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Prescrizione presuntiva e compensi professionali

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso di un avvocato che chiedeva il pagamento dei suoi compensi a un’ex cliente. La Corte ha confermato la validità dell’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dalla cliente, chiarendo che tale istituto si basa su una presunzione legale di avvenuto pagamento dopo un certo periodo. È stato stabilito che la mancata contestazione esplicita del debito non equivale a un’ammissione che impedisce l’applicazione della prescrizione, poiché il silenzio della parte debitrice è compatibile con la presunzione di estinzione del rapporto.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione presuntiva per compensi professionali: la Cassazione fa il punto

La prescrizione presuntiva è un istituto che spesso genera contenziosi, specialmente quando si tratta di crediti professionali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti, confermando la solidità di questo meccanismo di difesa e definendone i contorni applicativi. Il caso riguardava la richiesta di pagamento di un avvocato nei confronti di una sua ex cliente, la quale si è difesa eccependo l’avvenuta prescrizione triennale del credito.

I fatti del caso: la richiesta di compenso e l’opposizione del cliente

Un avvocato citava in giudizio una sua ex cliente per ottenere il pagamento di compensi relativi a prestazioni giudiziali in materia civile. Inizialmente, la domanda includeva anche prestazioni in materia penale, ma il giudice aveva disposto la separazione delle cause. La cliente, costituitasi in giudizio, si difendeva eccependo la prescrizione presuntiva del credito ai sensi dell’art. 2956 c.c., sostenendo che era decorso il termine di tre anni dall’erogazione delle prestazioni.

Il Tribunale di primo grado accoglieva l’eccezione della cliente e rigettava la domanda del professionista. Secondo il giudice, il termine triennale era effettivamente trascorso e le argomentazioni del legale, volte a contestare la compatibilità dell’istituto con le norme sovranazionali e a sostenere che la non contestazione del debito ne impedisse l’applicazione, non erano fondate.

L’analisi della Corte sulla prescrizione presuntiva

L’avvocato proponeva ricorso in Cassazione, articolando sette motivi di doglianza. La Suprema Corte ha esaminato e rigettato ogni singolo motivo, confermando la decisione del Tribunale e fornendo un’analisi dettagliata dei principi che regolano la prescrizione presuntiva.

Non contestazione del debito vs. Presunzione di pagamento

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava il rapporto tra il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) e l’ammissione che impedisce la prescrizione (art. 2959 c.c.). L’avvocato sosteneva che la mancata contestazione dell’inadempimento da parte della cliente dovesse essere interpretata come un’ammissione implicita del mancato pagamento, ostativa all’eccezione di prescrizione.

La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che l’ammissione richiesta dall’art. 2959 c.c. non può risiedere nella “nuda non contestazione”. L’istituto della prescrizione presuntiva si fonda proprio su una presunzione legale di avvenuto pagamento. Il silenzio del debitore sull’esistenza (an) e sull’ammontare (quantum) del debito è la circostanza che legittima la proposizione dell’eccezione. In altre parole, il debitore non è tenuto a negare attivamente il debito; può semplicemente invocare il decorso del tempo, che la legge presume sufficiente a considerare estinta l’obbligazione.

La formulazione dell’eccezione di prescrizione

Il ricorrente lamentava anche la genericità dell’eccezione sollevata dalla cliente, che non avrebbe specificato il dies a quo (il giorno di inizio) della prescrizione. Anche su questo punto, la Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato: per la validità dell’eccezione, è sufficiente che la parte alleghi il fatto costitutivo, ovvero l’inerzia del titolare del diritto protratta per il tempo previsto dalla legge. Non è necessaria l’indicazione precisa del termine iniziale o finale, trattandosi di una questione di diritto che il giudice può qualificare autonomamente.

Compatibilità con le norme europee e costituzionali

Infine, l’avvocato contestava la compatibilità della disciplina della prescrizione presuntiva con le norme costituzionali e sovranazionali. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile, ricordando che la Corte Costituzionale ha già da tempo confermato la legittimità dell’istituto. Le differenze con gli ordinamenti di altri Stati membri dell’UE rientrano nella discrezionalità dei singoli legislatori nazionali e non implicano una violazione del diritto unionale.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base della natura stessa della prescrizione presuntiva. Questo istituto non estingue il diritto di credito, ma crea una presunzione legale di pagamento. Si fonda sull’idea che per certi tipi di rapporti, come quelli professionali, il pagamento avviene solitamente in tempi brevi e senza il rilascio di una quietanza formale. Pertanto, il decorso di un determinato periodo (tre anni per i professionisti) fa presumere che il debito sia stato saldato.

Questa presunzione può essere superata solo in due modi: attraverso la confessione del debitore che ammette di non aver pagato, oppure deferendo al debitore il giuramento decisorio. La semplice non contestazione, come chiarito dalla Corte, non integra la confessione richiesta dalla legge. Le deduzioni con cui il debitore assume che il debito sia stato pagato, anche se generiche, sono compatibili con la presunzione e non la indeboliscono.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che l’eccezione della cliente era stata correttamente formulata e accolta dal giudice di merito, poiché il silenzio sul mancato pagamento è proprio il presupposto su cui si fonda la presunzione legale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per professionisti e clienti

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: i professionisti devono agire tempestivamente per il recupero dei loro crediti. Attendere oltre il termine triennale dalla conclusione della prestazione espone al rischio concreto che il cliente possa validamente eccepire la prescrizione presuntiva.

Per i professionisti, la lezione è chiara: è cruciale monitorare attentamente i termini di pagamento e, in caso di inadempimento, attivarsi senza indugio per interrompere la prescrizione, ad esempio tramite un sollecito formale. Per i clienti, questa sentenza conferma che la prescrizione presuntiva è uno strumento di difesa forte, che non viene vanificato dalla semplice assenza di una contestazione esplicita sul mancato pagamento.

La semplice non contestazione del debito da parte del cliente è sufficiente a superare l’eccezione di prescrizione presuntiva?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la mancata contestazione dell’inadempimento non costituisce un’ammissione del mancato pagamento e non impedisce di sollevare validamente l’eccezione, poiché l’istituto si fonda proprio sulla presunzione che il decorso del tempo implichi l’avvenuto pagamento.

Come deve essere formulata l’eccezione di prescrizione presuntiva per essere considerata valida?
È sufficiente che la parte che la solleva alleghi il fatto costitutivo, cioè il decorso del termine previsto dalla legge (per esempio, tre anni per i compensi professionali). Non è necessario specificare in modo esatto il giorno iniziale (dies a quo) o finale del termine di prescrizione.

L’istituto della prescrizione presuntiva è in contrasto con le norme costituzionali o europee?
No. La Corte ha ribadito che la disciplina è pienamente compatibile con i principi costituzionali e che le differenze normative tra i vari ordinamenti europei rientrano nella discrezionalità legislativa di ogni Stato, non costituendo una violazione del diritto dell’Unione Europea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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