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Prescrizione medici specializzandi: Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15909/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo di medici specializzandi che chiedevano un risarcimento per la mancata retribuzione durante la specializzazione. Il tema centrale è la prescrizione del diritto, che secondo la Corte decorre dal 27 ottobre 1999. La decisione si basa su un orientamento giurisprudenziale consolidato, ribadendo che il termine decennale non poteva essere sospeso in attesa di un’attuazione completa delle direttive comunitarie.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione medici specializzandi: La Cassazione chiude il caso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo sulla lunga vicenda legata al risarcimento richiesto dai medici per la mancata retribuzione durante gli anni di specializzazione. La questione centrale, ovvero la prescrizione medici specializzandi, è stata definita in modo chiaro, confermando un orientamento ormai consolidato. La Corte ha stabilito che il diritto al risarcimento per la tardiva attuazione delle direttive europee si è prescritto, dichiarando il ricorso inammissibile.

I Fatti di Causa

Un gruppo di medici, che avevano frequentato le scuole di specializzazione dopo la laurea in medicina, aveva citato in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri ministeri. La loro richiesta si basava sul fatto che lo Stato italiano aveva attuato in ritardo le direttive comunitarie (75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE), le quali imponevano agli Stati membri di garantire un’adeguata retribuzione ai medici specializzandi. Durante il loro percorso formativo, infatti, i ricorrenti non avevano percepito alcuna remunerazione.

Il Tribunale di Roma, in primo grado, aveva rigettato la domanda, ritenendo il diritto al risarcimento prescritto. Secondo il giudice, il termine decennale di prescrizione era iniziato a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della Legge n. 370/1999. Anche la Corte d’Appello aveva confermato questa linea, dichiarando l’appello inammissibile. I medici hanno quindi presentato ricorso in Cassazione.

La decisione sulla prescrizione dei medici specializzandi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1 c.p.c. Questa norma consente una decisione rapida quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte stessa e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare tale orientamento.

I giudici hanno ribadito che la questione della prescrizione medici specializzandi è stata già ampiamente risolta da un orientamento giurisprudenziale solido e costante. La Corte ha quindi respinto le argomentazioni dei ricorrenti, i quali sostenevano che la prescrizione non potesse decorrere fino a quando le direttive non fossero state pienamente e correttamente recepite nell’ordinamento nazionale.

La condanna per abuso dello strumento processuale

Oltre a dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato i ricorrenti al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di risarcimento per abuso dello strumento processuale, ai sensi dell’art. 96 c.p.c. I giudici hanno sottolineato come la continua proposizione di ricorsi identici, nonostante fossero già stati rigettati innumerevoli volte in passato (in questo caso si parla di 98 ricorsi identici), costituisca un abuso del diritto di difesa che aggrava inutilmente il carico di lavoro della Corte.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato: il diritto al risarcimento del danno per la tardiva trasposizione di direttive comunitarie si prescrive nel termine di dieci anni. Il punto cruciale, l’exordium praescriptionis (il momento in cui la prescrizione inizia a decorrere), è stato individuato nella data di entrata in vigore della Legge n. 370 del 19 ottobre 1999.

Secondo la Cassazione, sebbene tale legge abbia riconosciuto il diritto a una borsa di studio solo a una specifica categoria di medici (quelli beneficiari di sentenze amministrative irrevocabili), la sua emanazione ha reso conoscibile a tutti gli interessati l’esistenza del diritto e la possibilità di agire in giudizio per ottenerne il riconoscimento. Da quel momento, quindi, tutti i medici che si trovavano in situazioni analoghe avevano la possibilità di far valere il proprio diritto, e da quella data è iniziato a decorrere il termine per la prescrizione. L’azione legale dei ricorrenti, avviata nel 2016, è stata quindi considerata tardiva.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza un principio giuridico ormai stabile, chiudendo di fatto le porte a ulteriori contenziosi sulla stessa materia basati sulle medesime argomentazioni. Per i medici specializzandi che non hanno agito in giudizio entro dieci anni dal 27 ottobre 1999, la possibilità di ottenere un risarcimento è preclusa dalla prescrizione. Inoltre, la pronuncia funge da monito contro l’abuso dello strumento processuale, evidenziando che la riproposizione seriale di ricorsi infondati non solo è destinata al fallimento, ma comporta anche sanzioni economiche aggiuntive per i ricorrenti.

Da quale momento decorre la prescrizione per il risarcimento dei medici specializzandi?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di prescrizione decennale per il diritto al risarcimento decorre dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della Legge n. 370/1999.

Perché il ricorso dei medici è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione del giudice di merito era conforme all’orientamento consolidato della Corte di Cassazione sulla questione della prescrizione e i motivi del ricorso non presentavano argomenti nuovi tali da giustificare un cambiamento di tale orientamento.

Quali sono le conseguenze per chi propone ricorsi identici e manifestamente infondati?
La proposizione di numerosi ricorsi identici, su questioni già decise ripetutamente dalla giurisprudenza, costituisce un abuso dello strumento processuale. Ciò comporta non solo la condanna alla rifusione delle spese legali, ma anche al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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