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Prescrizione danno pubblico impiego: 10 anni, non 5

La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione per il danno da pubblico impiego, derivante dall’illegittima reiterazione di contratti a termine, è decennale e non quinquennale. La Corte ha qualificato la responsabilità della Pubblica Amministrazione come contrattuale, poiché il danno non nasce dalla mancata assunzione ma dalla prestazione lavorativa resa in condizioni di precarietà, in violazione di norme imperative. L’ente pubblico ricorrente sosteneva la natura precontrattuale o extracontrattuale della responsabilità, con conseguente prescrizione breve di cinque anni, ma il suo ricorso è stato rigettato, confermando la tutela più ampia per il lavoratore.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione danno pubblico impiego: la Cassazione conferma il termine di 10 anni

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 25205/2024, ha ribadito un principio fondamentale a tutela dei lavoratori del settore pubblico: la prescrizione del danno da pubblico impiego, derivante dall’abuso di contratti a tempo determinato, è decennale e non quinquennale. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale che qualifica la responsabilità della Pubblica Amministrazione come contrattuale, offrendo così una maggiore protezione al lavoratore.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla vicenda di un lavoratore impiegato presso un ente pubblico attraverso una successione di contratti a tempo determinato. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva dichiarato l’illegittimità del rapporto di lavoro a termine e, pur respingendo la domanda di conversione in un rapporto a tempo indeterminato, aveva condannato l’ente a un risarcimento del danno. Tale risarcimento comprendeva un’indennità onnicomprensiva pari a otto mensilità dell’ultima retribuzione, come previsto dalla normativa di riferimento.

L’ente pubblico aveva eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento, sostenendo che dovesse applicarsi il termine breve di cinque anni.

Il Ricorso dell’Ente e la Questione sulla Prescrizione del Danno nel Pubblico Impiego

L’ente datore di lavoro ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione delle norme sulla prescrizione. Secondo la tesi del ricorrente, il danno derivante dall’abusiva reiterazione di contratti a termine configurerebbe un’ipotesi di responsabilità precontrattuale o, al più, extracontrattuale. Di conseguenza, il termine di prescrizione applicabile sarebbe quello quinquennale previsto dall’art. 2947 c.c., e non quello ordinario decennale di cui all’art. 2946 c.c.

La questione centrale, quindi, era determinare la natura giuridica della responsabilità della Pubblica Amministrazione quando abusa dello strumento del contratto a termine.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo infondato. I giudici hanno richiamato un orientamento consolidato da oltre un ventennio, secondo cui l’obbligo risarcitorio in caso di illegittima apposizione di un termine a un contratto di lavoro ha natura contrattuale. Questo principio vale per ogni tipo di lavoro subordinato, incluso quello pubblico.

La Corte ha chiarito che il danno risarcibile ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 non deriva dalla mancata conversione del rapporto (a cui il dipendente pubblico non avrebbe diritto senza un concorso), bensì dalla prestazione lavorativa svolta in violazione di disposizioni imperative. Si tratta di un “danno da precarizzazione”, che lede la dignità del lavoratore e deriva dall’esecuzione stessa di un contratto nullo. Poiché il danno scaturisce dall’esecuzione del rapporto di lavoro, la responsabilità non può che essere contrattuale.

Il rapporto di lavoro, anche se nullo, produce effetti giuridici irreversibili e crea un “contatto sociale qualificato” ben più forte delle semplici trattative precontrattuali. Pertanto, ricondurre la responsabilità al solo ambito precontrattuale o extracontrattuale sarebbe scorretto. La natura contrattuale della responsabilità comporta, come diretta conseguenza, l’applicazione del termine di prescrizione ordinario decennale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma con fermezza che il diritto del lavoratore pubblico al risarcimento del danno per l’abuso di contratti a termine si prescrive in dieci anni. La decisione rafforza la tutela dei lavoratori precari della Pubblica Amministrazione, garantendo loro un arco temporale più ampio per far valere i propri diritti. Questa pronuncia si pone in continuità con la giurisprudenza delle Sezioni Unite e con l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione Europea, che mira a sanzionare efficacemente l’utilizzo abusivo dei contratti a tempo determinato.

Qual è il termine di prescrizione per il risarcimento del danno da abuso di contratti a termine nel pubblico impiego?
Il termine di prescrizione è quello ordinario decennale, come stabilito dall’art. 2946 del codice civile.

Perché la responsabilità della Pubblica Amministrazione in questi casi è considerata contrattuale e non extracontrattuale?
Perché il danno non deriva dalla mancata assunzione (responsabilità precontrattuale) ma dall’esecuzione della prestazione lavorativa in condizioni di precarietà, a seguito di un contratto stipulato in violazione di norme imperative. Si tratta quindi di una responsabilità che sorge all’interno del rapporto di lavoro, anche se nullo, configurando un “contatto sociale qualificato” che giustifica l’applicazione delle regole sulla responsabilità contrattuale.

Il lavoratore pubblico deve provare il danno subito per ottenere il risarcimento?
No, il danno è presunto dalla legge. La normativa (in particolare l’art. 32 della legge n. 183/2010, applicabile anche al pubblico impiego) prevede un’indennità onnicomprensiva determinata tra un minimo e un massimo, che esonera il lavoratore dalla prova del danno, salva la possibilità di dimostrare un pregiudizio maggiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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