Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2250 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2250 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15227/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-ricorrenti-
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA, MINISTERO DELL’ ECONOMIA E FINANZE, rappresentati e difesi per legge dall’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
R.G. 15227/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 3/12/2024
C.C. 14/4/2022
MEDICI SPECIALIZZANDI.
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE ROMA n. 13819/2019 depositata il 2 luglio 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La dottoressa NOME COGNOME e gli altri medici indicati in epigrafe convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri suindicati, chiedendo che fosse riconosciuto il loro diritto a percepire un’adeguata remunerazione in relazione alle diverse specializzazioni da loro conseguite negli anni dal 1985 al 1994.
A sostegno della domanda esposero di aver svolto attività professionale a tempo pieno per l’intero periodo del corso e di non aver percepito alcuna remunerazione.
Si costituirono in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri citati, eccependo la prescrizione del diritto e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda in accoglimento dell’eccezione di prescrizione e condannò gli attori al pagamento delle spese di lite.
La sentenza è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Roma, con ordinanza del 23 marzo 2021, ha dichiarato l’appello inammissibile ai sensi dell’art. 348 -bis cod. proc. civ. e ha condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Contro la sentenza del Tribunale di Roma propongono ricorso la dottoressa NOME COGNOME e gli altri medici indicati in epigrafe con unico atto affidato ad un solo motivo.
Resistono la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri indicati in epigrafe con un unico controricorso.
La trattazione è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ. e il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle direttive nn. 82/76, 75/363, 75/362 e 93/16, dell’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991, dell’art. 11 della legge n. 370 del 1999, e degli artt. 2934, 2935 e 2938 cod. civ. in punto di prescrizione.
I ricorrenti contestano la pronuncia impugnata la quale avrebbe fatto un’errata applicazione delle norme in punto di prescrizione, senza considerare che quest’ultima non poteva cominciare a decorrere prima che il legislatore nazionale avesse dato piena attuazione alle citate direttive europee in materia di remunerazione dei medici specializzandi.
Osserva il Collegio che le varie censure in punto di prescrizione sono tutte inammissibili, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1), cod. proc. civ., avendo il Tribunale deciso la causa in conformità ad una pacifica e ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte.
La sentenza impugnata, infatti, si è conformata all’orientamento di questa Corte in base al quale, a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari -realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 -è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1° gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei
beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11 (sentenza 17 maggio 2011, n. 10813, più volte confermata in seguito).
Tale insegnamento ha ricevuto anche l’autorevole avallo delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 31 maggio 2022, n. 17619, v. p. 26), le quali hanno confermato che l’esordio della prescrizione (decennale) è da fissare, nei casi come quello odierno, alla data del 27 ottobre 1999.
Da tale giurisprudenza l’odierno Collegio non vede ragioni per discostarsi.
Nella specie, il Tribunale ha fatto buon governo di tale principio e, avendo accertato che non vi era stato alcun atto interruttivo della prescrizione prima dell’introduzione del giudizio di primo grado, ha ritenuto correttamente che il diritto fatto valere dai medici appellanti fosse da ritenere prescritto. Né i ricorsi modificano la realtà dei fatti, posto che non fanno riferimento ad alcun atto intermedio di interruzione della prescrizione.
3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, liquidate, attesa la pluralità dei ricorrenti, secondo i criteri di cui all’ordinanza 17 aprile 2024, n. 10367, ribaditi dalla sentenza delle Sezioni Unite 14 ottobre 2024, n. 26603, assumendo come valore di partenza, per la domanda di valore più elevato, lo scaglione che va da euro 26.000 ad euro 52.000.
In considerazione, poi, della circostanza per cui il ricorso, proposto nel 2021, torna a porre una questione più e più volte esaminata da questa Corte, con una giurisprudenza che è fermissima, il Collegio ritiene giusto che a carico dei ricorrenti venga posta l’ulteriore condanna di cui all’art. 96, terzo comma, del codice di rito, nella misura di cui in dispositivo.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 12.000, più spese eventualmente prenotate a debito, nonché dell’ulteriore somma di euro 8.000 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, del codice di rito civile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte di tutti i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza