimato- avverso il DECRETO di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 640/2022 depositata il 21/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere COGNOME
Rilevato che:
-la Corte d’appello di Catanzaro, con decreto del 21.9.2022, ha rigettato la domanda di COGNOME COGNOME con la quale aveva chiesto il
risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi della legge n.89 del 2001, derivante dall’irragionevole durata di un processo penale che era stato definito con sentenza di non doversi procedere per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione;
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello sulla base di un unico motivo;
il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva;
il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
Ritenuto che:
-con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 sexies della legge n.89 del 2001, dell’art. 2 della legge n. 134 del 2012, artt. 2 e 6 del Protocollo 1 della CEDU, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. , oltre all’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio. Il ricorrente sostiene che la propria condotta processuale non era stata connotata da intenti dilatori e che la prescrizione era maturata in ragione della derubricazione del reato originariamente contestato, che prevedeva termine di prescrizione più lungo. La Corte d’appello non avrebbe considerato, che dall’irragionevole durata del giudizio e dal sequestro dei numerosi apparecchi elettronici era derivato un danno di rilevante entità.
Il motivo è infondato.
L ‘art. 2, comma 2 sexies, lett. a) della legge n.89 del 2001, nella parte in cui prevede la presunzione di insussistenza del pregiudizio per il caso di proscioglimento dell’imputato per prescrizione del reato pone a carico dell’imputato una presunzione relativa di insussistenza del danno, fondandola sulla considerazione che se, da un lato, il protrarsi del procedimento oltre un tempo ragionevole provoca un danno al soggetto che ne è parte, dall’altro egli trae vantaggio dal protrarsi del
giudizio, perché così si sottrae alla condanna e all’applicazione della pena grazie alla prescrizione del reato, ai cui effetti potrebbe comunque rinunciare, togliendo così rilievo al fatto su cui si basa la presunzione (Cass., sez. II, 04/05/2022 n.14140).
La norma citata non ha introdotto, quindi, una causa assoluta di insussistenza del presupposto dell’irragionevole durata del processo penale in caso di sopravvenuta dichiarazione di estinzione del reato, ma solo relativa, essendo fatta salva la prova contraria circa l’esistenza di un reale ed effettivo pregiudizio subito dal ricorrente, nonostante l’intervenuta prescrizione del reato.
N el caso di specie, la Corte d’appello, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che parte ricorrente non avesse allegato a ll’originaria istanza e nemmeno nel corso del giudizio di merito, alcun elemento concreto da cui inferire la ricorrenza del pregiudizio derivante dall’irragionevole durata del giudizio presupposto, nemmeno sotto il profilo del danno patrimoniale.
A nulla rileva che il reato sia stato dichiarato estinto per prescrizione a seguito di derubricazione del reato originariamente contestato, in quanto il ricorrente ben poteva rinunciare alla prescrizione o impugnare la sentenza per ottenere una pronuncia assolutoria.
La Corte di merito ha fatto, pertanto, una corretta applicazione dell’art. 2, comma 2 sexies della legge n.89 del 2001 sotto il profilo dell’accertamento dell’assenza della prova contraria circa l’esistenza di un reale ed effettivo pregiudizio subito dalla ricorrente, nonostante l’intervenuta prescrizione del reato.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese poichè il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione