Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27184 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27184 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4070-2021 proposto da:
ENTE STRUMENTALE ALLA RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 15/01/2021 R.G.N. 9751/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto
PUBBLICO
IMPIEGO
MANSIONI
SUPERIORI
PRESCRIZIONE
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/07/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione coatta amministrativa, ha impugnato il decreto del Tribunale Fallimentare di Roma reso all’esito dell’opposizione allo stato passivo ex art. 98, comma 2, L. Fall. con il quale è stata parzialmen te accolta l’opposizione del COGNOME con ammissione al passivo per l’importo di € 33.943,52, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.
Il Tribunale ha ritenuto provato lo svolgimento di mansioni superiori di autista soccorritore dall’agosto 2003 al dicembre 2016, quantificando le differenze retributive nei termini sopra indicati, escludendo, invece, il diritto al pagamento del trattamento di fine rapporto per essere il COGNOME transitato per mobilità alle dipendenze di altra amministrazione, senza soluzione di continuità. Il Tribunale ha, inoltre, rigettato l’eccezione di prescrizione, atteso che fra le parti erano intercorsi rapporti a tempo determinato non assistiti da stabilità e solo nel novembre 2014 era stato stipulato contratto di assunzione a tempo indeterminato con effetto retroattivo, all’esito di giudizio avente ad oggetto il riconoscimento della stabilizzazione.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso il lavoratore, che ha poi depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 n. 4 c.c. come risultante a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 63/1966. Si assume che la pronuncia di incostituzionalità è stata circoscritta al solo
rapporto di lavoro alle dipendenze di privati, come chiarito dalle successive pronunce della stessa Corte, ed anche in caso di rapporto a tempo determinato il dies a quo della prescrizione in pendenza del rapporto medesimo decorre dal giorno dell’insorgenza del credito.
1.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte non può che aderire al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite (Sentenza n. 36197 del 28/12/2023) secondo cui la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato – sia nei rapporti a tempo indeterminato, sia in quelli a tempo determinato, e anche in caso successione di contratti a termine – decorre, per i crediti che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano RAGIONE_SOCIALE cessazione, a partire da tale data, perché non è configurabile un “metus” del cittadino verso la pubblica amministrazione e poiché, nei rapporti a tempo determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un’apprensione che costituisce una mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica.
Dal principio di diritto enunciato la sezione ordinaria non si può discostare, ai sensi dell’art. 374, comma 3, c.p.c. che ammette solo, in caso di eventuale non condivisione della pronuncia, una nuova rimessione alle stesse Sezioni Unite, della quale nella fattispecie difettano i presupposti, sia perché gli argomenti sviluppati nella memoria sono già stati esaminati e disattesi dal Giudice della nomofilachia nella sua massima espressione, sia in quanto la pronuncia è pienamente coerente con la giurisprudenza costituzionale.
Infatti, come già evidenziato da Cass. n.33578/2024, l’ inapplicabilità ai datori di lavoro pubblici della sentenza
additiva del 1966 è stata confermata da Corte Cost. n. 115/1975 che, pur pronunciando in fattispecie nella quale veniva in rilievo un rapporto di lavoro intercorso con ente pubblico economico, come tale assoggettato RAGIONE_SOCIALE disciplina civilistica ex art. 2093 cod. civ., ha ribadito che la pronuncia di incostituzionalità doveva restare circoscritta al lavoro alle dipendenze di privati e che la stessa « non si estende ai rapporti d’impiego sia dei dipendenti dello Stato, sia dei dipendenti di altri enti pubblici, anche di carattere economico. Infatti l’assimilazione del rapporto di lavoro con questi ultimi enti a quello di diritto privato è possibile solo al fine di identificare il giudice munito di potere giurisdizionale per dirimere le relative controversie, ma non vale a mutare il carattere pubblicistico di tale rapporto e le connesse garanzie di stabilità assicurate, nella regolamentazione organica o nella disciplina collettiva, dRAGIONE_SOCIALE fine del rapporto soltanto per cause precise e determinate ». Le pronunce della Corte Costituzionale, dunque, seppure rese in un contesto in cui il rapporto di impiego alle dipendenze dello Stato e degli enti pubblici non era ‘contrattualizzato’, hanno escluso che il metus che nell’impiego privato può derivare dall’essere il lavoratore esposto al licenziamento senza adeguate garanzie di ripristino del rapporto, possa essere ravvisato anche per il lavoro alle dipendenze di enti pubblici, non solo perché quel rapporto, se a tempo indeterminato, è caratterizzato da una ‘particolare forza di resistenza’ ma anche, con specifico riferimento ai rapporti temporanei e precari, perché nell’ordinamento del pubblico impiego, « le assunzioni temporanee (che, in linea di principio, sono escluse) hanno carattere precario, e la rinnovazione del relativo rapporto non presenta carattere di normalità. La non rinnovazione costituisce, invece, un evento inerente RAGIONE_SOCIALE natura del rapporto
stesso. La previsione di essa non pone, pertanto, il lavoratore in una situazione di timore di un evento incerto, al quale egli sia esposto durante il rapporto, qual è il licenziamento nel rapporto di lavoro di diritto privato .» (Corte Cost. n. 143/1969);
Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 22, comma 36, della legge n. 724/1994 e 16, comma 6, della legge n. 412/1991. Si addebita al Tribunale di avere violato le disposizioni citate che escludono per il rapporto di impiego pubblico il cumulo fra rivalutazione monetaria e interessi.
2.1 Il motivo è fondato.
Il divieto di cumulo si applica ad ogni credito scaturente dal rapporto di impiego.
Al riguardo di recente si è affermato il principio, che va qui ribadito, secondo cui il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi, previsto dall’art. 22, comma 36, della l. n. 724 del 1994, per gli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale spettanti ai dipendenti pubblici in attività di servizio o in quiescenza, si applica anche ai crediti risarcitori (nella specie, derivanti da omissione contributiva), trattandosi di una regola limitativa della previsione generale dell’art. 429, comma 3, c.p.c., che, nell’utilizzare la più ampia locuzione “crediti di lavoro”, ha inteso riferirsi a tutti i crediti connessi al rapporto di lavoro e non soltanto a quelli strettamente retributivi. (Cass. Sez. L -, Sentenza n. 13624 del 02/07/2020).
In applicazione del suddetto principio si ritiene che il decreto impugnato abbia erroneamente ammesso allo stato passivo il credito derivante dal cumulo di rivalutazione monetaria e interessi.
In conclusione, il ricorso va accolto con rinvio al Tribunale di Roma in diversa composizione anche riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Roma in diversa composizione, al quale demanda di provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione Così deciso in Roma il 4 luglio 2025 nella camera di consiglio della IV sezione della Corte di cassazione.
La Presidente NOME COGNOME