Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7263 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6081/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOMEINNOCENTI NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME TSIALTAS COGNOME, TURRINI ERCOLE, TUMIATI COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende per procure allegate al ricorso;
-ricorrenti- contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
-intimata-
e da
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE per procura allegata al ricorso;
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA, UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI DI BOLOGNA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA, ALGERI IVANA, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOMEINNOCENTI NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA, COGNOME NOME
-intimati- avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1718/2023, depositata il 10/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Gli odierni ricorrenti -medici che avevano conseguito la specializzazione tra il 1984 e il 1995 -convennero in giudizio le amministrazioni statali indicate in epigrafe (nonché le Università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia e Parma) per sentirle condannare alla corresponsione della somma di € 11.103,82 (o, in subordine, € 6.713,94), a titolo di remunerazione per l’attività svolta (secondo la previsione di cui alle direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE
e 82/76/CEE, successivamente coordinate dalla direttiva 93/16/CEE) ovvero, in subordine, di risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive medesime (o di indennizzo per arricchimento senza causa).
Il Tribunale di Bologna rigettò la domanda, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalle amministrazioni convenute.
La sentenza fu poi confermata dalla Corte d’appello felsinea.
I medici indicati in epigrafe (con capofila NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo. Con autonomo ricorso, articolato in due motivi, la medesima sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha depositato (in data 20 e 22/3/2024) due atti di costituzione ‘al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 comma 1 c.p.c. ‘
Le altre amministrazioni statali e le Università indicate in epigrafe sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, il ricorso proposto da NOME COGNOME COGNOME dev’essere riunito a quello precedentemente proposto dai medici difesi dall’avv. COGNOME in applicazione dell’art. 335 c.p.c.
Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti difesi dall’Avv. COGNOME deducono la violazione e falsa applicazione ‘delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonché degli artt. 5 e 189 del Trat tato CEE, dell’art. 10 Cost.; dell’art. 19, comma 1, seconda parte, del Trattato sull’Unione Europea; dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, cd. Carta di Nizza (approvata il 7 dicembre 2000); delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; Violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU; degli artt. 1, 10, 11 e 12 delle Preleggi c.c. e degli artt. 2934, 2935 e 2938 c.c., dell’art. 6 del Decreto Legislativo 8 agosto 1991, n. 257 (…), nonché dell’art. 11 della Legge n. 370/99 in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.’, per aver fissato il dies a quo della prescrizione nella data di entrata in vigore della l. n. 370 del 1999 (27/10/1999), vale a dire nel momento in cui l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di attuazione della fonte comunitaria poteva essere apprezzato come definitivo. A dire dei ricorrenti, ‘solo dal 17 maggio 2011 (sentenza 10813/2011) lo Stato, attraverso l’elaborazione giurisprudenziale, ha messo a disposizione dei soggetti lesi dal suo inadempimento un sufficientemente certo e perciò effettivo rimedio giurisdizionale e può, quindi, iniziare a decorrere la prescrizione decennale’ (pag. 17 del ricorso per cassazione). I ricorrenti sollecitano, inoltre, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, cui dovrebbe essere posto il quesito ‘se alla stregua del diritto dell’Unione, un rimedio giurisdizionale possa considerarsi effettivo prima che sia definita la natura giuridica dell’azione esperibile, con le conseguenti ricadute sui termini di prescrizione, prima che sia identificato il soggetto legittimato passivamente e prima che sia individuata la giurisdizione interna competente a conoscere la domanda’ (pag. 20 del ricorso per cassazione).
Con il primo motivo del proprio ricorso, NOME COGNOME deduce la ‘violazione e/o errata interpretazione di legge: della l. n. 370/1999, del d.lgs. n. 368/1999, degli artt. 2934, 2935, 2946 c.c., delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, 93/16/C EE e 05/36/CEE’. Con riferimento alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno, osserva il ricorrente che, ‘contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, l’atto legislativo del 1999 non ha spiegato alcuna efficacia sulla posizione degli specializzandi che abbiano conseguito il diploma tra il 1983 ed il 1990 e che non abbiano ottenuto alcuna sentenza favorevole del T.A.R. Lazio’, con
la conseguenza che ‘nessun termine prescrizionale è mai iniziato a decorrere per il comparente -se non almeno dal 2007, data di emanazione dei primi decreti attuativi della normativa del 1999 -e, quale successivo necessario corollario, nessun termine è spirato, considerato che la presente azione è stata introdotta nel 2015, in applicazione dell’ordinario termine di prescrizione’ (pag. 13 del ricorso per cassazione). Evidenzia, inoltre, il COGNOME, come la condizione di incertezza preclusiva (ai sensi de ll’art. 2935 c.c.) del decorso della prescrizione si fosse protratta ben oltre il 1999, essendo stati emanati i decreti ministeriali attuativi solo nel 2007.
4. Con il secondo motivo di ricorso, il dr. COGNOME censura la violazione degli artt. 91 e 97 c.p.c., per averlo la Corte d’appello condannato, in solido con gli altri appellanti, alla refusione delle spese processuali nei confronti dei ministeri e delle Università sopra indicati, nonostante il giudizio di secondo grado n. 535/2019 r.g. fosse stato instaurato (da lui e dagli altri appellanti) unicamente nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, essendosi spontaneamente costituite le altre parti ai fini dell’integrazione del contraddittorio (laddove, invece, esse erano state citate nel distinto giudizio n. 503/2019, poi riunito al n. 535/2019).
5. Il primo motivo di ricorso articolato dal dr. COGNOME e l’ unico motivo proposto dai ricorrenti difesi dall’Avv. COGNOME (che possono esaminarsi congiuntamente, attesane la sostanziale identità) sono inammissibili ex art. 360bis , n. 1, c.p.c., in ossequio alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (inaugurata dalle sentenze ‘gemelle’ nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011), alla cui stregua ‘il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il d.lgs. n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1°
gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della legge n. 370 del 1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo’ (Cass., n. 1589/2020; Cass., n. 16452/2019; Cass., n. 13758/2018; Cass., n. 23199/2016; Cass., n. 6606/2014). Nella motivazione della recente Cass., n. 29334/2024 si legge: ‘né potrebbe sostenersi che il leading case del 2011 abbia preso in considerazione un termine prudenziale in ottica di conformità comunitaria, in ragione di quanto allora esaminabile, e tale da essere comunque sufficiente a respingere, in quel tempo, l’eccezione di prescrizione, e che, invece, solo successivamente al 1999 la giurisprudenza di questa Corte ha escluso quelle incertezze inibenti la decorrenza della prescrizione in pregiudizio del danneggiato, relative ad aspetti quali: l’individuazione della giurisdizione, se ordinaria o amministrativa; la natura dell’azione esperibile, se contrattuale o aquiliana; il termine di prescrizione; l’individuazione del legittimato passivo della domanda, se solo lo Stato o meno. Detti arg omenti ─ come già questa Corte ha più volte avuto modo di rimarcare (v. tra le tante Cass. 31/03/2021, n. 8843) ─ sono del tutto infondati e inidonei a indurre a un ripensamento della stabile nomofilachia richiamata e, infatti, per un verso confermata in tempi ben susseguenti al 2011, per altro verso tale da non potersi più riferire solo al rigetto dell’eccezione di prescrizione allora effettuato secondo quanto obiettato dal patrocinio oggi ricorrente. È appena il caso di osservare che la questione della giurisdizione non incide affatto sulla consapevolezza della cristallizzazione della lesione e quindi sulla possibilità, per il danneggiato, di interrompere la sua inerzia e il decorso dell’estinzione prescrizionale che, come noto, non ha bisogno di iniziative giurisdizionali ma può ben essere stragiudiziale. Per lo
stesso motivo non ha alcun rilievo l’individuazione della natura dell’azione esperibile mentre la più ampia durata decennale della stessa, quale ricostruita, fa sì che la sua determinazione non abbia avuto alcun riflesso sulla maturazione della stessa. Quanto alla legittimazione passiva ─ premesso che è dello Stato in persona della Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre l’evocazione in giudizio di un diverso organo statuale, qui in ogni caso contestuale alla prima, non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, costituendo una mera irregolarità, sanabile ai sensi dell’art. 4 della legge n. 260 del 1958 (Cass. Sez. U. 27/11/2018, n. 30649), sicché solo se diretta nei confronti della sola Università l’interruzione della prescrizion e risulta inidonea (Cass., 25/07/2019, n. 20099) ─ nella fattispecie non emerge, né è dedotta, un’eventuale attività interruttiva nei confronti dell’ente universitario o altri soggetti, fermo restando che dalla stessa normativa del 1999 doveva ragionevolmente desumersi che il destinatario del credito era individuabile nell’amministrazione statale e non nell’autonomia universitaria’. Le argomentazioni a sostegno di questa soluzione sono state ulteriormente ribadite da Cass., n. 28130/2022 (con la quale la Terza sezione si è pronunciata, in pubblica udienza, a seguito dell’ordinanza interlocutoria n. 9101/2022, citata dal COGNOME a pag. 15 del proprio ricorso per cassazione), nonché da Cass., n. 31320/2022; Cass., n. 3284/2023; Cass., n. 12815/2023; Cass., n. 14478/2023; Cass., n. 14618/2023; Cass., n. 21883/2023; Cass., n. 15097/2024; Cass., n. 18450/2024; Cass., n. 26516/2024. La soluzione che individua il dies a quo della prescrizione nel 27 ottobre 1999 è stata fatta propria, peraltro, anche dalle Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza n. 17619 del 2022.
Quanto alla richiesta di rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, occorre ribadire che, ‘in tema di risarcimento del danno derivante da tardiva ed incompleta attuazione delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE concernenti il compenso spettante ai
medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, è manifestamente infondata la richiesta di rimessione alla Corte di giustizia dell’Unione europea della questione se il termine di prescrizione del diritto al risarcimento debba decorrere non dall’entrata in vigore della l. n. 370 del 1999 (vale a dire, dal 19 ottobre 1999), ma dalla successiva data in cui la giurisprudenza di legittimità ha individuato con certezza il soggetto passivamente legittimato ed il giudice interno munito di giurisdizione in ordine alla relativa domanda; infatti, anche prima di tale data non vi erano dubbi sulla legittimazione passiva dello Stato e, comunque, qualsiasi controversia in materia di giurisdizione poteva essere risolta mediante lo strumento del regolamento di giur isdizione’ (Cass., n. 39421/2021); e ancora, che ‘l’impossibilità di far valere il diritto -alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce la rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione – è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l’esercizio del diritto stesso, essendo irrilevanti le incertezze giurisprudenziali circa le modalità di esercizio o la qualificazione dell’azione, le quali non precludono l’esercizio immediato del diritto, ma rappresentano un mero impedimento di fatto (nella specie, la S.C. ha escluso che, ai fini della decorrenza del termine decennale di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno derivante da tardiva ed incompleta attuazione delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE concernenti il compenso spettante ai medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, assumano rilievo le incertezze giurisprudenziali in ordine al soggetto passivamente legittimato, alla natura della responsabilità dello Stato ed al giudice interno munito di giurisd izione)’ (Cass., n. 13343/2022). Si legge ancora, nella motivazione della già citata Cass., n. 29334/2024, che ‘non solo a partire dal 27 ottobre 1999 nessuna norma dell’ordinamento interno impediva agli odierni ricorrenti di promuovere un giudizio per domandare il risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie; deve ora
aggiungersi che nessun dubbio poteva sussistere su quale fosse il soggetto tenuto a rispondere di tale danno (lo Stato), e che qualsiasi eventuale incertezza circa l’individuazione del giudice munito di giurisdizione a conoscere della relativa domanda non poteva impedire il decorso della prescrizione, dal momento che qualsiasi eventuale errore poteva essere rimediato mediante lo strumento del regolamento di giurisdizione’. Anche nella già citata sentenza delle Sezioni unite n. 17619 del 2022, si era già puntualizzato che ‘neppure alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia che si è occupata del dies a quo della prescrizione in relazione alla posizione dei medici specializzandi, ed in particolare dalle sentenze CGUE, 19 maggio 2011, C-452/09, Iaia e CGUE, 24 marzo 2009, C-445/06, NOME COGNOME, emerge un potenziale contrasto tra la soluzione adottata e il principio di effettività tutelato dal diritto europeo, in quanto essa appare ampiamente rispettosa del richiamo a termini di prescrizione “ragionevoli”, mediante i quali sia garantita l’adeguatezza dei mezzi di tutela a fronte di un’azione giurisdizionale proposta da un singolo per ottenere la tutela dei diritti conferiti da una direttiva comunitaria (…)’ .
6. Il secondo motivo di ricorso proposto dal COGNOME è fondato.
Dalla sentenza impugnata (pag. 8) risulta che il giudice di prime cure aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri e delle Università convenute. Tale statuizione era stata impugnata dalla sola NOME COGNOME mentre gli altri appellanti avevano rivolto le proprie conclusioni nei soli confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri (unico soggetto cui avevano notificato l’atto introduttivo del processo di secondo grado). In applicazione del principio di causalità (che governa il regolamento delle spese processuali), non era consentito, dunque, far gravare sul soccombente l’onere delle spese relative a parti non necessarie del processo, costituitesi in virtù di una propria discrezionale opzione (si veda Cass., n. 7401/2016, alla cui stregua il principio di causalità opera ‘ se l’impugnazione nel
merito deve essere notificata, in qualità di litisconsorte processuale, ad uno dei convenuti in primo grado (nella specie il chiamato in garanzia), nei cui confronti nessuna delle altre parti in secondo grado abbia formulato domande ‘ ). La sentenza impugnata dev’essere, pertanto, cassata senza rinvio , ai sensi dell’art. 382, terzo comma , c.p.c., nella parte in cui ha posto a carico anche del COGNOME l’onere solidale delle spese sostenute dai Ministeri e dalle Università più volte richiamati.
Nonostante sia stato depositato nel termine di cui all’art. 370 c.p.c., l’atto di costituzione della Presidenza del Consiglio dei ministri (per il suo contenuto e la sua stessa ‘ autodefinizione ‘ ) non integra un controricorso, sicché non vi è luogo a liquidazione delle spese nel rapporto processuale tra i ricorrenti e tale parte. Con riferimento all ‘accoglimento del motivo di ricorso del COGNOME, non essendo dipesa la statuizione cassata da un comportamento delle dette parti e non avendo nemmeno esse resistito, il Collegio ritiene giustificata la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità, nel rapporto tra lo stesso e le amministrazioni diverse dalla Presidenza del Consiglio, cui il motivo si riferisce.
P.Q.M.
La Corte, riunito al ricorso principale il ricorso successivo, dichiara inammissibile il ricorso principale;
dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso successivo di NOME COGNOME;
accoglie il secondo motivo di tale ricorso e, per l’effetto, cassa senza rinvio la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 382, terzo comma, c.p.c., nella parte in cui lo condanna al pagamento delle spese processuali di secondo grado, sostenute dai Ministeri e dalle Università; compensa le spese di questo giudizio di legittimità nel rapporto processuale fra il COGNOME e tali amministrazioni.
Nulla sulle spese del processo di legittimità, relativamente al ricorso principale e a quello successivo, nel rapporto processuale con la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti (tranne il COGNOME) , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 gennaio 2025.