Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11205 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 35501-2019 proposto da
COGNOME, rappresentato e difeso, per procura rilasciata in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’ultimo difensore, in ROMA, INDIRIZZO, INTERNO 3
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 496 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI MESSINA, depositata il 9 settembre 2019 (R.G.N. 383/2015).
R.G.N. 35501/2019
COGNOME
Rep.
C.C. 31/1/2025
giurisdizione Rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto. Prescrizione.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 496 del 2019, depositata il 9 settembre 2019, la Corte d’appello di Messina ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha rigettato la domanda del signor NOME COGNOME volta a ottenere il riconoscimento della maggiorazione contributiva, prevista dall’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per l’esposizione ultradecennale alle fibre di amianto.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che la richiesta di certificazione dell’esposizione qualificata all’amianto, inoltrata all’INAIL il 4 maggio 2001 o, al più tardi, il 16 gennaio 2002, rivela la consapevolezza del rischio ambientale e rappresenta il dies a quo della prescrizione del diritto alla maggiorazione contributiva.
In difetto di validi atti interruttivi nel corso del decennio, la prescrizione si è compiuta e non è limitata a singoli ratei. Né la definitività della prescrizione si pone in contrasto con i precetti costituzionali evocati dal lavoratore.
-Il signor NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello , formulando nove motivi di censura.
-L’INPS resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-Entrambe le parti, in prossimità dell’adunanza camerale, hanno depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e
dell’art. 112 cod. proc. civ. e conseguente nullità della sentenza, in relazione all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992.
La Corte di merito avrebbe pronunciato ultra petita nell’accogliere l’eccezione di prescrizione sulla base di elementi diversi da quelli valorizzati nell’atto di gravame, che ha identificato il dies a quo della prescrizione nell’assunzione del lavoratore o nell’entrata in vigore della legge n. 257 del 1992.
La Corte d’appello di Messina, inoltre, in violazione dell’obbligo di pronunciare su tutte le domande proposte, non avrebbe tenuto conto degli argomenti, che individuano nella presentazione della domanda all’INPS il dies a quo della prescrizione, e delle connesse richieste istruttorie.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), il ricorrente si duole dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che attengono alla presentazione della domanda all’INPS come «momento di consapevolezza della sussistenza del diritto e della sua violazione» (pagina 43 del ricorso per cassazione).
3. -Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 2935 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992.
Carente, perplessa e obiettivamente incomprensibile sarebbe la motivazione della sentenza impugnata, che avrebbe omesso la disamina della vicenda concreta, «sorvolando sull’oggetto del contendere» e correlando l’inizio del decorso della prescrizione all’irrilevante presentazione della domanda all’INAIL, inidonea a dimostrare la riconoscibilità e la percepibilità del danno.
4. -Con la quarta critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 414 e 416 cod. proc. civ., degli artt. 2935 e 2946 cod. civ., dell’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.
La conoscibilità del danno non potrebbe che essere collegata alla presentazione della domanda amministrativa all’INPS, allorché sono state emesse le prime pronunce e sono state depositate le consulenze nelle controversie promosse dai lavoratori.
5. -Con la quinta doglianza (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), il ricorrente censura violazione degli artt. 414 e 416 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2946 cod. civ. e in combinato disposto con l’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 e in relazione all’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. e agli artt. 24 e 111 Cost.
La sentenza d’appello sarebbe nulla, in quanto l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione si fonderebbe su circostanze mai allegate dall’INPS, in violazione del diritto di azione e di difesa e dei princìpi del contraddittorio e del giusto processo.
6. -Con il sesto motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente prospetta la violazione degli artt. 414 e 416 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2946 cod. civ. e in combinato disposto con l’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 e in relazione all’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. e agli artt. 24 e 111 Cost.
Senza alcuna motivazione in ordine «al caso concreto di conoscenza/conoscibilità», la Corte di merito avrebbe attribuito rilievo, ai fini della declaratoria di prescrizione del diritto, alla presentazione della domanda all’INAIL.
7. -Con il settimo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 2946 e 2935 cod. civ. e in relazione all’art. 13, comma 8, d ella legge n. 257 del 1992.
L’INPS non avrebbe ottemperato all’onere di provare la consapevolezza, in capo al ricorrente, dell’esposizione qualificata all’amianto e, a tale riguardo, non avrebbe indicato specifiche circostanze di fatto.
8. -Con l’ottava censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2946 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 e con tutte le altre norme indicate nella rubrica dei motivi già articolati.
I giudici del gravame avrebbero accolto l’eccezione di prescrizione, negando ingresso all’istanza di consulenza tecnica d’ufficio, alle richieste di esibizione e di acquisizione documentale e alle prove testimoniali capitolate dal ricorrente al fine di con trastare l’eccezione sollevata dall’Istituto. Ne deriverebbe la lesione del diritto di difesa e del principio del giusto processo.
9. -Con la nona critica, infine, il ricorrente ripropone l’eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, in combinato disposto con l’art. 2946 cod. civ., per violazione degli artt. 3, 32 e 38 Cost., nella parte in cui prevede che la prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva, che si configura come «un risarcimento contributivo per la lesione alla salute» (pagina 80), estingua tutto il diritto «inesorabilmente in modo tombale» (pagina 81) e non i singoli ratei.
-In linea preliminare, si deve esaminare l’istanza di trattazione in pubblica udienza, formulata dalla parte ricorrente nella memoria illustrativa.
Come l’Istituto ha rilevato in prossimità dell’adunanza camerale , controversie sovrapponibili a quella odierna sono state già definite da questa Corte, sulla base di un orientamento che resiste al vaglio critico sollecitato nel ricorso e nella memoria illustrativa.
Alla luce della stabilità e della forza persuasiva degli approdi ermeneutici, non si ravvisano i presupposti per rimettere la causa alla pubblica udienza (Cass., S.U., 5 giugno 2018, n. 14437).
Per le medesime ragioni, non merita d’essere accolta la richiesta d’investire le Sezioni Unite , in quanto non si riscontrano divergenze interpretative sulle questioni dibattute e, alla luce della reiterata
applicazione dei princìpi di diritto a più riprese enunciati da questa Corte, non permangono aspetti irrisolti, che possano avvalorare l’istanza della parte ricorrente.
-Pregiudiziale, in ordine logico, è l’esame della terza censura, che adombra la nullità della pronuncia impugnata, per i vizi radicali della motivazione.
La doglianza non coglie nel segno.
La motivazione della pronuncia d’appello si dimostra tutt’altro che lacunosa o illogica. Essa ricostruisce compiutamente il dibattito processuale, dà conto delle valutazioni espresse dalla sentenza del Tribunale, delle censure proposte dall’Istituto e delle obiezioni mosse dall’odierno ricorrente.
Intelligibile e lineare è il percorso argomentativo che ha condotto all’accoglimento del gravame, sulla scorta dell’intervenuta prescrizione , che la Corte di merito ha acclarato all’esito della disamina di tutti i dati significativi.
La Corte di merito ha dunque adempiuto all’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (art. 111, sesto comma, Cost.) e non si possono scorgere quelle anomalie macroscopiche, che si tramutano in violazione costituzionalmente rilevante, l’unica sindacabile in sede di legittimità.
La sentenza d’appello non è inficiata dall’assenza della motivazione come segno grafico, dalla sua contraddittorietà insanabile, dalla sua perplessità, dall’inidoneità a dar conto dell’ iter logico (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).
12. -Possono essere scrutinate unitariamente la prima e la quinta censura, che addebitano alla Corte d’appello di aver pronunciato ultra petita sull’eccezione di prescrizione, conferendo rilievo a circostanze non dedotte dall’appellante.
I motivi devono essere disattesi.
La parte, cui l’eccezione di prescrizione è riservata, ha soltanto l’onere di dedurre l’inerzia del titolare del diritto per il tempo determinato dalla legge.
Sarà poi il giudice a inquadrare sub specie iuris la fattispecie e a sussumerla entro il paradigma normativo più appropriato (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683, punti 7 e 8 delle Ragioni della decisione ), sulla base di tutti gli elementi ritualmente acquisiti al processo e senza essere vincolato dalla prospettazione difensiva delle parti.
A tali princìpi si è uniformata la sentenza d’appello, senza violare il diritto di difesa e il principio del contraddittorio invocati a supporto dei motivi in esame (in termini analoghi, in vicende in larga parte comparabili a quella odierna, Cass., sez. lav., 12 agosto 2024, n. 22694, n. 22692 e n. 22683).
Né ha fondamento l’ulteriore profilo di censura dedotto con il primo mezzo e concernente l’omessa pronuncia.
La Corte d’appello di Messina ha pronunciato su tutte le domande e le eccezioni proposte e, nel reputare dirimente l’eccezione di prescrizione, ha inequivocabilmente disatteso gli argomenti di segno contrario anche oggi ribaditi dal ricorrente.
-Possono essere esaminati congiuntamente il quarto e il sesto motivo, che devono essere dichiarati, nel loro complesso, inammissibili.
Dietro le sembianze della violazione della disciplina in tema di prescrizione e della normativa processuale, le censure si prefiggono, in ultima analisi, di ridiscutere l’accertamento di fatto che la Corte di merito ha compiuto e travalicano così i limiti posti dal codice di rito al sindacato di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476).
La Corte di merito ha rettamente inteso ed applicato la regula iuris , che fa decorrere la prescrizione del diritto alla maggiorazione contributiva dal momento dell’acquisita consapevolezza
dell’esposizione qualificata all’amianto (Cass., sez. VI -L, 9 maggio 2022, n. 14599, 2 febbraio 2017, n. 2856, e 9 febbraio 2015, n. 2351).
In punto di fatto, la Corte d’appello di Messina ha osservato che «la presentazione da parte dell’originario ricorrente della domanda all’INAIL tendente al rilascio della certificazione di esposizione qualificata all’amianto rivela indubbiamente in capo al lo stesso la consapevolezza della presenza di rischio ambientale e della ragionevole presunzione di essere stato esposto in modo qualificato» (pagina 11 della pronuncia d’appello).
Lungi dal disconoscere la necessaria consapevolezza di un’esposizione qualificata, i giudici d’appello l’hanno accertata in concreto, sulla base del vaglio della documentazione prodotta e di un’inferenza logica che questa Corte ha già considerato plausibil e (fra tutte, la richiamata ordinanza n. 2856 del 2017). Inferenza che, nella specie, non risulta efficacemente scalfita, mediante la denuncia dell’omesso esame di un fatto decisivo, nell’osservanza dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
14. -Inammissibile, invero, si dimostra la seconda critica, che proprio sull’omesso esame di fatti decisivi s’incardina .
La deduzione di tale vizio non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, e di contrapporle una diversa interpretazione, allo scopo di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Cass., sez. II, 19 luglio 2021, n. 20553).
A questa revisione ambisce, invece, il motivo, che, nell’indiscriminato richiamo a tutti gli atti di causa, non suffraga in modo specifico né l’omesso esame né l’asserita decisività e si limita a perorare un inquadramento più appagante delle risultanze probatorie.
La Corte di merito ha vagliato i fatti indicati dal ricorrente e li ha considerati, tuttavia, sprovvisti di valenza risolutiva, a fronte della
presentazione dell’istanza di attestazione dell’esposizione qualificata e del nesso tra tale dato d’innegabile pregnanza e la consapevolezza del medesimo fattore di rischio.
15. -Per le medesime ragioni si rivela inammissibile l’ottavo mezzo, che fa leva sulla mancata ammissione delle disparate istanze istruttorie formulate dal ricorrente.
Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia. È necessario che la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l ‘ efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, così da privare di fondamento la ratio decidendi (Cass., sez. I, 29 novembre 2024, n. 30721, e Cass., sez. lav., 1° luglio 2024, n. 18072).
Le circostanze evidenziate nelle istanze istruttorie sono state ponderate dai giudici d’appello, che le hanno ritenute inidonee a infirmare la valenza significativa della presentazione dell’istanza all’INAIL e a differire il momento dell’acquisizione della consapevolezza e il connesso avvio del termine di prescrizione.
Né gli argomenti che corredano il motivo avvalorano l’idoneità delle circostanze, oggetto delle prove non ammesse, a invalidare con un coefficiente di certezza, rigorosamente inteso, la forza dimostrativa dei dati posti in risalto dai giudici d’appello .
16. -Inammissibile è anche il settimo mezzo.
La Corte di merito non si è discostata dalle regole che presiedono alla distribuzione degli oneri della prova e dalle previsioni degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
All’esito del prudente apprezzamento del materiale istruttorio e della coerente disamina di tutti elementi di valutazione indicati dalle
parti, i giudici d’appello hanno ritenuto dimostrata la consapevolezza dell’esposizione qualificata già all’epoca della presentazione della domanda all’INAIL.
Mediante il richiamo alla normativa processuale (artt. 115 e 116 cod. proc. civ.) e alla ripartizione degli oneri probatori (art. 2697 cod. civ.), il ricorrente mira, a ben vedere, a conseguire irritualmente un diverso apprezzamento delle prove raccolte, che esorbita dal sindacato demandato a questa Corte, e a contrapporre alle inferenze tratte dai giudici d’appello un diverso, più favorevole, coordinamento dei dati di fatto.
-Manifestamente infondati, infine, sono i dubbi di legittimità costituzionale prospettati con la nona censura.
Si deve ribadire, anzitutto, che la rivalutazione contributiva rivendicata dal ricorrente si configura come un beneficio che, pur previsto ai fini pensionistici e ad essi strumentale, «è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) -in base ai criteri ordinati -il diritto al trattamento pensionistico» (ordinanza n. 2351 del 2015, cit.).
L’autonomia del beneficio in esame rispetto al diritto a pensione, solo questo primario e intangibile, implica la definitività dell’estinzione del diritto per prescrizione, che non incide soltanto sui singoli ratei.
La tutela costituzionale del diritto alla pensione, che ne determina l ‘ imprescrittibilità, «non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva» (ordinanza n. 2351 del 2015, cit.).
Peraltro, nel caso di specie la prescrizione, destinata a compiersi in un termine non irragionevole, non pregiudica il diritto alla pensione, ma si ripercuote esclusivamente su benefici aggiuntivi (Cass., sez. lav., 28 dicembre 2022, n. 37979, e Cass., sez. VI-L, 8 novembre 2021, n.
32454), senza compromettere il nucleo essenziale della garanzia apprestata dall’art. 38 Cost.
A tali argomenti, anche di recente ribaditi da questa Corte (ordinanze n. 22694, n. 22692 e n. 22683 del 2024), il motivo non oppone considerazioni che valgano a confutarli.
-Dai rilievi svolti discende il complessivo rigetto del ricorso.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
-L’integrale rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione