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Prescrizione indebito retributivo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di prescrizione indebito retributivo. Un ente pubblico aveva tentato di recuperare somme erogate a due dipendenti oltre dieci anni prima, a titolo di assegno ad personam. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ente, confermando la decisione d’appello che aveva sancito l’avvenuta prescrizione del diritto al recupero. La sentenza sottolinea che la Cassazione non può riesaminare nel merito i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Indebito Retributivo: Quando il Diritto al Recupero Scade

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti temporali per il recupero di somme erroneamente erogate ai dipendenti, focalizzandosi sul tema della prescrizione indebito retributivo. La decisione sottolinea un principio fondamentale: il datore di lavoro non può attendere indefinitamente per richiedere la restituzione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

La controversia ha origine dalla situazione di due lavoratrici, dipendenti di un importante ente previdenziale nazionale, provenienti da un’altra amministrazione tramite mobilità volontaria. A seguito del trasferimento, alle dipendenti era stato riconosciuto un “assegno ad personam” per garantire la parità di trattamento retributivo.

Un accordo sindacale dell’ottobre 2007 aveva stabilito la sospensione per un anno del meccanismo di assorbimento di tale assegno. L’accordo prevedeva che, se entro l’anno non fosse intervenuta una soluzione definitiva, l’ente avrebbe avuto il diritto di recuperare le somme non riassorbite.

Tuttavia, nessun accordo successivo venne raggiunto. L’ente ha avviato le procedure di recupero solo nel marzo 2019, con una comunicazione inviata nel febbraio dello stesso anno. Le lavoratrici si sono opposte, sostenendo che il diritto dell’ente a recuperare le somme erogate più di dieci anni prima fosse ormai estinto per prescrizione.

Il Percorso Giudiziario e la Prescrizione dell’Indebito Retributivo

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente respinto la domanda delle lavoratrici. La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato la decisione, accogliendo il loro gravame. I giudici di secondo grado hanno dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto dell’ente alla ripetizione delle somme erogate prima del 18 febbraio 2009 (dieci anni prima della lettera di richiesta). Di conseguenza, l’ente è stato condannato a restituire le trattenute già effettuate a partire da marzo 2019.

Il Ricorso in Cassazione dell’Ente

L’ente previdenziale ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione di numerose norme di legge e contrattuali. Secondo la tesi dell’ente, il termine di prescrizione decennale sarebbe dovuto decorrere dal marzo 2009 e sarebbe stato tempestivamente interrotto dalla comunicazione del 2019. Inoltre, l’ente sosteneva che la procedura di recupero fosse unitaria e non soggetta a prescrizione per le singole rate mensili.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito.

I giudici hanno chiarito che l’ente, pur lamentando formalmente una violazione di legge, stava in realtà chiedendo una nuova e diversa valutazione dei fatti e dell’accordo sindacale, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione. La Corte d’Appello aveva già interpretato l’accordo del 2007, stabilendo la sua validità annuale senza possibilità di proroga tacita. Questa valutazione di merito, essendo logicamente motivata, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

La Cassazione ha ribadito che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di merito. Tentare di ottenere una riconsiderazione dei fatti mascherandola da censura di legittimità porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.

Conclusioni

La decisione consolida due importanti principi. Primo, in materia di prescrizione indebito retributivo, il diritto del datore di lavoro a recuperare le somme non dovute è soggetto al termine di prescrizione ordinaria decennale, che decorre dai singoli pagamenti. Un’azione tardiva può comportare la perdita definitiva del diritto. Secondo, viene riaffermato il limite invalicabile del sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, motivata e coerente, espressa dai giudici di merito. Per le aziende e gli enti pubblici, questa ordinanza rappresenta un monito sull’importanza di agire con tempestività nella gestione di eventuali crediti verso i propri dipendenti.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per il recupero di un indebito retributivo?
Sulla base della decisione della Corte d’Appello, confermata dalla Cassazione, la prescrizione decennale per il recupero delle somme non dovute decorre dal momento in cui i singoli pagamenti sono stati effettuati, non da un momento successivo unico.

Un ricorso in Cassazione può riesaminare i fatti di una causa?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, ovvero controlla la corretta applicazione delle norme di diritto. Non può rivalutare i fatti storici o le prove come già accertato dai giudici di merito nei gradi precedenti.

Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione sollevata. Ciò avviene quando il ricorso non rispetta i requisiti procedurali o, come in questo caso, quando tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti mascherandola da violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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