Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 511 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 511 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso principale iscritto al n. 23714/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato prof. NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME EMAIL giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
ricorrenti – e sul ricorso successivo proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende giuste procure speciali allegate al ricorso.
-ricorrenti successivi –
entrambi contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, nonché MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, ex lege domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (EMAIL) che li rappresenta e difende ope legis.
–
contro
ricorrenti riguardo ad entrambi i ricorsi – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 5094/2023 depositata il 12/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/10/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi del dr. COGNOME NOME, nonché i dottori odierni ricorrenti incidentali, medici specializzatisi con l’ordinamento ante d.lgs. n. 257/1991, convenivano, innanzi al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché il Ministero della Salute, il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, lamentando il mancato tempestivo recepimento delle Direttive CEE n. 75/363 del 16.6.1975 e n. 82/76 del 26.1.1982 e la mancata fruizione della borsa di studio ex D.lgs. n. 257/1991.
Si costituivano in giudizio le Amministrazioni statali, eccependo: il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri; la prescrizione delle avverse pretese; l’infondatezza ovvero l’inammissibilità della domanda per gli iscritti ai corsi di specializzazione ante a.a. 1982/83; l’inammissibilità ovvero l’infondatezza delle domande per corsi di specializzazione non previsti nelle Direttive europee.
Il Tribunale di Roma rigettava la domanda per intervenuta prescrizione.
Con sentenza n. 5094/2023 del 12/07/2023 la Corte d’Appello di Roma confermava integralmente la sentenza di primo grado, ribadendo l’intervenuta prescrizione dei diritti azionati.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi del dr. COGNOME NOMECOGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; propongono altresì ricorso per cassazione successivo, affidato ad un unico motivo, i dottori COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME SalvatoreCOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME Angelo Francesco.
Resistono con distinti controricorsi le Amministrazioni dello Stato.
In relazione ai due ricorsi il Consigliere delegato ha formulato , ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.., la seguente proposta di
decisione accelerata: ‘rilevato che: con la sentenza impugnata la Corte di merito ha confermato il rigetto, per intervenuta prescrizione del diritto azionato, della domanda degli odierni ricorrenti, medici specializzati, diretta ad ottenere la condanna delle Amministrazioni odierne controricorrenti al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in tema di adeguata retribuzione spettante per la frequenza dei corsi di specializzazione con iscrizione anteriore al 1991; considerato che: l’unico motivo posto a fondamento sia del primo che del secondo ricorso investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il dies a quo del termine decennale di prescrizione decorre dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della legge 19 ottobre 1999, n. 370; per entrambi i ricorsi detto motivo va detto inammissibile ex art. 360-bis n. 1 cod. proc. civ.; la Corte di merito ha, infatti, deciso le questioni rimesse al suo esame in esame in modo conforme alla più che consolidata giurisprudenza di questa Corte e l’esame degli argomenti di critica ─ tutti sovrapponibili ai vari profili di censura già reiteratamente esaminati e confutati dalla corposa mole di pronunce già intervenuta in argomento ─ non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa (v. ex multis Cass. nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011; Cass. 20/03/2014, n. 6606; Cass. 15/11/2016, n. 23199: indirizzo sempre confermato, da ormai innumerevoli successivi arresti, come, ad esempio, per segnalare solo i più recenti, Cass. Sez. U. n. 30649 del 2018; Id. n. 18640 del 2022; Cass. nn. 32957-32960 del 2022; n. 29132 del 2022; n. 8096 del 2022; n. 39421 del 2021; n. 1589 del 2020; n. 18961 del 2020; n. 14112 del 2020; n. 16452 del 2019; n. 4581 del 2022); propone la definizione di entrambi i ricorsi ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. con pronuncia di inammissibilità’.
Il difensore degli eredi del dr. COGNOME NOME, munito di procura speciale, ha richiesto la decisione del ricorso principale ed ha anche sollevato nella richiesta questione di legittimità costituzionale dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., in quanto lesiva del diritto di difesa, in particolare assumendo che il teerrzo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., <>.
Il difensore dei ricorrenti successivi non ha formulato richiesta di decisione.
È stata fissata la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 360 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
I ricorrenti successivi hanno depositato memoria limitandosi a rappresentare di avere tacitamente rinunciato al giudizio non avendo chiesto la decisione, nonché sollecitando la compensazione delle spese.
Considerato che
In via preliminare il Collegio rileva che, a norma dell’art. 335 c.p.c., la trattazione del ricorso successivo deve avvenire unitamente a quello principale, previa riunione a questo. Per tale ragione si è dovuta fissare la trattazione in adunanza camerale per entrambi, essendo preclusa la modalità di definizione di cui al secondo comma, secondo inciso, dell’art. 380 -bis c.p.c. In questa
sede va disposta, dunque, la riunione del ricorso successivo proposto dai ventiquattro dottori specializzati (il dr. COGNOME oltre agli altri ventitré dottori indicati in epigrafe) – che è tale in quanto è stato notificato in data successiva rispetto alla notifica del ricorso da parte di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME ed è stato iscritto a ruolo dopo -a quello principale. Il ricorso successivo deve essere oggettivamente qualificato in termini di ricorso incidentale (v., tra le tante, Cass., 23/11/2021, n. 36057, secondo cui ‘il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo).
Tanto premesso, osserva il Collegio che la questione di costituzionalità, prospettata dai ricorrenti COGNOME e COGNOME COGNOME, nel senso del contrasto dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. con gli artt. 24 e 21 Cost., è manifestamente infondata.
Le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, con la sentenza n. 28540 del 2023 -di cui, peraltro, i ricorrenti principali hanno bene consapevolezza – infatti già avuto modo di affermare che ‘In tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’.
A fondamento di tale principio, è stato altresì precisato che ‘L’art. 380 -bis cod. proc. civ. configura uno strumento di
agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare, secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato (d.lgs. n. 149 del 2022), un’ipotesi di abuso del diritto di difesa. Richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., l’art. 380 -bis cod. proc. civ. codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato, una ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente che trovi poi conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata (v. Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27195, anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale)’.
L’ art. 380 -bis , ultimo comma, cod. proc. civ. costituisce una novità normativa (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma).
In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale, istituto della cui conformità a Costituzione non vi è dubbio alcuno.
Ratio della previsione di cui all’art. 380 -bis cod. proc. civ. è quella di apprestare uno strumento di agevolazione della
definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare ipotesi di abuso del diritto di difesa.
I fattori di dissuasione -così si esprime Cass., 27195/2023contenuti nella norma in esame sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, la limitatezza della risorsa giustizia, per cui risulta giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo.
1.1. In forza dei suindicati principi di diritto, dunque, non è ravvisabile alcuna violazione degli artt. 21 o 24 Cost.
1.2. Diversamente da quanto prospettato in memoria dal difensore dei ricorrenti eredi COGNOME (che si spinge addirittura a configurare l’istituto di cui all’art. 380 -bis cod. proc. civ. in termini di ‘un’indebita pressione che induce il ricorrente a rinunciare per evitare una pena pecuniaria. È una minaccia inaudita, oltre che al diritto di difesa (artt., 24 e 111 Cost.), alla libertà di esprimere il proprio pensiero, di cui all’art. 21 della Costituzione’), la citata norma concretizza il chiaro intento del legislatore di offrire nell’immediato uno strumento di agevole e rapida definizione dei ricorsi che si palesino inammissibili, improcedibili ovvero manifestamente infondati, e consentendo alla Corte di concentrarsi su quelli che invece si presentino meritevoli di un intervento nomofilattico o che all’inverso meritino un attento esame.
Si deve, inoltre aggiungere che la sanzione è ricollegata ad un abuso del processo che si concretizza allorquando si chieda la definizione del giudizio di cassazione infondatamente dissentendo dall’opinamento della proposta di definizione, che venga poi confermato dalla decisione collegiale. È questa la situazione che fa scattare l’automatismo delle sanzioni previste dal terzo comma
dell’art. 380 -bis , che, invece, non sussiste qualora il giudizio venga definito con esito infausto per il ricorrente con una motivazione diversa da quella esposta nella proposta di definizione. Potendo, semmai, in questo caso sussistere la possibilità per il Collegio di applicare, ricorrendone i presupposti e dunque, con una valutazione specifica ed in concreto il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. in via diretta, cioè come accadrebbe nel giudizio di cassazione definito senza previa proposta di c.d. definizione accelerata.
I ricorrenti, poi, trascurano completamente che la situazione di condivisione della proposta che spinga il ricorrente in cassazione a non chiedere la decisione collegiale, essendo il provvedimento di chiusura del processo un decreto ai sensi dell’art. 391 c.p.c. implica il vantaggio della possibilità che il decreto possa non disporre sulle spese, premiando l’atteggiamento del ricorrente.
Anche questo possibile vantaggio, di fronte al caso in cui il dissenso dalla proposta sia privo di fondamento, rende la condotta del ricorrente riconducibile all’abuso del processo.
Da ultimo, è del tutto fallace la prospettazione di una eccentricità comportante incostituzionalità della sanzione di cui al terzo comma, per il suo automatismo, rispetto alla logica dell’art. 96, che impone nel terzo comma, una valutazione in concreto al giudice: è sufficiente osservare che trattasi di scelta legislativa e di scelta che potrebbe essere censurata solo per irragionevolezza o disparità di trattamento, situazioni escluse per la peculiarità della situazione disciplinata, che vede parte ricorrente non acquietarsi a torto dell’opinamento espresso dalla proposta. L’evocazione dell’art. 21 Cost. è singolare , perché non è dato comprendere come detta norma possa essere evocata da chi chiede tutale giurisdizionale e dal giudice veda negarsela per infondatezza in iure o in rito. Altrettale irrilevanza merita
l’evocazione dell’art. 24: la sanzione non mortifica e non nega il diritto di difesa, posto che la richiesta di definizione è non solo immotivata, ma determina, non diversamente da come aveva fatto il ricorso, cioè l’atto di esercizio del diritto di difesa mediante l’impugnazione, la decisione sul ricorso.
Ciò posto, occorre distinguere le diverse posizioni processuali assunte dai ricorrenti in relazione alla proposta di decisione accelerata formulata dal Consigliere delegato.
2.1. Il ricorso successivo ed oggettivamente incidentale affidato ad un unico motivo con il quale i ricorrenti denunciano ‘Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonché degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE., dell’art. 10 Cost.; dell’art. 19, comma 1, seconda parte, del Trattato sull’Unione Europea; dell’Art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, cd. Carta di Nizza (approvata il 7 dicembre 2000); delle Dir CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU; degli artt. 1, 10, 11 e 12 delle Preleggi c.c. e degli artt. 2934, 2935 e 2938 c.c., dell’art. 6 del Decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191), nonché dell’art. 11 della Legge n. 370/99 in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.’ – si intende rinunciato, dato che il difensore non ne ha richiesta la decisione.
2.2 . Ne deriva pertanto l’estinzione del giudizio di cassazione a norma dell’art. 391 c.p.c. nonché il beneficio della non applicazione del raddoppio del contributo unificato (art. 18 del d.lgs. 149/2022).
Con un unico motivo, i ricorrenti principali COGNOME NOME e COGNOME Dario denunciano ‘Violazione o falsa applicazione degli artt. 2934 e 2935 c.c., anche in relazione ai principi di certezza
del diritto e di effettività della tutela dei diritti ovvero omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’.
Lamentano che ‘il diritto di credito è, ancora, in vita ed i Giudicanti non hanno fatto buona applicazione dell’istituto della prescrizione’ (così p. 9 del ricorso).
3.1. Il ricorso proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME, che hanno insistito per la decisione, va definito conformemente alla proposta di decisione accelerata, le cui argomentazioni sono integralmente condivise dal Collegio, il quale, nel procedere allo scrutinio dell’unico motivo proposto, espone considerazioni meramente esplicative di quanto già assunto nella suddetta proposta ex art. 380bis cod. proc. civ.
3.2. Orbene, il ricorso principale, come pure l’opposizione alla proposta di decisione accelerata svolta in memoria illustrativa, si limitano a riproporre argomenti che sono già stati disattesi più volte da questa Suprema Corte in tema di diritti dei medici specializzandi (v. Cass., Sez. Un., 17619 del 2022 in motivazione; Cass., 8690/2024, in motivazione, che rinvia ad altri numerosissimi precedenti), con argomentazioni richiamate dal Consigliere delegato nella proposta di decisione accelerata, donde la loro inammissibilità ex art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ., perché si pongono in contrasto con un costante e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità -al quale si intende in questa sede dare continuità-, senza proporre alcuna argomentazione idonea a contrastarlo adeguatamente e a convincere la Corte sulla opportunità del suo superamento.
3.3. In particolare, la citata sentenza delle Sezioni Unite richiama Cass. n. 8096 del 2022, Cass. n. 39421 del 2021, Cass. n. 1589 del 2020, Cass. n. 18961 del 2020, Cass. n. 14112 del 2020, Cass. n. 16452 del 2019, Cass. S.U. n. 30649 del 2018, Cass. n. 13758 del 2018; in tutti questi precedenti arresti è stato
ribadito il principio, già affermato da Cass. n. 10813, 10814, 10815, 10816 e 17688 del 2011, Cass., 20/03/2014, n. 6606 e Cass., 15/11/2016, n. 23199, e posto anzitutto dalle sentenze gemelle Cass., 17/05/2011, n. 10813, 10814, 10815 e 10816, secondo il quale “a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari -realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257- è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato í necessari requisiti nel periodo che va dal 10 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11”.
In conclusione, ed in maniera integralmente conforme a quanto rilevato nella proposta di decisione accelerata (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2023, n. 36069), il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1 c.p.c.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza per i ricorrenti principali, che hanno chiesto la decisione, e vengono comunque liquidate a norma del secondo comma dell’art. 391 cod. proc. civ. anche a carico dei ricorrenti incidentali, attesa la manifesta infondatezza del loro ricorso,
come dimostrato dal richiamo alla congerie di precedenti sopra evocati, che rende inescusabile l’introduzione del giudizio di legittimità ed induce, dunque, ad esercitare il potere di liquidare le spese a norma del secondo comma dell’art. 391 c.p.c.
Esse sono liquidate nella misura indicata in dispositivo e sono calcolate secondo l’art. 4, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014, come interpretato da questa Corte (v. Cass., 31/01/2024 n. 2956), secondo cui ‘In tema di spese processuali l’art. 4, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014, che prevede la spettanza di un solo compenso, ma maggiorato, è applicabile anche nel caso in cui l’avvocato assista più soggetti contro le domande proposte da più parti, sussistendo, anche in tal caso, la ratio della norma, da individuarsi nell’esigenza di remunerare l’avvocato in misura maggiore quando maggiore è stato il suo impegno, evitando, al contempo, una duplicazione del compenso a fronte di un’attività solo formalmente reiterata, ma sostanzialmente unitaria. (In applicazione del principio la S.C. ha respinto il ricorso avverso la sentenza che, in conseguenza del rigetto delle domande proposte da una pluralità di medici specializzandi contro quattro Amministrazioni, tutte assistite dall’Avvocatura dello Stato, nel liquidare le spese di lite aveva applicato l’aumento previsto dal citato articolo 4, tenendo conto del numero delle parti soccombenti)’.
Sussistono, infine, i presupposti perché i ricorrenti principali vengano condannati, ai sensi dell’art. 96, comma terzo c.p.c. ed inoltre, ai sensi del quarto comma di tale norma, al pagamento in solido, a favore delle Amministrazioni controricorrenti, di una somma equitativamente determinata, nella misura parimenti indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio sul ricorso successivo oggettivamente incidentale per rinuncia ai sensi del secondo
comma dell’art. 380 -bis c.p.c. Dichiara inammissibile il ricorso principale.
Condanna i ricorrenti principali al pagamento in solido, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Condanna i ricorrenti incidentali al pagamento in solido, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Condanna i ricorrenti principali al pagamento in solido, in favore dei controricorrenti, della somma di euro 3.000,00, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ. , nonché al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza