Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25205 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25205 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2024
1.La Corte d’appello di Bari, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado (che aveva già dichiarato la nullità dei termini apposti ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in date 1° dicembre 2006 e 22 gennaio 2007), ha dichiarato l’illegittimità del rapporto di lavoro a termine intercorso fra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE a far data dal 27.2.2004 e, respinta la domanda di conversione in rapporto a tempo indeterminato, ha condannato l’ente a corrispondere al lavoratore otto m ensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, a titolo risarcitorio sulla base dei parametri indicati dall’art. 32 RAGIONE_SOCIALE legge 4 novembre 2010, n. 183, nonché al pagamento del premio incentivante, ed ha rigettato la domanda di pagamento del trattamento di fine rapporto.
Limitatamente a quel che in questa sede rileva, la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, trovando applicazione il termine ordinario decennale, che non era decorso neppure assumendo quale dies a quo la data di scadenza del primo contratto a termine.
Avverso tale pronuncia l’RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso contenente anche un ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento di quello principale .
5 . A seguito di formulazione RAGIONE_SOCIALE proposta di definizione ai sensi dell’art. 380bis, primo comma, cod. proc. civ., l’ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa ha presentato istanza di decisione ai sensi dell’art. 380 -bis, secondo comma, cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria nel termine di legge ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
DIRITTO
Con l’unico motivo , il ricorso principale denuncia «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., dell’art. 1337 c.c., dell’art. 1338 c.c., dell’art. 2087, 2946 c.c. e dell’art. 36 D.L gs. n. 165/2001, relativamente all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
L’ente ricorrente sostiene che il diritto al risarcimento del danno sancito dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 in favore del lavoratore in caso di abusiva reiterazione di contratti di lavoro a termine con la pubblica amministrazione, integrando un’ipotesi di responsabilità precontrattuale (da ricondursi RAGIONE_SOCIALE responsabilità extracontrattuale), si prescrive nel termine quinquennale previsto dall’art. 2947, comma 1, c.c.
2. Il ricorso è infondato.
Innanzitutto, dai precedenti citati nella sentenza impugnata (Cass. nn. 12697/2001 e 8893/2003) risulta che l’orientamento di questa Corte sul carattere contrattuale dell’obbligo risarcitorio nel caso di illegittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, riferito in generale ad ogni tipo di lavoro subordinato, è consolidato da oltre un ventennio.
Tale orientamento è stato ribadito con particolare riguardo al diritto al pagamento dell’indennità «forfetizzata» e «onnicomprensiva» di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE legge n. 183 del 2010 (Cass. n. 14996/2012) e RAGIONE_SOCIALE relativa applicazione nell’ambito del pubblico impiego, ove la tutela risarcitoria è l’unica riconosciuta dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass. n. 9402/2017).
Ciò premesso, la proposta di definizione anticipata a cui l’ente ricorrente si oppone è stata così formulata: ‘la sentenza impugnata è conforme all’orientamento espresso da Cass. 31104/2023 che in fattispecie sovrapponibile a quella oggetto di causa, dando continuità al principio di diritto già enunciato dai precedenti citati in motivazione, ha respinto analogo ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, dichiarando, di conseguenza, assorbito il ricorso incidentale condizionato propost o dal controricorrente’.
La pronuncia richiamata nella suddetta proposta, che ha definito un ricorso sostanzialmente sovrapponibile a quello che viene in rilievo, riguardante il termine di prescrizione applicabile al risarcimento del ‘danno comunitario’ da
abusiva reiterazione del rapporto a tempo determinato, ha richiamato il consolidato indirizzo di questa Corte in ordine RAGIONE_SOCIALE riconducibilità del risarcimento del danno per abusiva reiterazione dei contratti a termine al paradigma RAGIONE_SOCIALE responsabilità contrattuale (ha in particolare rinviato a Cass. n. 15027/2022 ed ai precedenti ivi citati, nonché, per l’espressa affermazione RAGIONE_SOCIALE natura contrattuale RAGIONE_SOCIALE responsabilità ex art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, RAGIONE_SOCIALE pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 5072/2016).
L ‘ordinanza n. 5740/2020 (a sua volta richiamata da Cass. n. 15027/2022), che ha parimenti definito un ricorso analogo a quello oggetto di decisione, ha in particolare affermato: ‘ 11.come si legge in Cass., S.U. n. 5072 del 2016, il danno di cui all’art. 36 cit., non deriva dRAGIONE_SOCIALE mancata conversione in rapporto a tempo indeterminato e quindi dRAGIONE_SOCIALE perdita del posto di lavoro, a cui il dipendente non avrebbe mai avuto diritto non avendo superato un concorso pubblico per un posto stabile. Il danno per il dipendente pubblico conseguente RAGIONE_SOCIALE reiterazione di plurimi contratti a termine è altro: il lavoratore a termine nel pubblico impiego, se il termine è illegittimamente apposto, perde la chance RAGIONE_SOCIALE occupazione alternativa migliore; è lo stesso art. 36, comma 5, cit., che definisce il danno risarcibile come derivante dRAGIONE_SOCIALE prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e non già come derivante dRAGIONE_SOCIALE perdita di un posto di lavoro;
12. in quanto derivante dRAGIONE_SOCIALE esecuzione del contratto concluso in violazione di norme imperative, il danno risarcibile in base all’art. 36, comma 5 cit. è un danno da responsabilità contrattuale, così definito nella citata pronuncia delle Sezioni Unite, il cui risarcimento deve comprendere, ai sensi dell’art. 1223 c.c., sia la perdita subita, nella specie dal lavoratore, sia il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta;
13. ai fini RAGIONE_SOCIALE misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, le Sezioni Unite cit., adottando una interpretazione conforme al canone di effettività RAGIONE_SOCIALE tutela affermato dRAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), hanno fatto riferimento RAGIONE_SOCIALE fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”,
determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto;
14. da quanto detto discende che il danno risarcibile ai sensi del citato art. 36 ha origine contrattuale e il relativo diritto è pertanto assoggettato RAGIONE_SOCIALE prescrizione ordinaria decennale’ .
Questa Corte ha successivamente ribadito che il danno risarcibile ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, interpretato in termini conformi RAGIONE_SOCIALE direttiva 1999/70/CE, è un danno ‘ da precarizzazione ‘ , che lede la dignità RAGIONE_SOCIALE persona, quale diritto inviolabile, di cui è proiezione anche il diritto al lavoro in quanto tale, riconosciuto nel diritto interno dagli artt. 2 e 4 Cost, e nel diritto eurounitario dagli artt. 1 e 15 RAGIONE_SOCIALE cd. Carta di Nizza (Cass. n. 10999/2020).
Il danno derivante dRAGIONE_SOCIALE violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 non è, pertanto, legato RAGIONE_SOCIALE sola stipulazione di un contratto a termine nullo e non suscettibile di conversione, ma allo stato di precarizzazione che deriva dRAGIONE_SOCIALE reiterazione abusiva del contratto medesimo, ossia dall’avere reso la prestazione in condizione di precarietà.
Non è quindi corretta l’affermazione di parte ricorrente secondo cui il risarcimento del danno nel caso di reiterazione abusiva di contratti a termine nel pubblico impiego coprirebbe soltanto l’interesse contrattuale negativo corrispondente alle spese inutilmente sostenute, nonché RAGIONE_SOCIALE perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale.
La proposta di definizione anticipata è stata, dunque, formulata in presenza di plurimi precedenti RAGIONE_SOCIALE Corte, che richiamano anche le Sezioni Unite.
4. L’istanza presentata ex art. 380 bis, comma 2, cod. proc. civ. , che si limita a sostenere infondatamente la non sovrapponibilità RAGIONE_SOCIALE fattispecie a quella valutata nel precedente richiamato e a sollecitare una rimeditazione dell’orientamento già espresso, non aggiunge nulla agli argomenti già valutati dRAGIONE_SOCIALE Corte e ritenuti infondati.
Nella memoria l’ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, oltre a riportare il contenuto del ricorso, sollecita la rimessione RAGIONE_SOCIALE questione alle Sezioni Unite e sostiene che l’orientamento
espresso si porrebbe in contrasto con il percorso argomentativo di Cass. S.U. n. 5072/2016 e con il divieto di previsione di danni punitivi.
Anche al riguardo le affermazioni, che muovono da una lettura parziale RAGIONE_SOCIALE suddetta pronuncia, sono infondate, avendo la medesima decisione chiarito che nel caso di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura dissuasiva ed il rafforzamento RAGIONE_SOCIALE tutela del lavoratore pubblico richiesta dRAGIONE_SOCIALE giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia si rinvengono nell’agevolazione probatoria prevista dall’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE legge n. 183/2010, ritenuta applicabile in via di interpretazione sistematica orientata dRAGIONE_SOCIALE necessità di conformità RAGIONE_SOCIALE clausola 5 dell’Accordo quadro, essendo il lavoratore pubblico ‘esonerato dRAGIONE_SOCIALE prova del danno nella misura in cui questo è presunto e determinato tra un minimo e un massimo’, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 16601/2017) hanno peraltro riconosciuto ‘un riscontro a livello costituzionale RAGIONE_SOCIALE cittadinanza nell’ordinamento di una concezione polifunzionale RAGIONE_SOCIALE responsabilità civile, la quale risponde soprattutto a un’esigenza di effettività (cfr. Corte Cost. 238/2014 e Cass. n. 21255/13 ) RAGIONE_SOCIALE tutela’, ed ha nno ricordato che Cass. S.U. n. 5072/2016 prospetta la possibilità per il legislatore nazionale di configurare ‘danni punitivi’ come misura di contrasto RAGIONE_SOCIALE violazione del diritto eurounitario.
5. La natura contrattuale RAGIONE_SOCIALE responsabilità RAGIONE_SOCIALE pubblica amministrazione datrice di lavoro porta con sé la conseguenza, correttamente assunta dRAGIONE_SOCIALE Corte territoriale, dell’inapplicabilità al diritto al risarcimento del danno del termine di prescrizione breve quinquennale di cui all’art. 2947, comma 1, c.c. e dell’applicabilità, invece, RAGIONE_SOCIALE prescrizione ordinaria decennale.
Anche questa scontata conseguenza -che in quanto tale non è messa in discussione nel ricorso, ove si contesta soltanto la premessa sulla natura RAGIONE_SOCIALE responsabilità -è stata da tempo affermata da questa Corte (Cass. nn. 14996/2012; 9402/2017; Cass. n. 5740/2020 e Cass. n. 34741/2023).
Peraltro, anche a fronte del riconoscimento del carattere precontrattuale RAGIONE_SOCIALE responsabilità (da escludersi nel caso di specie per le ragioni fin qui evidenziate) , la conseguenza dell’applicabilità RAGIONE_SOCIALE prescrizione quinquennale non sarebbe stata altrettanto scontata, in considerazione dei diversi
orientamenti in materia (v. Cass. n. 14188/2016, per l’inquadramento RAGIONE_SOCIALE responsabilità precontrattuale nell’ambito RAGIONE_SOCIALE responsabilità contrattuale da «contatto sociale qualificato»; v. Cass. n. 24738/2019, che invece riconduce la responsabilità precontrattuale al genus RAGIONE_SOCIALE responsabilità extracontrattuale).
In ogni caso il contratto di lavoro, una volta che abbia avuto esecuzione, produce, anche se nullo, effetti giuridici eccezionalmente irreversibili (art. 2126 c.c.), configurandosi come un «contatto sociale» ben più «qualificato» rispetto a quello delle comuni ipotesi di responsabilità precontrattuale (artt. 1337 e 1338 c.c.).
Il ricorso va pertanto rigettato.
7 . L’esito del giudizio sul ricorso principale esclude la necessità di esaminare quello incidentale, esplicitamente condizionato all’accoglimento del primo, non avendo il lavoratore alcun interesse a mettere in discussione il dies a quo RAGIONE_SOCIALE decorrenza del termine con riferimento a un’eccezione di prescrizione che risulta comunque definitivamente respinta.
Respinto il ricorso principale, le spese legali del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
9 . Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
Considerato che il giudizio viene definito in conformità RAGIONE_SOCIALE proposta, ai sensi dell’art. 380 bis, ultimo comma, cod. proc. civ., ed in continuità con quanto già affermato dalle Sezioni Unite con le recenti decisioni n. 27433/2023 e n. 27195/2023, trovano applicazione il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 cod. proc. civ.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; c ondanna l’ente ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
c ondanna l’ente ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di € 2.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALE controparte ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. e lo condanna altresì al pagamento RAGIONE_SOCIALE somma di € 1.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALE cassa delle ammende;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’ente ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Lavoro RAGIONE_SOCIALE