LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prescrizione diffamazione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13052/2024, ha rigettato il ricorso di un avvocato condannato per diffamazione ai danni di un magistrato. Il caso verteva su accuse di frequentazioni con malavitosi. La Suprema Corte ha chiarito un punto cruciale sulla prescrizione diffamazione: quando il fatto illecito è anche reato, il termine di prescrizione per l’azione civile di risarcimento non decorre dalla data del fatto, ma dalla data in cui la sentenza penale di assoluzione (che non preclude l’azione civile) è diventata irrevocabile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Diffamazione e Giudicato Penale: L’Analisi della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un complesso caso di risarcimento danni per diffamazione, offrendo chiarimenti fondamentali sul delicato tema della prescrizione diffamazione quando l’illecito civile è anche un reato. La decisione sottolinea come la conclusione di un processo penale influenzi la decorrenza dei termini per l’azione civile, un principio di grande rilevanza pratica per chiunque si trovi a dover richiedere un risarcimento.

I Fatti del Caso: Dalle Accuse alla Condanna per Danni

La vicenda giudiziaria trae origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da un magistrato nei confronti di un avvocato e di un giornalista. Il magistrato lamentava di essere stato vittima di una campagna diffamatoria orchestrata attraverso l’invio di esposti a alte cariche istituzionali e la pubblicazione di articoli su un periodico.

Le accuse, mosse nel 2008, dipingevano il magistrato come un soggetto vicino ad ambienti criminali di stampo mafioso. In primo e secondo grado, i giudici di merito avevano accertato la natura diffamatoria delle comunicazioni e degli articoli, condannando l’avvocato e il giornalista al pagamento di una somma a titolo di risarcimento, progressivamente aumentata in appello a 30.000 Euro. L’avvocato, ritenendo ingiusta la condanna, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Difesa

L’avvocato ha basato il suo ricorso su cinque distinti motivi, cercando di smontare la decisione della Corte d’Appello. In sintesi, i motivi principali riguardavano:

1. Omesso esame di fatti decisivi: Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe considerato elementi probatori che avrebbero dimostrato la veridicità delle sue affermazioni e, di conseguenza, escluso la diffamazione.
2. Travisamento dei fatti: Il ricorrente lamentava che i giudici di merito avessero erroneamente interpretato il suo ruolo nella vicenda, attribuendogli un concorso nella pubblicazione degli articoli diffamatori basandosi su prove inconsistenti.
3. Violazione delle norme sulla prescrizione: Questo è stato il motivo centrale e giuridicamente più complesso. L’avvocato sosteneva che il diritto al risarcimento del magistrato fosse ormai prescritto.

La Prescrizione Diffamazione e l’Impatto del Giudizio Penale

Il quarto motivo del ricorso si è concentrato sull’art. 2947 del codice civile, che regola la prescrizione del diritto al risarcimento del danno. L’avvocato sosteneva che dovesse applicarsi il termine ordinario di cinque anni a partire dal giorno dell’illecito (2008), rendendo tardiva l’azione legale del magistrato, iniziata nel 2013.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, offrendo una spiegazione chiara della norma. Ha ricordato che quando un fatto illecito è considerato dalla legge come reato, e per tale reato è stabilita una prescrizione più lunga di quella civile, questa si applica anche all’azione civile. Tuttavia, la regola cambia se interviene una sentenza penale.

Nel caso di specie, l’avvocato era stato assolto dal reato di diffamazione in sede penale, ma con una formula che non precludeva l’azione civile. La Corte ha stabilito che, in tali circostanze, il secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947 c.c. prevede che il termine di prescrizione quinquennale per l’azione di risarcimento decorra non dalla data del fatto, ma dalla data in cui la sentenza penale è diventata irrevocabile (in questo caso, nel 2013). Di conseguenza, l’azione civile, intentata nel novembre 2013, era pienamente nei termini.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i primi tre motivi di ricorso. Ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti. I motivi sollevati dal ricorrente, secondo la Corte, erano un tentativo mascherato di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.

Sul punto cruciale della prescrizione diffamazione, le motivazioni sono state nette. La Corte ha applicato il dettato normativo dell’art. 2947 c.c., confermando l’interpretazione già data dalla Corte d’Appello. La decorrenza del termine dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale è una regola posta a tutela del danneggiato, che permette di attendere l’esito del processo penale prima di agire in sede civile. L’azione era quindi tempestiva e il motivo infondato.

Infine, anche il motivo relativo alla condanna alle spese legali è stato rigettato. La Corte ha ricordato che la regolazione delle spese si basa sul principio della soccombenza: chi perde paga. Avendo la Corte rigettato integralmente il ricorso principale dell’avvocato, la condanna al pagamento delle spese in favore del magistrato era una conseguenza diretta e corretta.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante orientamento giurisprudenziale in materia di prescrizione diffamazione. Stabilisce con chiarezza che l’esito di un procedimento penale ha un impatto determinante sui termini per agire in sede civile per il risarcimento del danno. La decisione serve da monito: la valutazione dei fatti e delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere messa in discussione in Cassazione, se non per vizi di legittimità specifici. Per i cittadini, la sentenza conferma che il percorso per ottenere giustizia può essere complesso, ma le norme sulla prescrizione sono strutturate per garantire che il diritto al risarcimento non si estingua prematuramente a causa della pendenza di un giudizio penale.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per una richiesta di risarcimento danni da diffamazione se si è concluso un processo penale?
Secondo la Corte, se il processo penale si conclude con una sentenza di assoluzione che non preclude l’azione civile, il termine di prescrizione di cinque anni per la richiesta di risarcimento inizia a decorrere dalla data in cui la sentenza penale diventa definitiva e irrevocabile, non dalla data in cui è stato commesso il fatto.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti del caso. I tentativi di ottenere un riesame del merito vengono dichiarati inammissibili.

Chi paga le spese legali in un processo in Cassazione?
Le spese legali seguono il principio della soccombenza. La parte il cui ricorso viene interamente rigettato è considerata soccombente e, di conseguenza, viene condannata a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte per difendersi nel giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati