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Prescrizione medici specializzandi: decorrenza e atti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14166/2024, ha rigettato il ricorso di un medico specializzando, confermando la prescrizione del suo diritto a un’adeguata remunerazione. Il caso verteva sulla decorrenza del termine decennale, fissato al 27 ottobre 1999, e sull’inefficacia di un atto interruttivo pervenuto al destinatario dopo la scadenza del termine. La Corte ha ribadito che, per interrompere la prescrizione, rileva il momento in cui l’atto giunge a conoscenza del destinatario, non quello della spedizione.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione medici specializzandi: la Cassazione fissa i paletti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla delicata questione della prescrizione per i medici specializzandi che hanno frequentato i corsi tra il 1983 e il 1991 senza ricevere un’adeguata remunerazione. La decisione chiarisce in modo definitivo la data di decorrenza del termine decennale e la natura recettizia degli atti interruttivi, offrendo un’analisi cruciale per comprendere i limiti temporali di tali azioni risarcitorie.

I Fatti di Causa

Un medico, che aveva conseguito la specializzazione in psichiatria nell’anno accademico 1989-1990, citava in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri ministeri per ottenere il riconoscimento del suo diritto a un’adeguata remunerazione, mai percepita durante il corso. Inizialmente, il Tribunale accoglieva parzialmente la sua domanda. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione statale. Secondo i giudici d’appello, il diritto del medico si era estinto, poiché l’atto interruttivo della prescrizione (una lettera raccomandata) era giunto a conoscenza dell’ente pubblico dopo la scadenza del termine decennale. Il medico decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La questione della prescrizione per i medici specializzandi

Il cuore della controversia ruotava attorno a due elementi chiave: l’individuazione del momento esatto da cui far partire il conteggio della prescrizione e l’efficacia dell’atto interruttivo. Il ricorrente sosteneva che l’eccezione di prescrizione fosse stata formulata in modo nuovo in appello e che la Corte territoriale avesse errato nel non attivare un dibattito tra le parti su tale specifica questione, portando a una ‘decisione a sorpresa’. Inoltre, contestava la data di decorrenza del termine, ritenendo che dovesse essere posticipata. L’Amministrazione, invece, insisteva sul fatto che il decennio per esercitare il diritto fosse iniziato il 27 ottobre 1999 e che la lettera interruttiva, spedita il 27 ottobre 2009 ma ricevuta il 30 ottobre 2009, fosse tardiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno stabilito che l’eccezione di prescrizione, una volta sollevata, investe il giudice del potere di determinarne la durata e la decorrenza come una questione di diritto (quaestio iuris), senza che le diverse argomentazioni proposte in appello costituiscano un’eccezione ‘nuova’. Inoltre, hanno ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale sul tema.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il termine di prescrizione decennale per le pretese risarcitorie dei medici specializzandi, relative al mancato adempimento delle direttive europee, decorre dal 27 ottobre 1999. Questa data corrisponde all’entrata in vigore della Legge n. 370/1999, momento in cui è divenuta palese e definitiva la volontà dello Stato di non adempiere spontaneamente nei confronti di quella specifica categoria di medici. Di conseguenza, da quel giorno i medici avevano la ‘ragionevole certezza’ di dover agire in giudizio per tutelare i propri diritti.

Un altro punto fondamentale della motivazione riguarda la natura degli atti interruttivi della prescrizione. La Cassazione ha sottolineato che tali atti, per produrre il loro effetto, devono giungere a conoscenza del destinatario. Sono, infatti, atti ‘recettizi’. Non è sufficiente la semplice spedizione entro il termine di prescrizione; è necessario che la ricezione avvenga prima della sua scadenza. Nel caso di specie, il termine decennale scadeva il 27 ottobre 2009. La lettera, pur spedita in quella data, era stata ricevuta dall’Amministrazione solo il 30 ottobre, quando il diritto era ormai irrimediabilmente prescritto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di prescrizione per i medici specializzandi. Per chi rientra nel periodo 1983-1991, il termine per agire è scaduto il 27 ottobre 2009. Qualsiasi azione legale o atto interruttivo deve essere stato non solo avviato, ma anche portato a conoscenza della controparte entro tale data per essere considerato valido. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di agire tempestivamente per la tutela dei propri diritti, prestando massima attenzione non solo alla spedizione degli atti, ma anche alla loro effettiva ricezione da parte del destinatario entro i termini perentori stabiliti dalla legge.

Da quale data inizia a decorrere la prescrizione decennale per le richieste di remunerazione dei medici specializzandi del periodo 1983-1991?
Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, il termine di prescrizione decennale inizia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della Legge n. 370/1999.

Per interrompere la prescrizione, è sufficiente spedire l’atto interruttivo prima della scadenza del termine?
No. L’atto di interruzione della prescrizione è un atto recettizio, il che significa che produce i suoi effetti solo quando giunge a conoscenza del destinatario. Pertanto, non conta la data di spedizione, ma quella di ricezione, che deve avvenire prima della scadenza del termine di prescrizione.

Sollevare in appello argomenti diversi sulla stessa eccezione di prescrizione è considerato come proporre un’eccezione nuova?
No. Una volta che l’eccezione di prescrizione è stata sollevata in primo grado, la determinazione della sua durata, della sua decorrenza e del regime applicabile è una ‘questione di diritto’ (quaestio iuris) che il giudice può e deve esaminare, anche sulla base di argomentazioni diverse proposte in appello, senza che ciò costituisca la proposizione di un’eccezione inammissibilmente nuova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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