Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27933 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
Oggetto
Responsabilità civile p.a. -Mancata attuazione direttive comunitarie -Medici specializzandi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5985/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, domiciliati digitalmente ex lege ;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE, domiciliata digitalmente ex lege ; -controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1368/2021, depositata il 24 agosto 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con la sentenza impugnata la Corte di merito ha confermato il rigetto, per intervenuta prescrizione del diritto azionato, della domanda proposta dai dottori NOME COGNOME e NOME COGNOME, medici specializzati, diretta ad ottenere la condanna della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in tema di adeguata retribuzione spettante per la frequenza dei corsi di specializzazione con iscrizione anteriore al 1991;
per la cassazione di tale sentenza i predetti medici propongono ricorso sulla base di due motivi, cui resiste l’amministrazione intimata, depositando controricorso;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero;
considerato che:
i due motivi di ricorso, oggetto di unitaria illustrazione, sono così rubricati:
Art. 360 c.1 n. 3 – Violazione o falsa applicazione artt. 2934, 2935 e 2946 del c.c.; per errata determinazione della decorrenza della prescrizione e conseguente estinzione del diritto;
Art. 360 c.1 n. 3 – Violazione art. 288 TFUE in relazione alla vincolatività delle; Direttive ed al risultato da raggiungere -Violazione art. 4 TUE principio di leale; collaborazione – Violazione Direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE per mancata trasposizione;
argomentano i ricorrenti che:
─ la legge n. 370 del 1999 non può assumere rilievo ai fini della determinazione del danno risarcibile e, conseguentemente, neanche ai fini della individuazione della data di decorrenza del termine di prescrizione;
─ con essa, infatti, sono sostanzialmente elusi gli obblighi comunitari, disponendo solo pro futuro e creando distinzioni
soggettive tra i medici specializzandi;
─ l a stessa Corte di c assazione ha riconosciuto l’incertezza interpretativa delle direttive europee, tanto da richiedere nel 2018 un chiarimento alla Corte di Giustizia Europea, la quale ha chiarito che gli specializzandi ammessi nel 1982 e che hanno proseguito i rispetti corsi fino al 1990 hanno diritto alla remunerazione adeguata dal 1° gennaio 1983;
─ con tale pronuncia la Corte europea ha anche ribadito che è compito di tutte le istituzioni interne di agire, nell’ambito delle proprie competenze, per raggiungere l’effetto voluto dalla direttiva , il che non può dirsi sia accaduto nella fattispecie;
i motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili, a norma dell’art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ.;
la Corte territoriale ha deciso conformemente al consolidato indirizzo di questa Corte con cui è stato chiarito in modo univoco e ripetuto che il diritto al risarcimento del danno da tardiva e incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della legge 19 ottobre 1999, n. 370, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo, rendendo definitivo l’inadempimento soggettivo residuo (cfr., Cass. 17/05/2011, nn. 10813, 10814, 10815 e 10816, Cass., 31/08/2011, n. 17868, 20/03/2014, n. 6606, Cass., 15/11/2016, n. 23199; indirizzo sempre confermato, da ormai innumerevoli successivi arresti, come, ad esempio, per segnalarne solo alcuni tra i più recenti, Cass. Sez. U. n. 30649 del 2018; Sez. U. n. 17619 del 2022; Sez. U. n. 18640 del 2022; Cass. nn. 32957-32960 del 2022; n. 29132 del 2022; n. 8096
del 2022; n. 39421 del 2021; n. 1589 del 2020; n. 18961 del 2020; n. 14112 del 2020; n. 16452 del 2019; n. 13758 del 2018);
tale indirizzo, giova rammentare, si è consolidato sulla base del rilievo secondo il quale « a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 -è rimasta inalterata la situazione di inadempienza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1° gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo RAGIONE_SOCIALE non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11 »;
né potrebbe sostenersi che il leading case del 2011 abbia preso in considerazione un termine prudenziale in ottica di conformità comunitaria, in ragione di quanto allora esaminabile, e tale da essere comunque sufficiente a respingere, in quel tempo, l’eccezione di prescrizione, e che, invece, solo successivamente al 1999 la giurisprudenza di questa Corte ha escluso quelle incertezze inibenti la decorrenza della prescrizione in pregiudizio del danneggiato, relative ad aspetti quali: l’individuazione della giurisdizione, se ordinaria o amministrativa; la natura dell’azione esperibile, se contrattuale o aquiliana; il termine di prescrizione ; l’individuazione del legittimato
passivo della domanda, se solo lo RAGIONE_SOCIALE o meno;
detti argomenti ─ come già questa Corte ha più volte avuto modo di rimarcare ─ sono del tutto infondati e inidonei a indurre a un ripensamento della stabile nomofilachia richiamata e, infatti, per un verso confermata in tempi ben susseguenti al 2011, per altro verso tale da non potersi più riferire solo al rigetto dell’eccezione di prescrizione allora effettuato;
è opportuno ribadire, quanto alla remunerazione, che a seguito dell’intervento con il quale il legislatore ─ dettando l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 ─ ha effettuato una aestimatio del danno, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione satisfattiva avente natura di debito di valuta, iscritta in una cornice di disciplina comunitaria nella quale non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa, come ribadito – ferma, pure in chiave CEDU, la non irrisorietà della quantificazione nazionale – anche dalla pronuncia, evocata in ricorso, della Corte di giustizia, 24 gennaio 2018, C616/16 e C617-16 (Cass., 24/01/2020, n. 1641, cui si rimanda per una più ampia ricostruzione giurisprudenziale);
questa pronuncia per un verso ribadisce che non vi è mai stata alcuna indicazione unionale sulla quantificazione della « adeguata remunerazione », per altro verso non affronta il tema qui discusso della decorrenza prescrizionale;
quanto sopra è in linea con ciò che si deve dire per la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi di cui all’art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999, applicabile, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle scuole di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che, ove a regime secondo la normativa statale di recepimento, restano soggetti alla disciplina di cui al d.lgs.
n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché, in particolare, la direttiva n. 93/16, rispetto alla quale quella n. 2005/36 nulla sposta, non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio (Cass., 14/03/2018, n. 6355, e le moltissime successive conformi, quale, solo a titolo esemplificativo, Cass., 24/05/2019, n. 14168);
ciò per dire che non è individuabile alcun momento in cui si è stabilita una remunerazione adeguata da valutarsi come la sola recettiva della disciplina unionale, tale da poter concludere, anche in tesi, che esclusivamente a far data da allora avrebbe potuto decorrere la prescrizione:
non vi è alcuna violazione della normativa sovranazionale, e alcuna irragionevolezza o disparità di trattamento posto che l’incremento previsto nell’esercizio della discrezionalità legislativa per i corsi di specializzazione collocati in tempi successivi, non escludendo l’adeguatezza della remunerazione precedente, è stato espressione di una scelta che rientra nelle opzioni legislative di regolare diversamente situazioni successive nel tempo (cfr. Cass. 19/02/2019, n. 4809; 18/02/2021, n. 4307);
il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione, in favore della amministrazione controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
ritiene il Collegio sussistenti i presupposti di fatto e processuali per la condanna dei ricorrenti al pagamento di un’ ulteriore somma ex art. 96, terzo comma, c.p.c., tenuto conto del carattere largamente consolidato della giurisprudenza formatasi in sede di legittimità sulle questioni trattate: somma liquidata come da dispositivo;
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti tutti, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art.
1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della amministrazione controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.900 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Condanna i predetti al pagamento, in favore delle amministrazioni controricorrenti, ex art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della ulteriore somma di Euro 1.000.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME