Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16403 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16403 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18729/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME; NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME ; rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrenti- contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri , in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ; domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO
n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui è difesa per legge;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 180/2022 della CORTE d’APPELLO di ROMA, depositata il 13 gennaio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17
aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti indicati in epigrafe convennero davanti al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in tema di adeguata remunerazione spettante per la frequenza di corsi di specializzazione medica da loro frequentati.
L ‘amministrazione convenuta, costituitasi in giudizio, sollevò l’eccezione di prescrizione.
il Tribunale, in accoglimento dell’eccezione preliminare di merito , rigettò la domanda.
La Corte territoriale di Roma, con sentenza n. 180/2022, depositata il 13 gennaio 2022, nella contumacia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituitasi in grado d’appello, ha rigettato l’impugnazione proposta dagli attori soccombenti, condannandoli al pagamento delle spese del grado in favore dell’amministrazione appellata .
Per la cassazione di questa sentenza, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso, sulla base di due motivi, cui ha resistito, con controricorso, l ‘ amministrazione statale intimata.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata, ai sensi de ll’ art.360 n. 3 cod. proc. civ., «Violazione e falsa applicazione del dec. leg.vo 257 del 1991, dell’art. 11 della legge n. 370 del 1999 e dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007 attuativi della suddetta Legge n. 370/99».
La sentenza impugnata è censurata per aver ritenuto prescritto il diritto azionato dai ricorrenti, individuando il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione decennale nella data (27 ottobre 1999) di entrata in vigore della legge n. 370 del 1999.
I ricorrenti sostengono: che, in ragione dell’ incompleta trasposizione delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE sarebbe rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i requisiti nel periodo dal 1° gennaio 1983 al termine dell’anno ac cademico 1990/1991, lacuna solo parzialmente col mata con l’art.11 della legge n. 370/1999; che il d.lgs. n. 257/1991 non potrebbe r itenersi ‘Normativa nazionale di trasposizione’, « se non limitatamente dal 1991 in poi »; che solo con il D.P.C.M. del 6 luglio 2007 lo Stato italiano avrebbe configurato un istituto destinato ad inquadrare il rapporto tra medici specializzandi e Università e avrebbe individuato i parametri per la determinazione della remunerazione adeguata.
1.1. Il motivo è inammissibile, a norma dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc.civ..
1.1.a. È ormai ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto in favore dei soggetti che
avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati, dopo l’applicabilità del regime eurounitario ed entro l’anno accademico 1990-1991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art.11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 ( cfr. già Cass. 09/02/2012, n. 1917, che riprende Cass. 17/05/2011, nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011; successivamente, ex multis , Cass. 15/11/2016, n. 23199; Cass. 31/05/2018, n. 13758; Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649; Cass. 19/06/2019, n. 16452; Cass. 19/07/2019, n. 16452; Cass. 24/01/2020, n. 1589; Cass. 07/07/2020, n. 14112; Cass. 11/09/2020, n. 18961; Cass.13/12/2021, n. 39421; Cass. 11/02/2022, n. 4573; Cass. 14/03/2022, n. 8096; Cass., Sez. Un., 31/05/2022, n. 17619; Cass., Sez. Un., 09/06/2022, n. 18640; Cass. 27/09/2022, n. 28130; Cass. 09/11/2022, n. 32959; Cass.03/03/2023, n.23697; Cass. 03/08/2023, n. 23771; Cass. 07/08/2023, n. 24029; Cass. 06/12/2023, n. 34212; Cass. 30/12/2023, n.36556; Cass. 14/03/2024, n.6891; Cass. 25/03/2024, n.7984; Cass. 02/04/2024, n.8691; Cass. 03/04/2024, n. 8715; Cass. 05/04/2024, n.9168).
1.1.b. Questo consolidato orientamento trova fondamento nel rilievo secondo il quale, «a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 -è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1° gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990 -1991. La lacuna è stata
parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11» (così la citata Cass. n. 1917 del 2012) .
1.1.c. In senso contrario, non assume rilevanza l’argomento secondo il quale solo in tempi ampiamente successivi al 1999 la giurisprudenza di questa Corte avrebbe escluso quelle incertezze inibenti la decorrenza della prescrizione in pregiudizio del danneggiato, relative ad aspetti qua li: l’individuazione della giurisdizione, se ordinaria o amministrativa; la natura dell’azione esperibile, se contrattuale o aquiliana; il termine di prescrizione; l’individuazione del legittimato passivo della domanda.
Detti argomenti – come già questa Corte ha più volte avuto modo di rimarcare (tra le più recenti, cfr. la citata Cass. 09/11/2022, n.32959) – sono del tutto infondati e inidonei a indurre a un ripensamento della stabile nomofilachia sopra richiamata.
Giova ricordare, al riguardo, che la questione della giurisdizione non incide affatto sulla consapevolezza della cristallizzazione della lesione e quindi sulla possibilità, per il danneggiato, di interrompere la sua inerzia e il decorso del termine prescrizionale che, come noto, non ha bisogno di iniziative giurisdizionali ma può ben essere stragiudiziale.
Del pari, non ha alcun rilievo l’individuazione della natura dell’azione esperibile mentre la più ampia durata decennale d ella prescrizione, quale riconosciuta, fa sì che la predetta individuazione non abbia avuto alcun riflesso sulla maturazione della stessa.
Quanto alla legittimazione passiva -premesso che è dello Stato in persona della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre l’evocazione in giudizio di un diverso organo statuale non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, costituendo una mera irregolarità, sanabile ai sensi dell’art. 4 della legge n. 260 del 1958 (Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649), sicché solo se diretta nei confronti della sola Università l’interruzione della prescrizione risulta inidonea (Cass.25/07/2019, n. 20099) -va osservato che dalla normativa del 1999 doveva ragionevolmente desumersi che il destinatario del credito era individuabile nell’amministrazione statale e non nell’autonomia universitaria.
1.1.d. Con riferimento alla remunerazione, deve porsi in evidenza che , a séguito dell’intervento con il quale il legislatore dettando l’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 -ha effettuato una aestimatio del danno, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione satisfattiva avente natura di debito di valuta, iscritta in una cornice di disciplina comunitaria nella quale non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa, come ribadito anche dalla pronuncia della Corte di giustizia 24 gennaio 2018, C-616/16 e C-617-16 (cfr., ancora, tra le più recenti, la citata Cass. n. 32959 del 2022, nonché, in modo articolato, Cass.24/01/2020, n. 1641).
1.1.e. Quanto sopra si coordina con i rilievi da svolgere in ordine alla disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi di
cui all’art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999, la quale è applicabile, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle scuole di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 2006 -2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla regolazione di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché, in particolare, la direttiva n. 93/16 non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio.
In altre parole, non è individuabile alcun momento in cui si è stabilita una remunerazione adeguata da valutarsi come la sola recettiva della disciplina unionale, tale da poter concludere, anche in tesi, che esclusivamente a far data da allora avrebbe potuto decorrere la prescrizione (cfr., in termini, Cass. 09/11/2022, n. 32959, cit. ).
1.1.f. Alla luce di quanto si è rilevato, non vi è alcuna incertezza, sulla questione in esame, che imponga un rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Questa Corte ha infatti già rilevato -cfr., ad es., la già citata Cass., Sez. Un., n. 18640 del 2022 -come, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia che si è occupata della decorrenza e del dies a quo della prescrizione in relazione alla posizione dei medici specializzandi, non emerga un potenziale contrasto tra la soluzione adottata e il principio di effettività tutelato dal diritto europeo, in quanto la predetta soluzione appare ampiamente rispettosa del richiamo a termini di prescrizione ‘ragionevoli’, mediante i quali sia garantita l’adeguatezza dei mezzi di tutela a fronte di un’azione giurisdizionale proposta da un singolo per ottenere la protezione dei diritti conferiti da una direttiva comunitaria.
Nella specie, non solo a partire dal 27 ottobre 1999 nessuna norma dell’ordinamento interno impediva agli odierni ricorrenti di promuovere
un giudizio per domandare il risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie, ma – deve aggiungersi – nessuna incertezza poteva sussistere su quale fosse il soggetto tenuto a rispondere di tale danno (lo Stato), né poteva dubitarsi che qualsiasi eventuale incertezza circa l’individuazione del giudice munito di giurisdizione a conoscere della relativa domanda non poteva impedire il decorso della prescrizione, dal momento che qualsiasi eventuale errore poteva essere rimediato mediante lo strumento del regolamento di giurisdizione (cfr., ancora, sul punto, la citata Cass. n.32959 del 2022).
1.1.g. Va pure sottolineata la compatibilità della soluzione adottata con i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani concernente la tutela del diritto di accesso ad un tribunale, sancito dall’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti Umani; da questa giurisprudenza, infatti, si ricava che, se, da un lato, il diritto di accesso ad un tribunale deve essere «concreto ed effettivo» (Bellet c. Francia, 4.12.1995; Zubac c. Croazia, 5.4.2018), nonché offrire alla persona «una chiara e concreta possibilità di opporsi ad un atto che costituisce un’ingerenza nei suoi diritti» (Bellet c. Francia, cit.; COGNOME c. Portogallo, 10.4.2003; COGNOME c. Bulgaria, 16.7.2013), dall’altro lato le norme che disciplinano le for malità e i termini da rispettare al fine della presentazione di un ricorso o di una domanda di riesame giudiziario sono finalizzate ad assicurare la corretta amministrazione della giustizia e in particolare il rispetto del principio della certezza del diritto (Canete de Goni c. Spagna, 15.10.2003); è pertanto necessario, alla stregua dell’orientamento della Corte di Strasburgo, che i tribunali applichino le norme procedurali evitando sia l’eccessivo formalismo che l’eccessiva
flessibilità che vanificherebbe i requisiti procedurali stabiliti dalla legge (COGNOME ad altri c. Turchia, 30.4.2017).
In particolare, con riferimento ai termini di prescrizione, la Corte EDU (Miragall Escolano e altri c. Spagna, 30.4.2000) si è limitata ad affermare che il diritto di instaurare un’azione o di proporre appello deve sorgere a decorrere dal momento in cui le parti hanno potuto effettivamente essere informate di una decisione giudiziaria che impone loro un obbligo o lede potenzialmente i loro legittimi diritti o interessi.
Non appare dunque ipotizzabile, nel caso di specie, la possibilità di una violazione dell’art. 6 della Convenzione, se solo si consideri che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per tardiva attuazione delle direttive comunitarie è fissata in dieci anni, secondo la chiara indicazione fornita dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 9147 del 17/04/2009) e che il diritto era esercitabile immediatamente, non necessitando della proposizione preventiva dell’azione davanti al giudice amministrativo, trattandosi di diritto autonomo, scaturente dalla condotta dello Stato italiano (in termini, in motivazione, Cass., Sez. Un., n. 18640 del 2022, cit. ).
1.1.h. Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, può concludersi che la statuizione di rigetto della domanda dei ricorrenti, in accoglimento dell ‘ eccezione preliminare di merito di prescrizione del diritto risarcitorio sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata correttamente assunta dal giudice del merito, conformandosi, in piena legittimità, ai principi consolidati reiteratamente affermati da questa Corte ed assurti a situazione di ‘ diritto vivente ‘ .
Il primo motivo di ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, ex art. 360bis n.1 cod. proc. civ..
Con il secondo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.., nonché, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la nullità « del capo della sentenza che dispone le spese processuali di soccombenza in favore della parte rimasta contumace ».
La sentenza impugnata è censurata per aver condannato gli appellanti soccombenti al pagamento delle spese del grado, in favore della appellata vittoriosa, nonostante essa fosse rimasta contumace.
2.1. Il motivo è fondato.
Presupposto indefettibile della condanna alle spese di lite è che la parte, a cui favore dette spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell ‘ attività difensiva correlata alla sua partecipazione in giudizio.
Pertanto, la statuizione con la quale il giudice liquidi le spese in favore della parte vittoriosa rimasta contumace, va cassata senza rinvio, in applicazione dell’art. 382, comma 3, cod. proc. civ., in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere (Cass.26/06/2018, n. 16786; Cass. 14/05/2024, n. 13253).
In conclusione, va accolto il secondo motivo e dichiarato inammissibile il primo. La sentenza impugnata va cassata senza rinvio in relazione al motivo accolto, limitatamente alla statuizione di condanna degli appellanti alle spese processuali del grado a favore dell’amministrazione appellata.
4. In ragione della cassazione parziale, resta ferma la statuizione sulle spese del primo grado di giudizio, mentre vanno compensate tra le parti quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo.
In relazione al motivo accolto, cassa senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla sola statuizione di condanna degli appellanti alle spese processuali del grado in favore dell’amministrazione statale appellata.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione