Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26523 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26523 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6183/2024 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentata e difesa da COGNOME
: ll’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
ROMA CAPITALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE ROMA n. 18635/2023 depositata il 19/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
il Collegio è chiamato a decidere del ricorso proposto da NOME COGNOME contro Roma Capitale per la cassazione della sentenza n. 18635/2023 del Tribunale di Roma, pubblicata il 19 dicembre 2023, per effetto dell’istanza di decisione presentata dalla ricorrente a seguito di proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c. per manifesta infondatezza del motivo unico di doglianza con il quale è stata denunciata -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 28 della legge n. 689/1981, 2953 c.c. e 615 c.p.c.
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’appello della ricorrente contro la sentenza del giudice di pace di Roma n.20188/2020 con cui, per quanto interessa, era stata ritenuta infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla ricorrente in riferimento ad un credito di Roma Capitale rinveniente da sentenza passata in giudicato dello stesso giudice di pace n.48315/2018, di rigetto dell’originaria opposizione proposta dalla ricorrente contro due ordinanze ingiunzione prefettizie fondate su verbali di accertamento di violazioni del codice della strada.
A fondamento della sentenza, il Tribunale ha affermato che, per effetto della pronuncia di rigetto dell’opposizione, il termine di prescrizione del credito dell’amministrazione non era più quello quinquennale invocato dalla appellante, di cui all’art. 28 della l.689 del 1981, ma era invece quello decennale di cui all’art. 2953 c.c. relativo ai crediti rinvenienti da sentenza passata in giudicato. Il tribunale ha ricordato la giurisprudenza di legittimità relativa all’applicazione del termine decennale di prescrizione ex art. 2953 c.c. per i crediti per sanzioni amministrative da violazioni di norme tributarie divenute definitive a seguito di provvedimento giudiziale;
Roma Capitale ha depositato controricorso;
considerato che:
la ricorrente lamenta l’infondatezza della equiparazione che sarebbe stata fatta dal Tribunale tra il regime delle sanzioni
tributarie e quello delle sanzioni amministrative, disciplinato dalla legge n. 689/1981, poi confluito nel d. lgs. n. 150/2011; 2. il ricorso è infondato.
La pretesa di Roma Capitale è basata su un titolo giudiziale divenuto definitivo, costituito dalla sentenza, passata in giudicato, di rigetto della formulata opposizione ad ordinanze-ingiunzione.
Il titolo giudiziale ha sostituito il titolo originario, costituito dai provvedimenti amministrativi.
Il Tribunale ha correttamente ritenuto che il regime di prescrizione applicabile a tale pretesa è quello previsto dall’art. 2953 c.c., di dieci anni, riconducibile al provvedimento giudiziale, e non il termine di prescrizione più breve, quinquennale, stabilito, in via generale, dall’art. 28 della legge n. 689/1981 per le violazioni amministrative, riconducibile al titolo originario ormai sostituito dal provvedimento giudiziale.
La sentenza impugnata è conforme all’univoca giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra molte, per idonei riferimenti, Cass. 25222/2024; Cass. n. 19180/2022; Cass. n. 20261/2021; Cass. n. 12074/2016, Cass. n. 16730/2016; Cass. SU, n. 23397/2016);
il ricorso deve essere rigettato;
la ricorrente deve essere condannata alle spese del giudizio; 5. poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di infondatezza del ricorso e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto;
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 800,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 800,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3 .000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME