Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6460 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6460 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 11336/2022 R.G. proposto da: COGNOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrenti-
contro
COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 259/2022, depositata il 25/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME a seguito di denunzia penale di NOME COGNOME furono indagati, dapprima, per il reato di circonvenzione di incapace (art. 643 cod.pen.) ai danni di NOME COGNOME, fratello del denunciante, e, in seguito, furono rinviati a giudizio per estorsione aggravata (art. 629 cod.pen.).
Nel corso del giudizio penale, in data 5-6-08, morì NOME COGNOME e, al fine di ottenere il risarcimento dei danni dallo stesso subiti, si costituirono il fratello NOME e la sorella NOME
Con sentenza n. 623/2009, divenuta irrevocabile ex art. 576 cod.proc.pen., il Tribunale penale di Lecce assolse i coniugi dal reato di estorsione per insussistenza del fatto (mancata prova della violenza).
All’esito del giudizio di appello promosso dalle parti civili, NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 310/2012, ritenne i coniugi civilmente responsabile del reato loro ascritto (estorsione aggravata) solo per il periodo successivo al febbraio 2003 (reputando accertata solo da tale data la loro condotta violenta nei confronti di NOME COGNOME) e li condannò al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede.
Con sentenza n. 1979/2014, questa Corte, decidendo sul ricorso proposto ex art. 576 cod.proc.pen. sia dai coniugi COGNOME sia da NOME COGNOME annullò ai soli effetti civili la sentenza n. 310/2012 della corte d’appello, rinviando ex art. 622 cod.proc.civ., al giudice civile competente per valore in grado di appello.
NOME COGNOME (quale erede sia di NOME COGNOME sia di NOME COGNOME, deceduta il 4-5-2013) e NOME COGNOME (quale erede di NOME COGNOME) riassunsero il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Lecce in sede civile, la quale, con sentenza n. 1118/2016, dichiarò, ai soli effetti civili, i coniugi COGNOME responsabili esclusivi del danno procurato a NOME COGNOME e li condannò al risarcimento di detto danno in favore delle costituite parti civili, NOME COGNOME e NOME COGNOME, da liquidarsi in separata sede.
In particolare, per quanto ancora di rilievo, la corte d’appello: a) rigettò la preliminare eccezione, sollevata dai coniugi, di carenza di legittimazione attiva di NOME COGNOME e di NOME COGNOME evidenziando che NOME COGNOME si era regolarmente costituito parte civile nel corso del giudizio di primo grado e che, alla sua morte, legittimamente i suoi fratelli, NOME e NOME, quali eredi, avevano chiesto il risarcimento del danno subito dal fratello e poi avevano proposto appello avverso la sentenza di assoluzione, insistendo con la richiesta risarcitoria, e che la proposizione del ricorso per cassazione solo da parte di NOME COGNOME (e non anche da parte di NOME COGNOME) non poteva incidere sulla legittimazione attiva degli attori, i quali avevano sempre ed unicamente agito per il risarcimento del danno risentito da NOME COGNOME: tanto sia per il principio dell’immanenza della costituzione di parte civile nel processo penale (art. 76, 2° comma, cod.proc.pen.) sia perché NOME COGNOME aveva sempre agito per l’intero credito ereditario; b) disattese, reputandola tardiva, l’eccezione di carenza di legittimazione attiva di NOME COGNOME per non avere la sua dante causa (NOME COGNOME conferito mandato specifico al difensore per impugnare la sentenza di primo grado, rilevando che detto motivo di nullità non era invero più rilevabile dopo la sentenza di secondo grado e comunque non era stato oggetto di ricorso per cassazione, sicché sul punto doveva
ritenersi formato il giudicato; c) rigettò l’eccezione di intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno, tanto con riferimento al reato di estorsione aggravata, di cui all’originaria imputazione, quanto con riferimento al reato di circonvenzione di incapace, come riqualificato in sede di legittimità, perché per il reato di estorsione aggravata, per il quale era prevista la pena edittale massimale di venti anni, non era decorso il termine prescrizionale di venti anni ex artt. 157, 1° comma, cod.pen. e 2947, 3° comma, cod.civ., atteso che il primo atto di elargizione risaliva al 13-6-97 e la costituzione di parte civile era avvenuta il 611-2007, rilevando che, ai fini dell’azione civile, il termine prescrizionale da applicare era quello previsto per il reato come configurato nel capo di imputazione, a nulla rilevando la sua successiva e diversa qualificazione; per il reato di circonvenzione di incapace, la riqualificazione, operata da questa Corte con la sentenza n. 1979/2014, non incideva sul diritto risarcitorio, in quanto il nuovo termine prescrizionale di cui all’art. 2947, 1° comma, cod.civ. doveva farsi decorrere da tale pronuncia; d) rigettò le sollevate eccezioni preliminari di violazione del diritto di difesa conseguente alla riqualificazione del reato come circonvenzione di incapace; e) affermò la responsabilità esclusiva, ai fini civili, dei coniugi COGNOME in ordine all’evento dannoso sin dal 1997, e, in riforma delle statuizioni di condanna al risarcimento contenute nella cassata sentenza della corte d’appello penale, condannò gli stessi al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili (NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME), da liquidarsi in separata sede; f) dichiarò inammissibili, in quanto richieste nuove formulate solo con l’atto di riassunzione, le domande di nullità dell’atto di vendita del 10-4-2011 e di restituzione degli immobili oggetto della vendita stessa.
All’esito del giudizio per cassazione, questa Corte, con la sentenza n. 2514/2019: i) accolse il secondo motivo del ricorso principale con cui i ricorrenti si dolevano dell’omessa pronunzia sull’eccezione di carenza totale di legittimazione attiva di NOME COGNOME e di carenza parziale di legittimazione attiva di NOME COGNOME per non avere il giudice a quo considerato il fatto decisivo che NOME COGNOME era deceduta dopo lo spirare del termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 310/2012 della Corte d’Appello penale di Lecce e quindi aveva fatto consapevole acquiescenza alla detta sentenza, convenendo sul fatto che la pronuncia n. 310/2012 era passata in giudicato nei suoi confronti, e che, di conseguenza, la successiva sentenza di legittimità n. 1979/2014 che aveva deciso sul ricorso proposto solo da NOME COGNOME (oltre che dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME) non poteva avere alcun effetto nei confronti di NOME COGNOME; di conseguenza, i suoi eredi non potevano riassumere il giudizio; ii) il terzo motivo con cui i ricorrenti denunziavano l’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione dell’azione di risarcimento danni, perché la corte territoriale aveva omesso di considerare che il fatto illecito alla base della richiesta risarcitoria era il reato di circonvenzione di incapace di cui all’art. 643 cod.pen., per il quale è prevista la pena massima di anni sei, e che quindi si prescrive, ex art. 157 cod.pen., in sei anni, ai sensi dell’art. 2947, 3° comma, cod.civ.: termine che avrebbe dovuto essere applicato anche all’azione civile risarcitoria per cui è causa; iii) il sesto motivo con cui i ricorrenti si dolevano che la corte territoriale, pur avendo rigettato la domanda concernente la declaratoria di nullità dell’atto di vendita del 10-4-2001 e pur avendo NOME COGNOME e NOME COGNOME provveduto alla trascrizione della detta domanda, non avesse poi ordinato al Conservatore dei Registri Immobiliari la cancellazione della trascrizione della detta domanda, perché, ai sensi dell’art. 2652, 1° comma, n. 6, e 2° comma, cod.civ.; iv) il
secondo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME e di NOME COGNOME i quali lamentavano che la corte territoriale avesse rimesso ad altro giudice la liquidazione del danno, rilevando che, essendosi formato il giudicato agli effetti penali, ed essendo venuta meno, con l’esaurimento della fase penale del giudizio, la ragione stessa dell’attrazione dell’illecito civile nell’ambito delle regole della responsabilità penale, la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere esaminata non solo secondo le regole proprie dell’illecito aquiliano, ma anche nella sua totalità, senza quindi alcuna scissione tra ‘an” ed il “quantum”, non sussistendo, rispetto al giudizio di rinvio ex art. 622 cod.proc.pen. dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello, altro ulteriore giudice.
La Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 259/2022, resa pubblica in data 25/02/2022, all’esito del giudizio promosso da NOME COGNOME e da NOME COGNOME ha dichiarato la carenza totale di legittimazione processuale attiva di NOME COGNOME e la carenza parziale di legittimazione attiva di NOME COGNOME erede di NOME COGNOME ha dichiarato prescritta l’azione di risarcimento dei danno per i fatti avvenuti prima del 2002, ha ordinato la cancellazione della trascrizione della domanda di nullità avente ad oggetto l’atto di vendita del 10.04.2021.
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME resistono con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo si denunzia la violazione degli artt. 2943, 2947 cod.civ. e 157, 160, 161, 81 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
Alla corte territoriale si imputa di aver violato il principio di diritto enunciato da questa Corte con la sentenza n. 2514/2019, nella parte in cui aveva affermato che la prescrizione del credito risarcitorio era di sei anni con limitazione dell’eventuale risarcimento <>. L’errore della corte territoriale consisterebbe nell’aver ampliato il termine di prescrizione di sette anni e mezzo, stabilendo che il diritto al risarcimento dei danni non si sarebbe prescritto per tutti i fatti commessi dal 2001 in poi.
Attinta da censura è specificamente la statuizione con cui la corte territoriale ha ritenuto coerente col principio di diritto espresso dalla pronuncia da questa Corte n. 2514/2019 quanto previsto da Cass. n. 14460/2011 e cioè che <>, il quale annovera tra gli atti interruttivi della prescrizione il provvedimento di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, con conseguente aumento di un quarto del tempo necessario a prescrivere.
2) Con il secondo motivo i ricorrenti sostengono che il giudice di rinvio si sarebbe pronunciato ‘ultra petita’, in violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., con riferimento alla <>. Nel medesimo motivo, viene contestata la nullità della sentenza
impugnata ex art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ., per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., per un asserito <>.
I ricorrenti si dolgono del fatto che la corte territoriale abbia accolto la domanda risarcitoria per avvenuta sottrazione di ratei di pensione e di affitto dal 2001 al 2003 che non era stata formulata con l’atto della costituzione di parte civile.
Con il terzo motivo parte ricorrente si duole che la corte territoriale abbia compensato le spese tra gli attori in riassunzione e NOME COGNOME senza alcuna motivazione, pur essendo i primi risultati vittoriosi nel giudizio.
Il Collegio ritiene che le questioni poste dal primo motivo di ricorso, anche per l’assenza di precedenti specifici, meritino la trattazione in Pubblica Udienza, con la partecipazione del Pubblico Ministero e delle parti.
P.Q.M.
La Corte rinvia a nuovo ruolo ai fini della trattazione in Pubblica Udienza.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 27 gennaio 2025 dalla