Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16539 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16539 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25687/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura su foglio separato allegato al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME ;
-intimato- per la cassazione della sentenza n. 290/2021 della CORTE d ‘ APPELLO di GENOVA, depositata il 26 luglio 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 24 aprile 1997, NOME COGNOME convenne NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Savona, deducendo che:
era erede universale per testamento pubblico di NOME COGNOME, deceduto l ‘ 11 novembre 1986;
-quest’ultimo , il DATA_NASCITA, aveva presentato denunciaquerela nei confronti del nipote NOME COGNOME, per sottrazione di danaro, libretti, titoli ed altri valori e si era, quindi, costituito parte civile nel procedimento penale iniziato a seguito di tale denuncia;
egli, dopo il decesso di NOME COGNOME, si era, a sua volta, costituito parte civile nell’ambito del medesimo procedimento, in data 10 novembre 1988;
in detto procedimento penale, a seguito di consulenza tecnica contabile, era stato accertato che NOME COGNOME, contitolare con NOME COGNOME di un conto corrente bancario, pur avendovi versato solo Lire 3.500.000, aveva prelevato Lire 294.045.643, così sottraendo al cointestatario la somma di Lire 290.545.643;
il procedimento penale a carico di NOME COGNOME si era concluso con decreto di archiviazione in data 11 febbraio 1997, con il quale era stata dichiarata l’intervenuta prescrizione del reato;
il Tribunale di Savona, con provvedimento del 27 marzo 1997, aveva accolto il ricorso da lui presentato in data 1° marzo 1997, per il sequestro conservativo sui beni di NOME COGNOME sino a concorrenza di Lire 400.000.000.
Sulla base di queste deduzioni, NOME COGNOME domandò che NOME COGNOME fosse condannato alla restituzione della somma di Lire 290.545.643, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
Si costituì in giudizio il convenuto, il quale, oltre a resistere nel merito alla domanda, eccepì preliminarmente, tra l’altro, la prescrizione del diritto azionato dall’attore.
Con sentenza 22 dicembre 2004, n. 1398, il Tribunale di Savona accolse la domanda e condannò NOME COGNOME a corrispondere ad NOME COGNOME la somma di Euro 150.054,30 (pari a Lire 290.545.643), nonché a rifondere le spese processuali.
Il primo giudice rilevò, in particolare, che era infondata l’eccezione di prescrizione, essendo pacifico in giurisprudenza che la costituzione di parte civile -avvenuta, nella fattispecie, il 10 novembre 1988 -produceva un effetto interruttivo permanente del termine di prescrizione, che cominciava nuovamente a decorrere dalla data del provvedimento con il quale il giudice penale aveva dichiarato l’estinzione del reato.
Avverso questa pronuncia propose appello NOME COGNOME dinanzi alla Corte d’appello di Genova, la quale, con sentenza 11 dicembre 2009, n.1266, in accoglimento del gravame ed in totale riforma della pronuncia gravata, rigettò la domanda proposta da NOME COGNOME per intervenuta prescrizione del diritto, compensando integralmente tra le parti le spese processuali di entrambi i gradi.
La Corte d ‘ appello osservò, tra l’altro, che, nel caso in esame, l’azione promossa era qualificabile come azione restitutoria, non già risarcitoria, sicché non soggiaceva al termine di prescrizione ‘ breve ‘ di cui all’art. 2947 cod. civ., restando soggetta a quello ordinario decennale; nondimeno, avuto riguardo alla circostanza che i fatti di sottrazione erano stati posti in essere sino al 22 febbraio 1984 (data di estinzione del conto cointestato), l’azione civile esercitata con citazione del 24 aprile 1997 non era tempestiva , poiché per l’azione restitutoria
non operava l’effetto interruttivo conseguente alla costituzione di parte civile, diretta ad ottenere il risarcimento dei danni.
4. Il ricorso per la cassazione della pronuncia d’appello , proposto da NOME COGNOME, fu accolto (limitatamente al secondo motivo) da questa Corte di legittimità, la quale, con sentenza 22 ottobre 2015, n.22100, osservò che il giudice territoriale -nell’escludere l’idoneità della costituzione di parte civile del 10 novembre 1988 ad interrompere sino alla data del decreto di archiviazione del procedimento penale (11 febbraio 1997) la prescrizione del diritto restitutorio di cui era stata invocata la tutela in sede civile con la citazione del 24 aprile 1997, sul presupposto che esso effetto si producesse solo in relazione al diritto risarcitorio -si era discostata dal principio secondo cui, in caso di costituzione di parte civile in un procedimento penale (nella specie, per appropriazione indebita), poi definito per prescrizione del reato, nel successivo giudizio promosso in sede civile per la restituzione delle somme illegittimamente prelevate la pregressa costituzione ha valore interruttivo della prescrizione in quanto, ai sensi dell’art. 185 cod. pen., ogni reato obbliga, oltre che al risarcimento, alle restituzioni, sicché l’esperimento dell ‘ azione civile nel processo penale è di per sé idonea ad identificare il petitu m della domanda, senza che occorrano ulteriori enunciazioni formali rispetto a quella del legame eziologico che collega la pretesa stessa al fatto-reato (fu richiamata, in proposito, la precedente pronuncia di questa Corte n. 17226 del 2014).
La Corte di Genova, pertanto, aveva errato a non considerare che la costituzione di parte civile da parte di NOME COGNOME nel procedimento penale, in virtù della connessione con il reato di appropriazione indebita, era idonea ad interrompere la prescrizione
delle azioni di restituzione o di risarcimento del danno che l ‘ art. 185 cod. pen. lega alla commissione del fatto reato.
Cassata la sentenza d’appello e rinviata la causa ad altra Sezione della Corte territoriale di Genova, quest’ultima, con sentenza 9 marzo 2021, n. 290, in applicazione del principio di diritto sancito da questa Corte di legittimità, ha rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata da NOME COGNOME e ha integralmente confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Savona, condannando l’ originario convenuto alle spese degli ulteriori gradi del giudizio.
Il giudice del rinvio ha deciso, per quanto ancora interessa, sulla base dei seguenti rilievi:
anzitutto, nel decreto di archiviazione del procedimento penale dell’11 febbraio 1997, correttamente la prescrizione del reato di appropriazione indebita era stata fissata alla data del 22 febbraio 1989 (cinque anni dalla commissione dei fatti di sottrazione, protrattisi sino al 22 febbraio 1984);
in secondo luogo, era stata tempestiva la costituzione di parte civile di NOME COGNOME, avvenuta il DATA_NASCITA novembre 1988;
in terzo luogo, essa costituzione , ai sensi dell’art. 2943 c od. civ., aveva avuto efficacia interruttiva della prescrizione del diritto restitutorio per la durata del procedimento penale, sicché il giudizio civile era stato tempestivamente introdotto con la citazione del 24 aprile 1997.
Avverso la sentenza della Corte ligure propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di un unico motivo.
Al ricorso non risponde l’intimato NOME COGNOME, il quale non svolge difese in questa sede di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art . 380bis .1, cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso viene denunciata, ai sensi dell’art.360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt.2943 e 2945 cod. civ..
Il ricorrente, movendo dal presupposto che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22100/2015, abbia affermato, solo in astratto , che la costituzione di parte civile nel procedimento penale ha effetto interruttivo della prescrizione del diritto esercitato con la domanda restitutoria, reputa che, nel caso concreto , tale effetto non si sarebbe peraltro prodotto in conseguenza della costituzione di parte civile di NOME COGNOME, avvenuta in data DATA_NASCITA novembre DATA_NASCITA.
Il ricorrente sostiene, al riguardo, che, stante la natura recettizia dell’atto di costituzione di parte civile, il detto effetto interruttivo avrebbe potuto prodursi solo in seguito alla notificazione dello stesso.
Osserva che, tuttavia, di tale notificazione « non vi è traccia nel presente giudizio » e che « in alcuna parte della sentenza della Curia genovese, così come nella sentenza della Corte di cassazione n.22100/2015, è contemplato che si sia verificata tale circostanza né nelle avverse difese il fatto della notificazione è menzionato ».
Censura, dunque, la sentenza impugnata perché « in nessuna parte della decisione, si fa un esame dettagliato di tale atto al fine di esaminarne la natura recettizia » e perché « di quando è avvenuta la notifica di detto atto al fine di determinarne gli effetti realmente interruttivi non vi è traccia ».
1.1. L ‘unico motivo e, dunque, l’intero ricorso è inammissibile.
Con esso viene infatti veicolata una questione nuova, che non solo concerne profili estranei alle rationes decidendi della sentenza oggetto di ricorso per cassazione, ma che, per espressa ammissione del ricorrente, non ha formato oggetto di esame nel giudizio di merito e viene posta per la prima volta in sede di legittimità.
Al riguardo va ribadito il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avv enuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito delle suddette questioni (Cass. 21/02/2006, n. 3664; Cass. 18/10/2013, n. 23675; Cass. 13/06/2018, n. 15430; Cass. 09/08/2018, n. 20694).
Nel caso di specie, non solo non viene assolto il detto onere, ma si ammette senz ‘altro il carattere ‘ nuovo ‘ ed assolutamente inedito della questione prospettata con il ricorso per cassazione.
Esso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, stante l’ indefensio della parte vittoriosa.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione