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Prescrizione differenze retributive: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione per le differenze retributive dei dipendenti pubblici a tempo determinato è di cinque anni, non dieci. Il caso riguardava una dipendente del Ministero dell’Istruzione che chiedeva il riconoscimento degli scatti di anzianità. La Corte ha chiarito che, sebbene il diritto derivi da una normativa europea anti-discriminazione, la natura della pretesa rimane retributiva e soggetta alla prescrizione quinquennale prevista per i pagamenti periodici, al fine di evitare una “discriminazione alla rovescia” rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Differenze Retributive: La Cassazione Sceglie il Termine Breve di 5 Anni

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su una questione fondamentale per i lavoratori del pubblico impiego con contratti a termine: qual è il termine corretto per richiedere le somme non percepite? La Suprema Corte ha stabilito che la prescrizione per le differenze retributive è di cinque anni, allineando la tutela del lavoratore a termine a quella del collega a tempo indeterminato.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dall’azione legale di una dipendente del personale ATA del Ministero dell’Istruzione, assunta con una serie di contratti a tempo determinato. La lavoratrice si era rivolta al giudice per ottenere il riconoscimento del suo diritto agli scatti di anzianità fin dal primo giorno di lavoro e la condanna del Ministero al pagamento delle relative differenze retributive.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente la sua richiesta, riconoscendole il diritto ma applicando la prescrizione quinquennale, limitando quindi le somme recuperabili agli ultimi cinque anni.
Successivamente, la Corte d’Appello aveva modificato questa decisione, eliminando il limite della prescrizione quinquennale e applicando, di fatto, il termine ordinario di dieci anni. La motivazione della corte territoriale si basava sull’idea che il diritto sorgesse dall’inadempimento dello Stato a un’obbligazione ex lege derivante dal diritto europeo.

La Questione sulla Prescrizione Differenze Retributive

Il Ministero ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico, ma cruciale, motivo: l’errata applicazione delle norme sulla prescrizione. La questione sottoposta alla Suprema Corte era se alle richieste di differenze retributive, basate sul principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato, si dovesse applicare la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.) o quella breve quinquennale prevista per i crediti da lavoro pagati periodicamente (art. 2948, n. 4, c.c.).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, fornendo un’interpretazione chiara e in continuità con la sua precedente giurisprudenza. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio cardine: la natura della pretesa.

Anche se il diritto della lavoratrice a un trattamento non discriminatorio deriva dalla normativa europea (Direttiva 1999/70/CE), la richiesta concreta riguarda il pagamento di differenze di stipendio. Queste somme, per loro natura, sono pagamenti periodici. Pertanto, la domanda di adempimento soggiace alle stesse regole che si applicherebbero a un lavoratore a tempo indeterminato che rivendicasse i medesimi crediti retributivi.

La Corte ha specificato che applicare il termine decennale creerebbe una “discriminazione alla rovescia”. Un lavoratore a tempo determinato, infatti, finirebbe per godere di un trattamento più favorevole rispetto a un collega a tempo indeterminato, potendo rivendicare arretrati per un periodo di tempo doppio. Questo violerebbe il principio di parità di trattamento che la normativa stessa mira a tutelare.

Di conseguenza, il rimedio contro la discriminazione deve consistere nel ripristino del trattamento che sarebbe spettato in caso di assunzione a tempo indeterminato, includendo anche l’applicazione del medesimo termine di prescrizione quinquennale.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ripristina la decisione del primo giudice. Viene quindi riconosciuto il diritto della lavoratrice alle differenze retributive per gli scatti di anzianità, ma con il limite della prescrizione di cinque anni.

La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: le azioni volte a ottenere l’equiparazione retributiva tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato sono soggette alla prescrizione quinquennale. Questo principio garantisce coerenza nel sistema e assicura che il principio di non discriminazione non si traduca in un ingiustificato privilegio processuale.

Qual è il termine di prescrizione per le differenze retributive dei dipendenti pubblici a termine?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di prescrizione per le differenze retributive, come gli scatti di anzianità, è di cinque anni, come previsto dall’art. 2948, n. 4, c.c. per i crediti che si pagano periodicamente.

Perché la Corte di Cassazione non ha applicato la prescrizione decennale?
La Corte ha ritenuto che, sebbene il diritto all’equiparazione derivi da norme europee, la natura della richiesta è puramente retributiva. Applicare la prescrizione decennale avrebbe creato una “discriminazione alla rovescia”, offrendo al lavoratore a termine una tutela più ampia rispetto a quella del lavoratore a tempo indeterminato per lo stesso tipo di credito.

Cosa si intende per “discriminazione alla rovescia” in questo contesto?
Significa che concedere al lavoratore a tempo determinato un termine di prescrizione più lungo (dieci anni) rispetto a quello previsto per il lavoratore a tempo indeterminato (cinque anni) per lo stesso tipo di credito retributivo costituirebbe un trattamento ingiustificatamente più favorevole, contraddicendo lo stesso principio di parità di trattamento che si intende proteggere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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