Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16139 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16139 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 11717/22 proposto da:
-) NOMECOGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
nonché da
-) COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME RaffaeleCOGNOME NOMECOGNOME RobertoCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
Oggetto: danno da tardiva attuazione di direttive comunitarie -medici specializzandi – prescrizione
inammissibilità del ricorso
liquidazione delle spese criteri.
NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME Tommaso COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME Antonio LeonardoCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME MicheleCOGNOME Fatigati NOME, Ferrara NOME COGNOME NOMECOGNOME MauroCOGNOME NOMECOGNOME GuidoCOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME AntonioCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME Alessandro Adriano Giovanni, Indirli NOME, COGNOME NOME, COGNOME Paolo, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME AntonioCOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Palma NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME FabrizioCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, Poli NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME SergioCOGNOME NOMECOGNOME Ada, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell’Università, Ministero dell’Economia e delle Finanze , in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei ministri pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
– resistenti –
e nei confronti di
-) COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME massimo, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME corbetta NOME COGNOME NOMECOGNOME crisman NOME, dalla pria NOME dattola NOMECOGNOME NOME, de COGNOME NOME, de rosa NOME de COGNOME, debbi NOME COGNOME, di NOME COGNOME di COGNOME NOMECOGNOME dovito NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME facchini NOME COGNOME NOME COGNOME falcieri NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Fatigati NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Ferrari NOME Ferrari NOME, NOME, NOME fiumana NOME COGNOME NOME NOME, Furno adriano, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME NOME giordano NOME giorgini NOME NOMECOGNOME giurlando NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME guerri NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME felice, indirli NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME, La Terra Giuseppe, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, Lodi NOME COGNOME NOME, losurdo NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME Giustino, melodia rosa, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, monti NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, nespoli NOME COGNOME NOME COGNOME NOME nobile NOME noli NOME noseda NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME opinaitre NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME papa NOME, parodi NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, piccinini NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, pillosu NOME COGNOME NOME, pinna parpaglia NOME, pinsuti NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME poggi carlo, poli NOME, Polignano NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME protopapa NOME COGNOME NOME COGNOME puocci NOMECOGNOME NOME, quarta NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME romano NOME COGNOME NOME, rosi NOME, rossi NOME,
ruffoni NOME rulli NOME COGNOME NOME COGNOME, scala NOME COGNOME secco NOME COGNOME NOME shakiba hakimeh, solinas NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, stilo leo, tarallo NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME testa NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME Vinci NOME, NOME, viti NOMECOGNOME NOME, Volta NOMECOGNOME NOME, COGNOME RenatoCOGNOME NOME;
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 2 novembre 2021 n. 7169; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2014 tutti gli odierni ricorrenti convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’economia, esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si erano iscritti ad una scuola di specializzazione, immatricolandosi in anni compresi tra il 1975 (NOME COGNOME) e il 1992 (NOME COGNOME);
-) durante il periodo di specializzazione non avevano percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-) le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la legge 8.8.1991 n. 257.
Conclusero pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
Con sentenza 2 agosto 2019 n. 16011 il Tribunale di Roma rigettò tutte le domande per intervenuta prescrizione del credito. La sentenza fu appellata dai soccombenti.
Con sentenza 2 novembre 2021 n. 7169 la Corte d’appello di Roma rigettò il gravame e condannò gli appellanti alla rifusione delle spese.
La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione :
da NOME COGNOME con ricorso fondato su quattro motivi;
da NOME COGNOME ed altri 175 degli originari ricorrenti (d’ora innanzi, per brevità, ‘il gruppo COGNOME‘), con ricorso unitario fondato su sei motivi ed illustrato da memoria;
La Presidenza del Consiglio e le altre amministrazioni hanno resistito con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME
Va esaminato per primo il ricorso proposto da NOME COGNOME in quanto essendo stato notificato per primo, il 28.4.2022 – va qualificato come ricorso principale.
1.1. Con il primo motivo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., un error in procedendo , consistito nella violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.. Nella illustrazione del motivo si deduce che tali norme sarebbero state violate perché la C orte d’appello ha dichiarato prescritto il diritto al risarcimento del danno vantato da NOME COGNOME senza tenere conto di tre documenti ‘ versati in atti dalla dott.ssa COGNOME unitamente al proprio atto di appello ‘ .
Questi tre documenti consistono in altrettante raccomandate inviate per conto della odierna ricorrente al Ministero della salute, al M inistero dell’Università e
al M inistero dell’economia ; la prima il 9 febbraio 1998, la seconda il 22 marzo 2003 e la terza il 25 marzo 2008.
1.2. Il motivo è temerario.
E’ la stessa ricorrente a dichiarare di avere depositato le tre raccomandate suddette soltanto con l’atto d’appello, e dunque inammissibilmente ai sensi dell’art. 345 c.p.c..
Né la ricorrente, in violazione dell’onere imposto a pena d’inammissibilità dall’art. 366, n. 6, c.p.c., chiarisce se e quando quei documenti furono invece depositati nel primo grado di giudizio.
2. Il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME
Il secondo motivo formula la medesima censura del primo, questa volta prospettata come vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360, n. 5, c.p.c..
2.1. Il motivo resta assorbito dal rigetto del primo.
In ogni caso esso sarebbe inammissibile, in quanto la doppia decisione conforme nei gradi di merito preclude la prospettabilità in questa sede del vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.
3. Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME
Col terzo motivo è prospettato il vizio di nullità della sentenza, perché sorretta da una motivazione apparente.
La motivazione, si sostiene nelle illustrazione del motivo, sarebbe apparente perché la Corte d’appello non ha preso in esame ‘ le critiche mosse dalla dottoressa NOME alla sentenza di primo grado, né sono state precisate le ragioni in forza delle quali tali critiche sono state disattese ‘.
3.1. Il motivo è manifestamente infondato.
In primo luogo è inammissibile perché la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 è dedotta sulla base di elementi che non risultano dalla sentenza,
sicché la nullità si dovrebbe desumere collazionando la sentenza con elementi acquisibili aliunde .
In secondo luogo è inammissibile perché il giudice di merito – come questa Corte viene ripetendo da ottanta anni – non è tenuto a prendere in esame ciascuno degli argomenti spesi dalla parte, quando decide la causa in base ad una ragione giuridica assorbente a quegli argomenti.
Peraltro, nel caso di specie la motivazione non sarebbe potuta essere più chiara: l’appello è stato rigettato perché il diritto era prescritto.
4. Il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME
Col quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2935 c.c..
Nell ‘ illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la C orte d’appello ha individuato l’ exordium praescriptionis nella data del 27 ottobre 1999, e cioè nella data di entrata in vigore della legge 370/99.
La ricorrente deduce che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non può correre quando il diritto non può essere fatto valere; che fino a quando le direttive comunitarie sopra indicate non furono correttamente trasposte nel diritto nazionale, essa non poteva avere ‘piena conoscenza’ dei propri diritti; che con la legge 370/99 lo Stato italiano non diede affatto attuazione piena e completa alle direttive comunitarie in materia di scuole di specializzazione ; che pertanto al momento ‘ dell’istaurazione’ del giudizio di primo grado il termine prescrizionale non era decorso; che tali princìpi sarebbero stati condivisi dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea con la sentenza COGNOME .
4.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis n. 1 c.p.c., alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui ‘ il diritto al risarcimento del danno da tardiva od incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive (…)
nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della legge 19 ottobre 1999, n. 370, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo ‘ (così Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184 -01; nello stesso senso, ex multis , Sez. 3, Ordinanza n. 2958 del 31/01/2024; Sez. L, Ordinanza n. 18961 del 11/09/2020; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 14112 del 07/07/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13281 del 1°/07/2020; Sez. 3 – , Ordinanza n. 13758 del 31/05/2018, Rv. 649044 – 01; Sez. 3 – , Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 -01; Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903 -01; Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619357 01); princìpi, com’è noto, risalenti alle sentenze gemelle nn. 101813, 10814, 10815 e 10816 del 2011, confermati ancora di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 17619 del 31/05/2022).
4.2. Il principio appena ricordato non solo non collide, ma anzi è puntualmente conforme all’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nella sentenza COGNOME (CGUE, sentenza 19.5.2011, in causa C-452/09), invocata dalla ricorrente. In tale sentenza infatti si è affermato che:
(a) lo Stato inadempiente nell’attuazione di una direttiva comunitaria, se convenuto in giudizio da chi domandi il risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione di quella direttiva, ben può opporre all’attore l’eccezione di prescrizione, se non fu lo Stato con il suo comportamento a causare la tardività del ricorso:
(b) l’accertamento da parte della Corte di giustizia della violazione del diritto dell’Unione europea è ininfluente sul dies a quo del termine di prescrizione, allorché detta violazione è fuori di dubbio (come già ritenuto da questa Corte: Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619357 – 01). E nella vicenda oggi in esame l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di remunerare la frequentazione delle scuole di specializzazione non era né dubitabile, né incerto .
Come noto la (allora) Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per ‘ agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico ‘, e lo fece con due direttive coeve: la direttiva 75/362/CEE e la direttiva 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975.
La prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinché il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una ‘formazione specializzata’. L’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla
Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982.
L’art. 13 di tale ultima direttiva aggiunse alla Direttiva 75/363/CEE un ‘Allegato’, contenente le ‘ caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti ‘.
L’art. 1, comma terzo, ultimo periodo, di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale ‘ forma oggetto di una adeguata remunerazione ‘. La direttiva 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; l’art. 16 della medesima direttiva imponeva agli Stati membri di conformarvisi ‘ entro e non oltre il 31 dicembre 1982 ‘.
Pertanto:
(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione in modo chiaro ed inequivoco a far data dal 29.1.1982;
(b) altrettanto chiara ed inequivoca era la previsione secondo cui gli Stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario;
(c) che lo Stato italiano non avesse rispettato tale obbligo era questione non dubitabile, non discutibile, non opinabile, e risultante per di più ictu oculi . E’ dunque insostenibile la tesi invocata dalla ricorrente, secondo cui in subiecta materia essa non avrebbero potuto sapere né di avere un diritto
scaturente dall’ordinamento comunitario, né che quel diritto venne violato dallo Stato italiano.
5.Il primo motivo del ricorso del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘.
Col primo motivo i ricorrenti del gruppo COGNOME denunciano la nullità della sentenza per non ‘ essersi confrontata con le argomentazioni’ da essi spese nel giudizio di gravame.
5.1. Il motivo è infondato per le ragioni già indicate nel precedente § 3.1.
6. Il secondo motivo del ricorso del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘.
Col secondo motivo è denunciato il vizio di ‘ omessa pronunzia sull’applicabilità al caso di specie della nota sentenza COGNOME della corte di giustizia UE’ .
Tale vizio è prospettato come ‘omessa pronuncia’, ai sensi dell’art. 112 c.p.c..
6.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Gli appellanti si dolsero del giudizio di maturata prescrizione, e sulla maturata prescrizione ha deciso la Corte d’appello.
Omessa pronuncia dunque non vi fu, né la mancata considerazione di argomenti difensivi – come già detto costituisce una ‘omessa pronuncia’. sulla vicenda qui in esame, vale
Quanto all’incidenza della sentenza COGNOME quanto già detto al precedente § 4.2.
7. Il terzo motivo del ricorso del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘.
Col terzo motivo è censurata la sentenza d’appello nella parte in cui ha individuato l’ exordium praescriptionis nella data del 27.10.1999.
7.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis n. 1 c.p.c., per le ragioni già esposte al precedente § 4.1.
8. Il quarto motivo del ricorso del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘.
Col quarto motivo i ricorrenti denunciano il vizio di omessa pronuncia.
Deducono di avere formulato istanza con la comparsa conclusionale in grado di appello affinché la questione concernente l’individuazione dell’ exordium praescriptionis fosse sottoposta alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, senza che il giudice di merito provvedesse.
8.1. Il motivo è manifestamente infondato sia perché il giudice di merito ha la facoltà, ma non l’obbligo, di disporre il suddetto rinvio; sia perché l’istanza di rinvio pregiudiziale non è una ‘domanda’ sulla quale il giudice di merito ha l’obbligo di provvedere; sia perché il rigetto dell’istanza è implicito nel rigetto dell’appello, sì che vanamente i ricorrenti discorrono di ‘omessa pronuncia’.
9. Il quinto motivo del ricorso del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘.
Alle pp. 35-37 i ricorrenti instano affinché questa Corte sottoponga alla Corte di giustizia dell’Unione Europa il seguente quesito: ‘ se alla stregua del diritto dell’unione un rimedio giurisdizionale possa considerarsi effettivo prima che sia definita la natura giuridica dell’azione esperibile’.
