Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8715 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8715 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26443/2021 R.G., proposto da
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME ; elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE
NOME ( ), che li rappresenta e difende, in virtù di procure in calce al ricorso e, per NOME COGNOME, in virtù di procura per AVV_NOTAIO NOME COGNOME del 21 giugno 2021;
-ricorrenti-
nei confronti di
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE pro tempore ; RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE , in persona dei rispettivi RAGIONE_SOCIALE pro tempore ; domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui sono difesi ope legis ;
-controricorrenti-
per la cassazione della sentenza n. 1885/2021 della CORTE d ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 12 marzo 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30
gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti indicati in epigrafe (insieme ad altri) convennero avanti al Tribunale di Roma la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e i Ministeri indicati in epigrafe, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in tema di adeguata remunerazione spettante per la frequenza di corsi di specializzazione medica in cui si erano immatricolati negli anni compresi tra il 1978 ed il 1989.
Il Tribunale rigettò la domanda per intervenuta prescrizione e la Corte d ‘a ppello di Roma, con sentenza 12 marzo 2021, n. 1885, ha rigettato l’impugnazione.
Per la cassazione di questa sentenza, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, sulla base di due motivi.
Hanno risposto con controricorso le amministrazioni intimate, chiedendo altresì la condanna dei ricorrenti al risarcimento del danno per lite temeraria.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
I ricorrenti hanno depositato memoria, nella quale hanno illustrato ulteriormente le ragioni poste a fondamento del secondo motivo di ricorso e hanno preso posizione sui presupposti (che reputano insussistenti, richiamando l’ordinanza n .28441 del 2023 della Prima Sezione Civile di questa Corte) della condanna ex art.96, terzo comma, cod. proc. civ..
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonché degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, dell’art. 10 Cost.; dell’art. 19, comma 1, seconda parte, del Trattato sull’Unione Europea; dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, cd. Carta di Nizza (approvata il 7 dicembre 2000); delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU; degli artt.
1, 10, 11 e 12 delle Preleggi; degli artt. 2934, 2935 e 2938 c. c., dell’art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191), nonché dell’art. 11 della Legge n. 370/99».
I ricorrenti sostengono che la legge n. 370 del 1999 non può assumere rilievo ai fini della determinazione del danno risarcibile e, conseguentemente, neanche ai fini della individuazione della data di decorrenza del termine di prescrizione.
Il giudice del merito avrebbe quindi errato, omettendo di considerare che la prescrizione non avrebbe potuto farsi decorrere se non da quando sarebbero state elise le incertezze giurisprudenziali di settore (e dunque dal 17 maggio 2011, atteso che nel 2005 era stata fugata l’incertezza sulla giurisdizione, nel 2009 quella sulla natura dell’azione esperibile e, appunto nel 2011, quella sulla legittimazione passiva unica dello Stato), anche alla luce della giurisprudenza comunitaria, eventualmente da investire con rinvio pregiudiziale, attesa la necessità di assicurare la piena ed effettiva attuazione della normativa sovranazionale.
1.1. Il motivo è inammissibile, a norma dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ..
1.1.a. È ormai ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati, dopo l’applicabilità del regime eurounitario ed entro l’anno accademico 1990-1991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art.11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 ( cfr. già
Cass. 09/02/2012, n. 1917, che riprende Cass. 17/05/2011, nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011; successivamente, ex multis , Cass. 15/11/2016, n. 23199; Cass. 31/05/2018, n. 13758; Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649; Cass. 19/06/2019, n. 16452; Cass. 19/07/2019, n. 16452; Cass. 24/01/2020, n. 1589; Cass. 07/07/2020, n. 14112; Cass. 11/09/2020, n. 18961; Cass.13/12/2021, n. 39421; Cass. 11/02/2022, n. 4573; Cass. 14/03/2022, n. 8096; Cass., Sez. Un., 31/05/2022, n. 17619; Cass., Sez. Un., 09/06/2022, n. 18640; Cass. 27/09/2022, n. 28130; Cass. 09/11/2022, n. 32959; Cass.03/03/2023, n.23697; Cass. 03/08/2023, n. 23771).
1.1.b. Questo consolidato orientamento trova fondamento nel rilievo secondo il quale, «a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 -è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1° gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990 -1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata
in vigore del menzionato art. 11» (così la citata Cass. n. 1917 del 2012) .
1.1.c. In senso contrario, non assume rilevanza l’argomento secondo il quale solo in tempi ampiamente successivi al 1999 la giurisprudenza di questa Corte avrebbe escluso quelle incertezze inibenti la decorrenza della prescrizione in pregiudizio del danneggiato, relative ad aspetti quali: l’individuazione della giurisdizione, se ordinaria o amministrativa; la natura dell’azione esperibile, se contrattuale o aquiliana; il termine di prescrizione; l’individuazione del legittimato passivo della domanda.
Detti argomenti – come già questa Corte ha più volte avuto modo di rimarcare (tra le più recenti, cfr. la citata Cass. 09/11/2022, n.32959) – sono del tutto infondati e inidonei a indurre a un ripensamento della stabile nomofilachia sopra richiamata.
Giova ricordare, al riguardo, che la questione della giurisdizione non incide affatto sulla consapevolezza della cristallizzazione della lesione e quindi sulla possibilità, per il danneggiato, di interrompere la sua inerzia e il decorso del termine prescrizionale che, come noto, non ha bisogno di iniziative giurisdizionali ma può ben essere stragiudiziale.
Del pari, non ha alcun rilievo l’individuazione della natura dell’azione esperibile mentre la più ampia durata decennale d ella prescrizione, quale riconosciuta, fa sì che la predetta individuazione non abbia avuto alcun riflesso sulla maturazione della stessa.
Quanto alla legittimazione passiva -premesso che è dello Stato in persona della RAGIONE_SOCIALE, mentre l’evocazione in giudizio di un diverso organo statuale non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, costituendo una mera irregolarità, sanabile ai sensi dell’art. 4 della legge n. 260
del 1958 (Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649), sicché solo se diretta nei confronti della sola Università l’interruzione della prescrizione risulta inidonea (Cass.25/07/2019, n. 20099) -va osservato che dalla normativa del 1999 doveva ragionevolmente desumersi che il destinatario del credito era individuabile nell’amministrazione statale e non nell’autonomia universitaria.
1.1.d. Con riferimento alla remunerazione, deve porsi in evidenza che , a séguito dell’intervento con il quale il legislatore dettando l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 -ha effettuato una aestimatio del danno, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione satisfattiva avente natura di debito di valuta, iscritta in una cornice di disciplina comunitaria nella quale non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa, come ribadito anche dalla pronuncia della Corte di giustizia 24 gennaio 2018, C-616/16 e C-617-16 (cfr., ancora, tra le più recenti, la citata Cass. n. 32959 del 2022, nonché, in modo articolato, Cass.24/01/2020, n. 1641).
1.1.e. La disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi di cui all ‘ art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999 è applicabile, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle scuole di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 2006 -2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla regolazione di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché, in particolare, la direttiva n. 93/16 non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio.
In altre parole, non è individuabile alcun momento in cui si è stabilita una remunerazione adeguata da valutarsi come la sola
recettiva della disciplina unionale, tale da poter concludere, anche in tesi, che esclusivamente a far data da allora avrebbe potuto decorrere la prescrizione (cfr., in termini, Cass. 09/11/2022, n. 32959, cit. ).
1.1.f. Alla luce di quanto si è rilevato, non vi è alcuna incertezza, sulla questione in esame, che imponga il rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
In proposito, i ricorrenti hanno formulato espressa istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 T.F.U.E. , per investirla della seguente questione: «se alla stregua del diritto dell’unione, un rimedio giurisdizionale possa considerarsi effettivo prima che sia definita la natura giuridica dell’azione esperibile, con le conseguenti ricadute sui termini di prescrizione, prima che sia identificato il soggetto legittimato passivamente e prima che sia individuata la giurisdizione interna competente a conoscere la domanda».
L’istanza non può essere accolta, atteso che questa Corte ha già rilevato -cfr., ad es., la già citata Cass., Sez. Un., n. 18640 del 2022 – come, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia che si è occupata della decorrenza e del dies a quo della prescrizione in relazione alla posizione dei medici specializzandi, non emerga un potenziale contrasto tra la soluzione adottata e il principio di effettività tutelato dal diritto europeo, in quanto la predetta soluzione appare ampiamente rispettosa del richiamo a termini di prescrizione ‘ragionevoli’, mediante i quali sia garantita l’adeguatezza dei mezzi di tutela a fronte di un’azione giurisdizionale proposta da un singolo per ottenere la protezione dei diritti conferiti da una direttiva comunitaria.
Nella specie, non solo a partire dal 27 ottobre 1999 nessuna norma dell’ordinamento interno impediva agli odierni ricorrenti di
promuovere un giudizio per domandare il risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie, ma – deve aggiungersi – nessun dubbio poteva sussistere su quale fosse il soggetto tenuto a rispondere di tale danno (lo Stato), e che qualsiasi eventuale incertezza circa l’individuazione del giudice munito di giurisdizione a conoscere della relativa domanda non poteva impedire il decorso della prescrizione, dal momento che qualsiasi eventuale errore poteva essere rimediato mediante lo strumento del regolamento di giurisdizione (cfr., ancora, sul punto, la citata Cass. n.32959 del 2022).
1.1.g. Va pure sottolineata la compatibilità della soluzione adottata con i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani concernente la tutela del diritto di accesso ad un tribunale, sancito dall’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti Umani; da questa giurisprudenza, infatti, si ricava che, se, da un lato, il diritto di accesso ad un tribunale deve essere «concreto ed effettivo» (COGNOME c. Francia, 4.12.1995; COGNOME c. Croazia, 5.4.2018), nonché offrire alla persona «una chiara e concreta possibilità di opporsi ad un atto che costituisce un’ingerenza nei suoi diritti» (COGNOME c. Francia, cit.; COGNOME c. Portogallo, 10.4.2003; COGNOME c. Bulgaria, 16.7.2013), dall’altro lato le norme che disciplinano le formalità e i termini da rispettare al fine della presentazione di un ricorso o di una domanda di riesame giudiziario sono finalizzate ad assicurare la corretta amministrazione della giustizia e in particolare il rispetto del principio della certezza del diritto (Canete de Goni c. Spagna, 15.10.2003); è pertanto necessario, alla stregua dell’orientamento della Corte di Strasburgo, che i tribunali applichino le norme procedurali evitando sia l’eccessivo formalismo che l’eccessiva flessibilità che vanificherebbe i requisiti
procedurali stabiliti dalla legge (NOME COGNOME ad altri c. Turchia, 30.4.2017).
In particolare, con riferimento ai termini di prescrizione, la Corte EDU (Miragall Escolano e altri c. Spagna, 30.4.2000) si è limitata ad affermare che il diritto di instaurare un’azione o di proporre appello deve sorgere a decorrere dal momento in cui le parti hanno potuto effettivamente essere informate di una decisione giudiziaria che impone loro un obbligo o lede potenzialmente i loro legittimi diritti o interessi.
Non appare dunque ipotizzabile, nel caso di specie, la possibilità di una violazione dell’art. 6 della Convenzione, se solo si consideri che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per tardiva attuazione delle direttive comunitarie è fissata in dieci anni, secondo la chiara indicazione fornita dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 9147 del 17/04/2009) e che il diritto era esercitabile immediatamente, non necessitando della proposizione preventiva dell’azione davanti al giudice amministrativo, trattandosi di diritto autonomo, scaturente dalla condotta dello Stato italiano (in termini, in motivazione, Cass., Sez. Un., n. 18640 del 2022, cit. ).
1.1.h. Quanto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che si è occupata del dies a quo della prescrizione relativa ai medici specializzandi, essa -come già si è osservato in precedenti arresti -ha evidenziato l’insussistenza di un potenziale contrasto tra la soluzione adottata e il principio di effettività tutelato dal diritto europeo, apparendo la soluzione sopra illustrata di certo rispettosa del richiamo a termini di prescrizione «ragionevoli» ed idonea a garantire l’adeguatezza dei mezzi di tutela per un’azione giurisdizionale proposta dai singoli per ottenere la protezione dei diritti conferiti da una direttiva comunitaria. Nella specie, non solo a
partire dal 27 ottobre 1999 nessuna norma dell’ordinamento interno impediva agli odierni ricorrenti di promuovere un giudizio per domandare il risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie, ma – deve aggiungersi – nessun dubbio poteva sussistere su quale fosse il soggetto tenuto a rispondere di tale danno (lo Stato), e qualsiasi eventuale incertezza in ordine all’individuazione del giudice munito di giurisdizione a conoscere della relativa domanda non poteva ostare al decorso della prescrizione, dal momento che ogni eventuale errore poteva essere emendato mediante lo strumento del regolamento di giurisdizione (cfr., ancora, sul punto, le citate Cass. n. 18640 del 2022 e n.32959 del 2022).
1.1.i. Il giudice d ‘ appello, rigettando il gravame proposto dai ricorrenti, ha accolto l’ eccezione preliminare di merito di prescrizione del diritto risarcitorio, conformandosi, in piena legittimità, ai principi consolidati reiteratamente affermati da questa Corte ed assurti a situazione di ‘ diritto vivente ‘ .
Il primo motivo di ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, ex art. 360bis , n.1, cod. proc. civ..
Con il secondo motivo viene denunciata « violazione e falsa applicazione degli art. 91, 97 c.p.c. e artt. 1, 4 e 11 D.M. 55/2014, nonché dell’art. 112 c.p.c. per pronuncia in ultrapetizione, in relazione all’art.111 Cost. e all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. ».
I ricorrenti lamentano che, nel liquidare le spese processuali a loro carico, la Corte territoriale ha erroneamente applicato l’aumento previsto dall’art. 4, comma 2 , del d.m. n.55 del 2014, tenendo conto del numero degli appellanti (e così dunque applicando detto aumento nella percentuale del 470%) invece che del numero delle parti assistite dall’Avvocatura Generale dello Stato in favore delle quali le spese di lite venivano liquidate.
2.1. Il motivo è infondato.
2.1.a. Il comma 2 dell ‘ art. 4 del d.m. n. 55 del 2014, nella formulazione (successiva alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1, lett. c) , del d.m. n. 37 del 2018, ed anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, lett . c) , del d.m. n.147 del 2022) applicabile alla fattispecie, ratione temporis , prevede: « quando in una causa l ‘ avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 30 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 10 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di trenta. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti ».
2.1.b. Il primo periodo della trascritta disposizione stabilisce la regola per cui l’avvocato che assiste più soggetti ha diritto ad un aumento del compenso; il secondo periodo estende il diritto all’aumento a due ulteriori fattispecie, quella in cui più cause vengono riunite e quella in cui l’avvocato assista un solo soggetto contro più soggetti.
2.1.c. Quest’ultima fattispecie è quella che si integra nel la vicenda in esame : l’Avvocatura dello Stato ha infatti difeso l ‘ amministrazione statale contro trentuno diversi soggetti (cfr. pp. 1-2 e 7 della sentenza d’appello) ; correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha applicato la maggiorazione prevista dall’art. 4, comma 2, d.m. n. 55/2014.
L’orientamento secondo cui l’aumento di cui all a norma in esame è consentito qualora la prestazione giudiziale dell’avvocato sia stata resa a favore di un solo soggetto contro più soggetti aventi la
medesima posizione processuale senza la necessità di esaminare questioni di fatto o di diritto specifiche e distinte per i vari soggetti contro i quali sia stato esercitato il patrocinio, trova riscontro in numerose pronunce di questa Corte (cfr. Cass. 19/05/2021, n. 13595; Cass. 06/06/2022, n. 18047; Cass. 18/04/2023, n. 10344; Cass. 21/07/2023, n.21902 ).
2.1.d. A questo orientamento il Collegio intende dare continuità, reputando, per contro, di doversi discostare dal precedente di cui a Cass. 02/02/2023, n. 3284.
Questa pronuncia aveva reputato che, n ell’ipotesi -quale quella di specie -in cui il compenso spetti per la difesa di più soggetti contro più soggetti, il tenore letterale dall’art. 4, comma 2, d.m. 55/14 non consentirebbe di correlare l’aumento al numero di questi ultimi, secondo quanto previsto nell’ultimo inciso ; ciò, sul rilievo che tale inciso fa riferimento all’ipotesi che l’avvocato (avente diritto al compenso) assista «un solo soggetto», mentre la diversa ipotesi dell’avvocato che assiste più soggetti è invece contemplata espressamente nella prima parte della disposizione, alla quale dunque andrebbe fatto esclusivo riferimento.
È avviso del C ollegio che l’interpretazione secondata dal precedente in esame non tenga conto del fondamento della norma interpetrata, il quale si rinviene nella necessità di contemperamento di due contrapposte esigenze: da un lato, remunerare l’avvocato in misura maggiore quando maggiore è stato il suo impegno; dall’altro , evitare una mera duplicazione di compensi a fronte di un ‘ attività solo formalmente reiterata, ma sostanzialmente unitaria.
In tal senso si giustifica la regola diretta a prevedere che la difesa di più parti in posizione identica dia luogo ad un solo compenso
(per evitare ingiuste duplicazioni), ma maggiorato (per remunerare adeguatamente l’impegno del professionista).
Sotto altro profilo, è agevole rilevare che la soluzione interpretativa diretta a riconoscere la maggiorazione del compenso a favore dell’avvocato che assiste un solo cliente contro più soggetti e a negarla all’avvocato che assiste più clienti contro più parti , trova ostacolo nell’ argumentum a fortiori , l’utilizzazione del quale impone all’interprete, in sede di interpretazione logica, di escludere un risultato interpretativo che implichi l’attribuzione un minor compenso all’avvocato che abbia assolto un incarico più oneroso.
Peraltro, non può sottacersi che, nella fattispecie, neppure viene in esame l’ipotesi della difesa di più soggetti , avuto riguardo al principio -reiteratamente ribadito da questa Corte in fattispecie sovrapponibili a quella in esame -secondo cui, rispetto alla domanda di risarcimento del danno da tardiva attuazione d’una direttiva comunitaria, la notificazione dell’atto di citazione alla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE piuttosto che ad uno o più dicasteri non pone una questione di legittimazione passiva, ma solo di individuazione dell ‘ articolazione statuale corretta, dal momento che unico debitore rispetto alla suddetta pretesa è lo Stato, rappresentato dal Governo (e per esso dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE), di cui i singoli ministeri sono articolazioni (così, ad es., Cass. 15/11/2016, n. 23202; cfr. anche Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649; per il fondamentale principio del carattere unitario della personalità dello Stato, v. già Cass. 28/09/1976 n. 3172).
Il secondo motivo, pertanto, deve essere rigettato.
In definitiva, il ricorso va rigettato per essere inammissibile, ex art. 360bis n.1 cod. proc. civ., il primo motivo e infondato il secondo.
Avuto riguardo ai difformi orientamenti giurisprudenziali di legittimità in ordine all’interpretazione e all’orbita applicativa dell’art.4, comma 2, d.m. n. 55/2014 (nella formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), le spese del giudizio di cassazione vanno compensate tra le parti, senza potersi prendere posizione sui rilievi formulati dai ricorrenti nella memoria illustrativa, in ordine alle condizioni della condanna ex art.96, terzo comma, cod. proc. civ., invocata nei loro confronti dalle amministrazioni controricorrenti; tali condizioni, infatti, nella presente fattispecie, vanno reputate insussistenti già per la mancanza del presupposto fondamentale della pronuncia sulle spese, ai sensi dell’art.91 cod. proc. civ., in confronto della parte soccombente nei cui riguardi la predetta condanna dovrebbe essere irrogata.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione