Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4816 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4816 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14713/2023 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME EMAIL;
– ricorrenti –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore , rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 41/2023 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 3/1/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 3/1/2023, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta, tra gli altri, da NOME COGNOME e NOME COGNOME per la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni subiti dagli attori in conseguenza del tardivo recepimento, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie in materia di retribuzione dei medici specializzandi, con la conseguente mancata percezione, da parte degli stessi, di alcuna retribuzione in relazione all’attività lavorativa svolta nei periodi di frequentazione dei corsi di specializzazione;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto prescritte le pretese risarcitorie avanzate dagli originari attori, non avendo gli stessi interrotto il periodo di prescrizione decennale decorrente dalla data del 27 ottobre 1999, corrispondente all’entrata in vigore della legge n. 370/99 con la quale lo Stato italiano aveva reso conoscibile e apprezzabile come definitivo l’inadempimento dello Stato italiano nei confronti degli odierni istanti;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri resiste con controricorso;
considerato che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa ed errata applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 267 del Trattato UE in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente omesso di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea in relazione al punto concernente la legittimità, rispetto alla disciplina unionale, del riconoscimento della decorrenza della prescrizione del diritto degli odierni istanti a partire dall’entrata in vigore della legge n. 370/99, dovendo escludersi che tale legge avesse effettivamente recepito le direttive europee in materia di retribuzione dei medici specializzandi, con la conseguente erroneità della pretesa attestazione del carattere definitivo dell’inadempimento dello Stato italiano attraverso l’approvazione di tale disposizione legislativa;
con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione o falsa ed errata applicazione di norme di diritto ed in particolare degli artt. 2935 e 2946 c.c. tenuto conto delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 75/363/CEE, come modificate dalla direttiva 82/76/CCE, nonché della legge 19 ottobre 1999, n. 370, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente individuato il dies a quo della prescrizione del diritto degli odierni istanti nella data del 27 ottobre 1999, senza tener conto di quanto espressamente contenuto nell’ordinanza n. 9101 resa dalla Corte di cassazione in data 21 marzo 2022 e nella sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 3 marzo 2022;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili;
osserva al riguardo il Collegio come, ai sensi dell’art. 360bis n. 1 c.p.c., il ricorso è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa;
in particolare, in tema di giudizio di legittimità, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di cui all’art. 360bis , n. 1,
c.p.c., con conseguente dichiarazione di inammissibilità del relativo ricorso per cassazione che non ne contenga valide critiche (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4366 del 22/02/2018, Rv. 648036 – 02);
nel caso di specie, il giudice a quo ha confermato la dichiarazione di estinzione per prescrizione il diritto al risarcimento dei danni rivendicato dagli originari attori, sul presupposto dell’avvenuta consumazione del periodo decennale decorrente dal 27/10/99, data di entrata in vigore della legge n. 370/99 mediante la quale lo Stato italiano ha provveduto a determinare le condizioni alle quali gli iscritti a scuole di specializzazione mediche negli anni anteriori al 1991 avessero diritto alla corresponsione di una remunerazione e l’entità di tale corrispettivo;
in tal guisa, i giudici di merito risultano essersi uniformati al consolidato orientamento fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte (e ribadito ancora di recente), ai sensi del quale il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il d.lgs. n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della legge n. 370 del 1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo (Sez. 3, Ordinanza n. 1589 del 24/01/2020, Rv. 656585 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16452 del 19/06/2019, Rv. 654419 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 13758 del
31/05/2018, Rv. 649044 -01; Sez. 3, Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 – 01);
rispetto a tale consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità (che il Collegio condivide e fa proprio nella sua interezza, al fine di assicurarne ulteriore continuità), gli odierni ricorrenti si sono sostanzialmente limitati ad esprimere il proprio dissenso, attraverso l’articolazione di deduzioni e argomentazioni da ritenersi non decisive o pertinenti;
in particolare, varrà considerare come l’evocazione, da parte degli odierni istanti, dell’ordinanza interlocutoria n. 9101 del 2022 della Sesta Sezione -3, non valeva a suggerire alcuna diversa considerazione delle questioni poste ad oggetto del ricorso, avendo quel provvedimento rimesso a questa Sezione Terza la decisione di un ricorso sul medesimo tema oggetto dell’odierna decisione sulla base di considerazioni che, ad avviso di questo Collegio, ignorano del tutto quanto emerge dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in precedenza richiamata e dalle ampie e approfondite argomentazioni ivi sostenute;
d ‘altro canto, l’assoluta mancanza di giustificazione dell’ordinanza n. 9101 del 2022 (emessa dalla Sesta Sezione-3) ha trovato puntuale conferma nella successiva sentenza n. 28130 del 2022, con cui questa Sezione ha deciso in udienza pubblica il ricorso oggetto di quella ordinanza interlocutoria, nonché in altre successive decisioni (cfr., da ultimo, Sez. 3, ordinanza n. 26516 dell’11/10/2024);
del tutto privo di rilievo, inoltre, deve ritenersi l’ulteriore evocazione, da parte dei ricorrenti, della decisione emessa nel 2022 dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella materia de qua , attesa l’estraneità, a quella decisione, di ogni questione concernente il dies a
quo della prescrizione dei diritti rivendicati dei medici iscritti a corsi di specializzazione;
peraltro, questa Corte ha avuto modo di considerare la decisione comunitaria senza attribuirle il rilievo immotivatamente preteso dai ricorrenti già in numerosissime altre decisioni (cfr., ex plurimis , Sez. 3, ordinanza n. 29499 del 15/11/2024; Sez. 3, ordinanza n. 19439 del 15/7/2024; Sez. 3, ordinanza n. 18607 dell’8/7/2024);
del tutto corretta, infine, deve ritenersi la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso l’esistenza dei presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con particolare riguardo alla questione concernente la decorrenza del termine di prescrizione così come individuata dalla costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità;
in particolare, la richiesta di sottoposizione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione pregiudiziale non appare meritevole di accoglimento, per le ragioni già illustrate, condivise da altre decisioni di questa Corte (cfr. Cass. 13/12/2021, n. 39421) e che sono sintetizzabili come segue: non solo a partire dal 27 ottobre 1999 nessuna norma dell’ordinamento interno impediva agli odierni ricorrenti di promuovere un giudizio per domandare il risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie; nessun dubbio poteva sussistere su quale fosse il soggetto tenuto a rispondere di tale danno (lo Stato) e qualsiasi eventuale incertezza circa l’individuazione del giudice munito di giurisdizione a conoscere della relativa domanda non poteva impedire il decorso della prescrizione, dal momento che qualsiasi eventuale errore poteva essere rimediato mediante lo strumento del regolamento di giurisdizione;
rispetto a tale consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, gli odierni ricorrenti hanno sostanzialmente omesso di
confrontarsi in termini diretti, limitandosi ad esprimere unicamente il proprio dissenso e proponendo, peraltro, argomenti che erano già stati affrontati dalle citate sentenze gemelle del 2011, che motivarono ampiamente sulle emergenze della giurisprudenza comunitaria ai fini dell’individuazione del decorso della prescrizione;
varrà peraltro aggiungere come l’individuazione del dies a quo della prescrizione in esame a partire dal 27 ottobre 1999 (mai posto in discussione nelle occasioni in cui le Sezioni Unite, dopo le sentenze ‘gemelle’ nn. 10813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, sono state investite di altre questioni concernenti le controversie cui appartiene quella presente, per due volte determinandosi a porre quesiti comunitari alla CGUE sotto altri profili) risulta esser stato ribadito expressis verbis dalle Sezioni Unite di questa Corte in Sez. U, Sentenza n. 17619 del 31/05/2022 e in Sez. U, Sentenza n. 18640 del 9/06/2022;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
sussistono i presupposti -in considerazione del carattere largamente consolidato nel tempo della giurisprudenza confermata in questa sede – per la condanna dei ricorrenti al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96, co. 3, c.p.c. nella specie invocato dalle amministrazioni controricorrenti;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.822,00, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, nonché al pagamento della somma di euro 1.600,00, ai sensi dell’ art. 96, co. 3, c.p.c.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione