Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7429 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 7429 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
DI COGNOME NOME.
-INTIMATO- avverso la sentenza della Corte d’appello di A ncona n. 1189/2017, pubblicata in data 8.8.2017.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 11.1.2024 dal AVV_NOTAIO.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOMEAVV_NOTAIO, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1189/20917, la Corte d’appello di Ancona ha riformato la pronuncia del Tribunale di Ancona e ha dichiarato prescritto il credito professionale del ricorrente per il patrocinio
Oggetto:
compensi
professionali
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1200/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c., con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO.
-RICORRENTE –
contro
svolto in favore di NOME COGNOME in un giudizio amministrativo dichiarato estinto per mancata proposizione dell’istanza di prosecuzione ex art. 9, L. 206/2005.
Il giudice distrettuale ha affermato che il dies a quo del termine di prescrizione decennale coincideva non con l’adozione del decreto di estinzione, trattandosi di provvedimento ad effetti puramente dichiarativi, ma, in mancanza di presentazione dell’istanza di prosecuzione ex art. 9 L. 205/2002, con la scadenza del termine biennale dall’iscrizione a ruolo del ricorso dinanzi al giudice amministrativo, quale fatto ad effetti estintivi automatici, evidenziando che, da quel momento alla data della prima richiesta di pagamento (11.6.2007), erano trascorsi più di dieci anni, con conseguente prescrizione del credito professionale.
Per la cassazione della sentenza l’AVV_NOTAIO propone ricorso affidato ad un unico motivo, illustrato con memoria.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
La causa, avviata alla trattazione camerale dinanzi alla sesta Sezione civile, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 9170/2019.
Con l’unico motivo, si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt.1722, 2935, 2946, 2957, comma 2 cc, in relazione all’art. 26 della legge n° 1034 del 1971, come modificato dall’art. 9 della legge 205/2000, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la Corte d’Appello fatto decorrere la prescrizione dalla scadenza del termine biennale dall’iscrizione della causa a ruolo anziché dalla data del decreto con cui il Tar aveva dichiarato, in data 26/05/2017, la perenzione del ricorso e l’estinzione della causa.
Il motivo è fondato.
La convenuta, raggiunta dalla domanda di pagamento del compenso da parte del ricorrente, aveva eccepito la prescrizione ordinaria, non quella presuntiva: ciò non esclude, tuttavia, che per
individuare il dies a quo di decorrenza della prescrizione ai sensi dell’art. 2935 c.c., possa farsi riferimento all’art. 2957 c.c., poiché entrambi i fatti estintivi esigono l’accertamento del momento a partire dal quale il diritto poteva esser fatto valere del titolare (Cass. 2275/1974; Cass. 17924/2023).
L’art. 2957 c.c. , che ha lo scopo di fissare una data precisa di decorrenza facilmente verificabile, individua due diversi momenti di decorrenza della prescrizione a seconda che l’affare sia o meno concluso: per gli affari compiuti, essa decorre dalla decisione, dalla conciliazione o dalla revoca del mandato, per quelli non compiuti dall’esecuzione dell’ultima prestazione (Cass. 4075/1975; Cass. 6033/1987; Cass. 12326/2001; Cass. 13374/2004; Cass. 13401/2015; Cass. 275/2021).
Si considerano definiti (ossia conclusi) non solo gli affari definiti con la decisione, anche in rito, la conciliazione, la revoca del mandato, ma anche quelli in cui una causa obiettiva o subbiettiva faccia venir meno il rapporto tra cliente ed avvocato, quale l’estinzione del giudizio in cui sia stato svolto il patrocinio (Cass. 964/1964; Cass. 7281/2012; cfr. anche Cass. 17924/2023 per la decorrenza della prescrizione per gli affari non definiti).
Ciò posto, deve considerarsi che nei giudizi amministrativi soggetti alla previsione dell’art. 9 della L. 205/2000, l’estinzione del processo, pur presupponendo la mancata presentazione dell’istanza di prosecuzione del giudizio e la scadenza del termine biennale di legge, va dichiarata dal giudice.
La norma , modificando l’art. 26 della L. 1034/1971, ha previsto che la rinuncia al ricorso, la cessazione della materia del contendere, l’estinzione del giudizio e la perenzione sono pronunciate con decreto dal presidente della sezione competente o da un magistrato da lui delegato e che, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione, ciascuna delle parti costituite può proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti e
depositato presso la segreteria del giudice adito entro dieci giorni dall’ultima notifica. La successiva ordinanza è impugnabile in appello.
Il decreto costituisce, quindi, provvedimento decisorio che definisce il processo in via breve ed il cui scopo è la verifica dell’interesse di parte alla prosecuzione del giudizio ad opposizione (Consiglio di Stato n. 2881/2008; Cass. s.u. 396/2011; Consiglio di Stato 531/2006); prima della sua adozione e della sua definitività il rapporto processuale è ancora pendente (cfr. in motivazione, Cass. 21749/2021).
L’art. 9, oltre a d aver comportato l’abrogazione dell’art. 27, n. 1 e n. 2 della legge n. 1034 del 1971, che contemplava il procedimento in camera di consiglio per i giudizi relativi alla rinuncia al ricorso, alla perenzione e alla cessazione della materia del contendere, ha delineato una fase procedimentale di applicazione generale (anche ai giudizi amministrativi di appello), rispondendo ad un’esigenza di semplificazione che il legislatore del 2000 ha introdotto allo scopo di accelerare i tempi del processo (cfr., in tal senso, Consiglio di Stato -Ad. pl. 6/2004).
In definitiva, il termine di prescrizione decennale del credito professionale non poteva farsi decorrere dalla scadenza del termine biennale dall’iscrizione della causa a ruolo dinanzi al giudice amministrativo entro il quale doveva esser proposta istanza di prosecuzione, poiché a tale data il processo ancora pendente e non poteva considerarsi automaticamente esaurito il rapporto professionale.
E’, di conseguenza, accolto l’unico motivo di ricorso; la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo di ricorso , cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda