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Prescrizione indennizzo: la richiesta di revisione basta?

La Corte di Cassazione ha stabilito che una semplice richiesta di revisione di un indennizzo, rivolta alla Pubblica Amministrazione, non è sufficiente a interrompere la prescrizione. Per ottenere tale effetto, è necessario un formale atto di costituzione in mora che esprima chiaramente la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Nel caso di specie, il diritto alla maggiorazione dell’indennizzo per beni confiscati all’estero è stato dichiarato prescritto poiché la richiesta del 1994 è stata qualificata come un mero atto di impulso del procedimento amministrativo, inidoneo a interrompere il decorso decennale.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Indennizzo: Richiesta di Revisione o Costituzione in Mora?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione: la prescrizione indennizzo e gli atti idonei a interromperla. Quando si avanza una pretesa economica nei confronti dello Stato, è fondamentale comprendere la differenza tra una semplice richiesta di revisione e un formale atto di costituzione in mora. La Corte ha chiarito che solo quest’ultimo è in grado di interrompere il decorso del tempo, con conseguenze decisive sull’esito della controversia. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di indennizzo avanzata da alcuni cittadini nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La richiesta era basata su diverse leggi emanate a tutela di coloro che avevano perso beni di proprietà in Libia a seguito di un decreto di confisca del 1970. Dopo un primo provvedimento di liquidazione, i cittadini, ritenendo la somma insufficiente, inviavano nel giugno 1994 una richiesta al Ministero per ottenere “un’ulteriore revisione delle stime precedentemente effettuate”.

Il Ministero rigettava la domanda di revisione nel 2003. Successivamente, nel gennaio 2004, il difensore dei cittadini reiterava formalmente la “domanda di revisione di indennizzo”. Solo nel 2009 veniva notificato l’atto di citazione per ottenere il pagamento delle somme richieste. Il Ministero si costituiva in giudizio eccependo l’intervenuta prescrizione decennale del diritto.

Il Percorso Giudiziario e l’Eccezione di Prescrizione Indennizzo

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Roma accoglievano l’eccezione del Ministero, rigettando la domanda dei cittadini. Secondo i giudici di merito, il termine di prescrizione decennale era iniziato a decorrere dal 2 gennaio 1991, data dell’ultimo provvedimento ministeriale che aveva integrato l’indennizzo.

Il punto focale della controversia era l’efficacia della lettera inviata il 7 giugno 1994. I giudici hanno ritenuto che tale missiva non fosse un atto di costituzione in mora idoneo a interrompere la prescrizione, bensì un mero “atto di impulso del procedimento amministrativo di liquidazione”. L’istanza era considerata generica, priva di una quantificazione delle somme richieste e della fissazione di un termine per l’adempimento, elementi necessari per qualificarla come una formale intimazione di pagamento. Di conseguenza, il diritto si era prescritto prima dell’atto di costituzione in mora del 2004 e della successiva azione giudiziaria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato la decisione dei giudici d’appello, rigettando il ricorso dei cittadini. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: per interrompere la prescrizione, è necessario un atto che manifesti in modo chiaro e inequivocabile la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.

La Corte ha sottolineato che una domanda amministrativa volta a ottenere la liquidazione di un indennizzo, o una sua revisione, ha valore di mero impulso procedimentale. Fino alla conclusione del procedimento amministrativo, infatti, non vi è certezza sull’esistenza e sull’ammontare del debito della Pubblica Amministrazione. Tale richiesta non può, quindi, essere equiparata a un atto di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 del Codice Civile.

La lettera del 1994, chiedendo una “revisione delle stime”, si limitava a sollecitare una nuova istruttoria da parte del Ministero, senza contenere una chiara intimazione al pagamento di una somma specifica. Per interrompere la prescrizione indennizzo, sarebbe stata necessaria una richiesta specifica e formale, avanzata anche prima della conclusione del procedimento, o, in mancanza, la proposizione della domanda giudiziale. Poiché tra l’inizio del decorso della prescrizione (2/1/1991) e il primo atto valido di costituzione in mora (16/1/2004) erano trascorsi più di dieci anni, il diritto era irrimediabilmente estinto.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre un’importante lezione pratica: nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, la forma è sostanza. Per tutelare efficacemente i propri diritti di credito, non è sufficiente presentare istanze generiche o sollecitare l’amministrazione. È indispensabile utilizzare strumenti giuridici precisi, come l’atto di costituzione in mora, per interrompere validamente i termini di prescrizione. Affidarsi a richieste informali o a semplici atti di impulso procedimentale espone al rischio concreto di vedere il proprio diritto estinguersi per il decorso del tempo, come accaduto in questo caso.

Una semplice richiesta di revisione di un indennizzo alla Pubblica Amministrazione è sufficiente a interrompere la prescrizione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una mera richiesta di revisione, qualificata come atto di impulso del procedimento amministrativo, non è idonea a interrompere la prescrizione. È necessario un formale atto di costituzione in mora che manifesti in modo inequivocabile la volontà del creditore di ottenere il pagamento.

Da quando decorreva il termine di prescrizione per il diritto all’indennizzo in questo caso?
Il termine decennale di prescrizione ha iniziato a decorrere dal 2 gennaio 1991, data dell’ultimo provvedimento di liquidazione con cui il Ministero aveva integrato l’indennizzo già precedentemente riconosciuto.

Che differenza c’è tra un ‘atto di impulso’ e un ‘atto di costituzione in mora’ ai fini della prescrizione?
Un ‘atto di impulso’ è una richiesta che sollecita l’amministrazione a proseguire una pratica, ma non ha il valore di una formale richiesta di pagamento. Un ‘atto di costituzione in mora’, invece, è un’intimazione formale al debitore di adempiere al proprio obbligo ed è l’unico atto, oltre alla domanda giudiziale, che ha l’efficacia di interrompere il decorso della prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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