Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10038 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6333-2021 proposto da:
LO GIUDICE COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Dirigente pubblico impiego
R.G.N.6333/2021
COGNOME
Rep.
Ud.20/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 413/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 07/10/2020 R.G.N.364/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
la Corte d’ appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, ha dichiarato estinto per prescrizione quinquennale il diritto dei ricorrenti in epigrafe al computo del tredicesimo rateo nella base di calcolo dell’indennità supplementare dovuta a titolo di incentivo all’esodo anticipato;
va premesso che i lavoratori avevano adito il Tribunale chiedendo, in ragione dell’accordo di risoluzione del rapporto stipulato ai sensi della legge reg. Calabria del 2 marzo 2005 n. 8, il riconoscimento delle spettanze di cui all’art. 7 comma 1 della legge reg. cit., con inclusione nella base di calcolo della tredicesima mensilità, ciò in ragione della sentenza della Corte costituzionale n. 271 del 2011;
la Corte d’ appello ha affermato che trovava applicazione il termine di prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 5, cod. civ. il quale, decorrente dal 17/11/2005 (data di stipula dei contratti di risoluzione consensuale del rapporto), non era stato mai interrotto né a latere creditoris , posto che le prime richieste di ricalcolo dell’indennità con inclusione della tredicesima mensilità risalivano solo al 28/10/2011, e dunque oltre lo spirare del termine di prescrizione,
né a latere debitoris, difettando qualsivoglia riconoscimento del debito in parola;
contro la sentenza della Corte d’ appello i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, assistiti da memoria; la Regione Calabria si è difesa con controricorso illustrato anch’esso da memoria.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 29462948 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; i ricorrenti richiama no il contenuto precettivo dell’art. 2948 cod. civ., rubricato ‘prescrizione di cinque anni’ , e prospettano che il caso di specie non rientra nelle ipotesi previste da detta norma;
l’incentivo all’esodo richiesto ha natura di corrispettivo per la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro e rientra, pertanto, nelle ipotesi applicative del regime di prescrizione ordinaria decennale; il credito vantato dal lavoratore scaturisce non già dal rapporto di lavoro, ma dal contratto di risoluzione anticipata dello stesso che è, pertanto, finalizzato a mutare il titolo delle pretese e ad estinguere le pregresse posizioni soggettive, costituendone al loro posto altre, autonome e distinte, sottratte al termine prescrizionale proprio e soggette a quello ordinario decennale;
2. il motivo non è fondato;
va premesso che questa Corte ha già avuto modo di affermare ( ex aliis , Cass., n. 2318 del 2022, n. 12198 del 2020, n. 1748 del 2017) che nel concetto di «retribuzione lorda» previsto dall’articolo 7 della legge Regione Calabria nr. 2 marzo 2005 n. 8, nell’unica interpretazione possibile (come evidenziato anche dalla Corte costituzionale nel dichiarare illegittima, con sentenza nr. 271/2001, la norma di interpretazione
autentica de ll’art . 44 della legge reg. Calabria 13 giugno 2008, n. 15, che disponeva in senso contrario) deve essere inclusa la tredicesima mensilità;
nella specie, la cessazione dal servizio è stata preceduta da un accordo intercorso tra le parti del rapporto di lavoro e trova, quindi, applicazione il principio già enunciato da questa Corte nell’esaminare analoga fattispecie, relativa all’applicazione dell’art. 7 della legge reg. Calabria n. 8 del 2005 ed al termine di prescrizione secondo cui «allorquando un accordo transattivo sia stato preceduto dalla manifestazione di volontà del datore di lavoro di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con un proprio dipendente e dalla richiesta, da parte di quest’ultimo, di una somma di denaro quale condizione per addivenire alla risoluzione consensuale del rapporto, alla corresponsione di una somma di denaro, erogata in esecuzione di quell’accordo, deve essere riconosciuta natura retributiva» (Cass., n. 487 del 2021, che richiama Cass. n. 17736 del 2007, n. 6663 del 2002);
pertanto, con riguardo alla fattispecie in esame disciplinata dalla legge reg. n. 8/2005, articolo 7 , la Corte d’ appello ha affermato correttamente che l’indennità, era strettamente collegata alla fase conclusiva del rapporto e ricadeva nell’ambito applicativo di cui all’art. 2948, cod. civ., n. 5; va inoltre considerato che nella specie viene in rilievo un’azione di inesatto adempimento del debito gravante sul datore di lavoro, azione assoggettata al termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2948, n. 5, cod. civ. (Cass., n. 31240 del 2024; Cass., n. 25270 del 2016);
a tali principi la decisione impugnata è pienamente conforme, da ciò derivando l’infondatezza del motivo del ricorso ;
3. con il secondo mezzo si denuncia violazione dell’art. 2944 cod. civ., in relazione all’art. 2360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte distrettuale escluso l’esistenza di atti interruttivi della prescrizione mentre, invece, la nota 2/9/2008 e le due note del 9/9/2008, valutate insieme al «complessivo carteggio intercorso fra le parti», costituivano riconoscimento del diritto all’indennità di esodo «considerata unitariamente e non nelle sue singole componenti di calcolo come la tredicesima mensilità», la quale ultima difettava, a parere dei ricorrenti, di ogni autonomia causale che potesse configurare una negoziazione autonoma dei diritti;
4. il motivo è inammissibile;
è noto che l’interpretazione del contratto e degli atti unilaterali (art. 1324 cod. civ.) cui sono applicabili gli artt. 1362 e 1369 cod. civ. (Cass. 18879 del 2014) può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola (o comunque di un atto giuridico in senso stretto) siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. n. 11254/2018);
ciò perché l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un’indagine di fatto e, quindi, in sede di legittimità il ricorrente che denunci la violazione dei canoni legali di ermeneutica deve, non solo fare esplicito riferimento alle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì,
a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia dagli stessi discostato (cfr. fra le più recenti Cass. n. 27136/2017);
il ricorso, oltre che generico laddove si limita ad addebitare alla Corte territoriale di non avere apprezzato, a fini interpretativi, gli atti interruttivi «unitamente al complessivo carteggio» non meglio precisato né riportato o localizzato in atti, e ciò in violazione degli oneri previsti da ll’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., omette di precisare rispetto a quale canone ermeneutico l’esegesi condotta dal giudice del merito sarebbe risultata erronea;
non può accedersi, poi, all’ulteriore rilievo secondo cui, pur a fronte di una richiesta di inclusione della ‘voce’ della tredicesima mensilità nell’indennità di esodo, il riconoscimento ex adverso della debenza di quest’ultima indennità, genericamente formulato e con esclusione della voce del tredicesimo rateo, varrebbe comunque quale atto di riconoscimento dell’indennità nel suo complesso, ivi compresa la ‘voce’ non ricompresa nell’originaria liquidazione e qui rivendicata, atteso che, ove si opinasse in tal senso, verrebbe meno il fondamento della ricognizione di debito, per la configurabilità della quale occorre, infatti, che essa rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito in contestazione (cfr. Cass. n. 22948 del 20/8/2024; Cass. n. 9097 del 12/4/2018; Cass. n. 15353 del 30/10/2002);
alla stregua delle considerazioni suesposte, il ricorso deve essere nel complesso rigettato;
la peculiarità della questione in relazione alla quale i giudici di merito hanno espresso orientamenti difformi, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso. Compensa le spese di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di