9.1. L’ istanza dei ricorrenti è manifestamente irrilevante, per le ragioni tutte già ripetutamente affermate da questa Corte, in duecentododici fattispecie identiche, anche su ricorsi proposti dal medesimo difensore degli odierni ricorrenti (da ultimo Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24144 del 9/9/2024), motivazioni cui si può qui rinviare ai sensi dell’art. 118 , comma primo, ultimo periodo, disp. att. c.p.c. ( ex multis , Sez. 3, Ordinanza n. 3431 del 6/2/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 24749 del 17/08/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 16365 del 08/06/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 15719 del 17/05/2022).
10. Il sesto motivo del ricorso del ‘gruppo RAGIONE_SOCIALE‘.
Col sesto motivo è censurato il capo di sentenza che ha regolato le spese di lite.
I ricorrenti deducono che la liquidazione delle spese nella misura di euro 45.871,72 fu ‘ illegittima e gravosa ‘ ; ch e l’Avvocatura Generale resistette
all’appello redigendo un solo atto comune per tutti i ricorrenti; che nella liquidazione delle spese in quella misura dovese scorgersi un ‘intento punitivo’.
10.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
Innanzitutto è inammissibile perché i ricorrenti, al di là di deduzioni tanto generiche quanto agiuridiche, non indicano un solo profilo di illegittimità in iure della regolazione delle spese di lite: non si dolgono della determinazione del valore della causa; né dell’individuazione del corrispondente scaglione ai sensi del d.m. 55/14; né del superamento della soglia massima dei parametri di legge.
10.2. Il motivo è comunque anche infondato nel merito.
Questa Corte ha più volte stabilito – con ampia motivazione – che in caso di litisconsorzio facoltativo ex art. 103 c.p.c., il valore della causa non si determina sommando il valore delle singole domande proposte da un solo attore contro più convenuti o da più attori contro un solo convenuto, posto che queste, essendo cumulate soltanto dal lato soggettivo, vanno ritenute fra loro distinte ed autonome.
Nella suddetta ipotesi il valore della causa si determina in base alla domanda di valore più elevato, con la conseguenza che, anche ai fini della liquidazione degli onorari spettanti all’avvocato che ha assistito più parti, la misura del compenso standard (sul quale applicare le variazioni in aumento e in diminuzione previste dall’art. 4, commi 2 e 4, d.m. n. 55 del 2014) va determinata nell’ambito dello scaglione di riferimento in relazione alla domanda (o alla condanna) di importo più elevato (Sez. 3 – , Ordinanza n. 10367 del 17/04/2024, Rv. 670780 – 01).
10.3. Nel caso di specie, essendo stata rigettata la domanda di tutti gli attori, il valore della causa va stabilito in base al petitum più elevato.
In primo grado gli attori domandarono la condanna dello Stato italiano al pagamento di euro 11.103,80 per ciascun anno di specializzazione ‘ oltre interessi e rivalutazione monetaria .
Diversi attori avevano conseguito una specializzazione all’esito d’un corso di durata quinquennale (ad es., NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME).
Questa fu dunque la domanda più elevata, pari ad euro 55.519.
Tuttavia il valore della domanda si determina aggiungendo al capitale gli interessi scaduti prima dell’introduzione del giudizio (art. 10, secondo comma, c.p.c.): e poiché gli attori in primo grado domandarono la condanna dello Stato al pagamento degli ‘ interessi e della rivalutazione monetaria ‘, e la specializzazione conseguita da NOME COGNOME si concluse nel 1986, al valore della domanda (come s’è detto, euro 55.519) si dovevano sommare (al momento della decisione d’appello) trentacinque anni di interessi e rivalutazione, e dunque:
euro 101.877,36 a titolo di rivalutazione (coefficiente FOI-ISTAT del 1986 pari a 2,835);
euro 117.381,92 a titolo di interessi (calcolati al saggio legale vigente de die in diem dal 1986 alla data dell’atto di citazione in primo grado, cioè il 6 agosto 2014).
Il valore della domanda più elevata era dunque pari ad euro 55.519 di capitale, più euro 101.877,36 di rivalutazione, più euro 117.381,92 di interessi, ovvero euro 274.778,28.
10.4. Per una domanda di questo valore il d.m. 55/14 prevede un compenso massimo per le tre fasi del giudizio di appello di euro 30.179, che maggiorati del 470% ex art. 4, comma 2, d.m. 55/14 in considerazione del numero di appellanti (maggiore di 30), come meglio si dirà tra breve, ascende ad euro 172.020,3.
La Corte d’appello pertanto, liquidando la somma di euro 45.871, non solo non ha violato il d.m. 55/14, ma anzi ha trattato i soccombenti con immeritata clemenza.
Le spese del presente giudizio di legittimità sono regolate come segue.
11.1 NOME COGNOME è condannata a rifondere quelle sostenute dall’Avvocatura Generale, liquidate come in dispositivo.
11.2. Tutti i componenti del ‘RAGIONE_SOCIALE vanno condannati in solido alla rifusione delle spese a favore dell’Avvocatura Generale. Tali spese vanno determinate previo aumento nella misura stabilita dall’art. 4, comma 2, ultimo periodo, d.m. 55/14, e quindi come segue:
-) stabilendo il valore della causa in base al petitum (art. 4 d.m. 55/14), e dunque in base alla domanda di importo più elevato, come determinato supra, al § 10.3;
-) assumendo quindi a base di calcolo lo scaglione di valore compreso tra 260.000 e 520.000 euro;
-) applicando la tabella vigente ratione temporis rispetto all’ultimo atto compiuto dall’Avvocatura Generale (e cioè dopo le modifiche di cui al d.m. 147/22, entrato in vigore il 28.8.2022; la memoria dell’Avvocatura è datat a 14.3.2025);
-) individuando quale parametro il valore – prossimo al minimo – di euro 5.9 00, in considerazione della natura ormai ‘ settled’ delle questioni poste dai ricorrenti;
-) aumentando il suddetto valore del 30% per ciascuno dei soccombenti successivo al primo fino al nono (e quindi del 270%), e quindi di un ulteriore 10% per ciascuno dei ricorrenti dall’11° al 30°, e così complessivamente del 470%.
11.3. Il totale ascende dunque ad euro (5.900 x 470%) più 5.900, ovvero euro 33.630.
La circostanza che ambedue i ricorsi (principale e successivo) abbiano prospettato questioni di diritto da tempo risolte da questa Corte; che tali
questioni abbiano dato vita a centinaia di decisioni puntualmente conformi; che ambo i ricorsi siano stati proposti a fronte di un orientamento di questa Corte più che consolidato; la circostanza che il difensore dei ricorrenti del ‘gruppo COGNOMERAGIONE_SOCIALE abbia insistito nella propria impugnazione, nonostante ricorso identico su identica fattispecie, da lui stesso proposto, fosse già stato rigettato prima della proposizione del ricorso qui in esame (da Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4582 del 11/2/2022); la circostanza che dopo la proposizione del ricorso oggi in esame il difensore degli odierni ricorrenti si sia visto rigettare identici ricorsi basati su identici motivi e scaturenti da identiche fattispecie (Sez. 3, Ordinanza n. 24144 del 2024; Sez. 3, Ordinanza n. 15207 del 2024; Sez. 3, Ordinanza n. 8690 del 2024), senza trarne le debite valutazioni circa l’insostenibilità della propria pretesa, costituiscono ex se altrettanti indici di abuso dello strumento processuale, per i fini di cui all’art. 96 c.p.c..
I ricorrenti vanno dunque condannati, ai sensi della norma appena indicata, al pagamento in favore della Presidenza del Consiglio delle ulteriori somme indicate nel dispositivo.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 3.200, oltre spese prenotate a debito;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri della somma di euro 1.500 ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
(-) rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME DinaCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME SandraCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME
NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME RobertoCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Fatigati NOMECOGNOME Ferrara Emanuele COGNOME NOMECOGNOME MauroCOGNOME NOMECOGNOME GuidoCOGNOME SalvatoreCOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Giordano AmaliaCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME Alessandro Adriano Giovanni, Indirli NOME Cosimo, La Terra Giuseppe, Lacapra Paolo, COGNOME NOME, COGNOME NOME, Lodi NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, Monti NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Palma NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, Poli NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME Ada, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
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(-) condanna i ricorrenti di cui al capoverso precedente, in solido, alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 33.630, oltre spese prenotate a debito;
(-) condanna i ricorrenti indicati al capoverso precedente, in solido, al pagamento in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri della somma di euro 16.500 ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti tutti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della