Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14804 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17820/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato presso l’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3219/2022 depositata il 13/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con atto di citazione notificato in data 19 giugno 2017 NOME COGNOME, premesso di essersi iscritto alla scuola di RAGIONE_SOCIALE medica in chirurgia generale nell’anno accademico 1989/1990 e di avere inviato atto di costituzione in mora in data 1° ottobre 2007, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna al pagamento di una indennità risarcitoria. Si costituì la convenuta eccependo la prescrizione quinquennale di cui all’art. 4, comma 43, l. n. 183 del 2011. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di Euro 33.569,70 oltre interessi. Avverso detta sentenza propose appello l’Amministrazione. Con sentenza di data 13 maggio 2022 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che l’art. 4, comma 43, l. n. 183 del 2011 era disposizione non retroattiva.
Ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero non ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria dal controricorrente.
Considerato che:
con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. all’art. 4, comma 43, l. n. 183 del 2011., 252 att., 2947 cod. civ., 6 Cedu, 111 e 117 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3,
cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, nulla disponendo l’art. 4, comma 43, l. n. 183 del 2011 circa i termini di prescrizione in corso al momento della sua entrata in vigore, trova applicazione l’art. 252 att. c.c..
Il motivo è fondato. L’art. 4, comma 43, l. n. 183 del 2011 prevede quanto segue: «la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento nell’ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace, in ogni caso, alla disciplina di cui all’art. 2947 c.c., e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato». Trattasi di norma che ha abbreviato il termine di prescrizione precedentemente ritenuto applicabile (dieci anni).
Gli effetti di una legge che abbrevii un termine di prescrizione sono disciplinati dall’art. 252 disp. att. c.c., comma 1, il quale prevede quanto segue: «quando per l’esercizio di un diritto ovvero per la prescrizione o per l’usucapione il codice stabilisce un termine più breve di quello stabilito dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche all’esercizio dei diritti sorti anteriormente e alle prescrizioni e usucapioni in corso, ma il nuovo termine decorre dall’1 luglio 1939 se esso è stabilito dal I libro del codice, dal 21 aprile 1940 se è stabilito dal II libro, dal 28 ottobre 1941 se è stabilito dal III libro e dall’entrata in vigore del codice stesso se è stabilito dagli altri libri, purché, a norma della legge precedente, non rimanga a decorrere un termine minore».
Il Collegio, condividendone integralmente la motivazione, cui nella presente sede si fa espresso rinvio, dà continuità ai seguenti principi di diritto enunciati da Cass. 20 dicembre 2023, n. 35571:
«la prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione d’una direttiva comunitaria a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 183 del 2011, art. 4, comma 43, è soggetta alla prescrizione quinquennale, a nulla rilevando che il fatto generatore del
danno, od il danno stesso si sia verificato in epoca anteriore, qualora alla data del 1 gennaio 2012 il termine decennale in precedenza vigente, avesse avuto una durata residua maggiore di cinque anni. Ciò in applicazione del criterio indicato dall’art. 252 disp. att. c.c.. Viceversa, se alla data del 1° gennaio 2012 il tempo mancante al compimento della prescrizione fosse stato inferiore al quinquennio, continuava a trovare applicazione, sempre ai sensi dell’art. 252 cit., il previgente termine decennale per la sua residua durata. Se dopo il 1° gennaio 2012, ma prima del maturare della prescrizione nei termini indicati, il medico specializzando creditore ne avesse interrotto il corso, a partire dall’atto interruttivo si applica il nuovo termine quinquennale» (in relazione alle difese sollevate va precisato che Cass. n. 1917 del 2012 e la giurisprudenza successiva operarono su casi nei quali il termine di prescrizione era sospeso a causa della pendenza del processo, come evidenziato già dalla menzionata Cass. 20 dicembre 2023, n. 35571).
Nel caso di specie l’attore aveva interrotto il termine decennale di prescrizione con l’atto di costituzione in mora di data 1° ottobre 2007, per cui, in base al detto termine, alla data del 1° gennaio 2012 il tempo mancante al compimento della prescrizione era superiore al quinquennio. Ha quindi trovato applicazione, ai sensi dell’art. 252, il termine quinquennale. All’epoca di notifica dell’atto di citazione (19 giugno 2017) il termine quinquennale di prescrizione, decorrente dal 1° gennaio 2012, si era esaurito.
Non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda per intervenuta prescrizione.
L’intervento della giurisprudenza determinante nel corso del giudizio costituisce ragione di compensazione delle spese, sia di legittimità che dei gradi di merito.
accoglie il motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda; dispone la compensazione delle spese del giudizio di legittimità e dei gradi di merito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione