Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 683 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 683 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5994/2020 R.G. proposto da:
NICCOLÒ COGNOME , in proprio ex art. 86 c.p.c. ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME , elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME
-controricorrenti –
avverso l ‘ ORDINANZA del TRIBUNALE PALERMO n. 11696/2017 depositata il 18/12/2019.
Oggetto: Lavoro autonomo – Prestazione d’opera – Avvocato – Compensi – Prescrizione presuntiva
R.G.N. 5994/2020
Ud. 30/11/2023 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 18 dicembre 2019, il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso ex artt. 28, L. 794/1942 e 14, D. Lgs. 150/2011 proposto dall’avv. NOMECOGNOME nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorrente aveva adito il Tribunale riferendo di avere svolto attività professionale, dapprima in favore di NOME COGNOME e successivamente, deceduto quest’ultimo, in favore della moglie NOME COGNOME (poi anch’essa deceduta) e delle due convenute nell’ambito di una controversia per il recupero di un credito professionale.
Aveva quindi chiesto che il Tribunale provvedesse a liquidare diritti ed onorari e condannasse le convenuta al pagamento della somma così determinata, previa decurtazione degli acconti già ricevuti.
Si erano costituite le convenute le quali avevano eccepito l’applicabilità dell’art. 2956 c.c., dal momento che l’incarico era cessato nel 2010.
Il Tribunale di Palermo ha ritenuto fondata l’eccezione, rilevando preliminarmente che solo dopo circa sei anni dall’esaurimento dell’incarico professionale il ricorrente aveva formalizzato la richiesta di pagamento delle proprie spettanze.
Il Tribunale, poi, ha escluso che la comunicazione di posta elettronica con la quale, nel 2016, una delle convenute aveva riscontrato il sollecito del ricorrente potesse costituire riconoscimento della persistenza del debito, ritenendo che la stessa comunicazione esprimesse mera disponibilità a valutare la pretesa avanzata dal
professionista, senza costituire in alcun modo rinuncia alla prescrizione medesima.
Per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Palermo ricorre ora COGNOME.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Le parti hanno depositato entrambe memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2959 c.c.
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale di Palermo, argomentando che il tenore delle difese svolte dalle odierne controricorrenti al momento della loro costituzione in giudizio risultava del tutto incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione presuntiva, da ciò derivando che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto di poter applicare l’art. 2956 c.c.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha reiteratamente affermato il principio per cui in tema di prescrizioni presuntive, l’indagine sul contenuto delle dichiarazioni della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della mancata estinzione del debito agli effetti dell’articolo 2959 c.c., dà luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato sulle ragioni all’uopo adottate dal giudice del merito, in quanto confacenti e coerenti (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n.
18631 del 30/06/2021; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22118 del 16/10/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14909 del 22/10/2002).
Nel caso ora in esame, va osservato preliminarmente che il ricorrente concentra le proprie deduzioni sul contenuto delle difese delle controricorrenti in sede di giudizio, laddove la decisione del Tribunale si è invece soffermata sulla precedente risposta inviata in via stragiudiziale al sollecito scritto, senza che neppure emerga in modo netto se la tematica della valenza delle difese delle odierne controricorrenti abbia costituito tema di discussione nel giudizio che ha dato luogo alla decisione qui impugnata.
Al di là di tale rilievo preliminare, peraltro, risulta dirimente la constatazione che il Tribunale ha, nello specifico, proceduto ad un’ampia disanima del contenuto delle dichiarazioni delle odierne controricorrenti, pervenendo -con motivazione analitica, diffusa e coerente -alla conclusione per cui non era ravvisabile alcun atteggiamento delle controricorrenti medesime che potesse essere ritenuto, ex art. 2959 c.c., incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione presuntiva.
Tale giudizio -si ripete, congruamente motivato -costituisce apprezzamento di fatto che risulta incensurabile nella presente sede di legittimità, e peraltro -si osserva per completezza – risulta pienamente conforme ai principi, reiteratamente affermati da questa Corte, a mente dei quali:
la mancata contestazione dell’inadempimento del debito non costituisce ammissione indiretta o implicita della mancata estinzione dell’obbligazione, ostativa all’eccezione di prescrizione presuntiva, atteso che l’ammissione di cui all’art. 2959 c.c. -che comunque deve avvenire in giudizio (Cass. Sez. L, Sentenza n. 9509 del 12/06/2012; Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 14943 del 05/06/2008) – non può risiedere nella nuda non contestazione, non essendo ipotizzabile una sorta di prevalenza del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. sulla presunzione legale di pagamento sottesa all’istituto della prescrizione presuntiva (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11500 del 08/04/2022; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 29875 del 18/11/2019);
la dichiarazione dell’erede, convenuto in giudizio per il pagamento di un debito del defunto soggetto a prescrizione presuntiva, di non essere informato se il debito sia stato o meno estinto dal suo dante causa, implica ammissione dell’avvenuta costituzione del rapporto da cui è sorto il credito azionato ma non anche ammissione che l’obbligazione non è stata estinta e, pertanto, non importa il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva, fatta valere (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6940 del 23/03/2010; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6940 del 23/03/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1238 del 02/04/1977).
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause
originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 2.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 30 novembre