Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28958 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28958 Anno 2025
Presidente: TRICOMI IRENE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
ORDINANZA
Oggetto
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE -Mobilità volontaria da altra amministrazione -Assegno ad personam (cd. di garanzia) -Accordo sindacale dell’11.10.2007.
R.NUMERO_DOCUMENTO.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 16/10/2025
CC
sul ricorso 9252-2024 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CODELLA SARA;
– intimata – avverso la sentenza n. 3553/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/10/2023 R.G.N. 3620/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI di CAUSA
La lavoratrice NOME COGNOME, con ricorso ex art. 414 c.p.c., premesso di essere dipendente dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, proveniente per mobilità volontaria da altra amministrazione, e di ricevere un assegno ad personam (cd. assegno di garanzia), rappresentava che, nella sussistenza dei presupposti per il riassorbimento, con verbale di intesa tra l’Amministrazione e le organizzazioni sindacali dell’11.10.2007 veniva pattuita la sospensione per un anno dell’assorbimento dell’assegno de quo, con diritto dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di recuperare le somme non riassorbite e riattivare il meccanismo di riassorbimento, qualora, entro un anno dalla firma dell’intesa non fosse intervenuto un accordo ‘risolutivo’ della questione, ai sensi degli artt. 38 e 39 del ccnl 2006-2009. In ragione del mancato raggiungimento di detto accordo, la lavoratrice esponeva che l’ente iniziava il recupero mediante trattenute in busta paga a partire da marzo 2019, a seguito di lettera con richiesta di pagamento del 18.2.2019, sicché chiedeva accertarsi l’intervenuta prescrizione dei crediti vantati da ll’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (prescrizione maturata l’11.10.2018) e comunque l’irripetibilità delle somme erogate in ragione del legittimo affidamento ingenerato nel privato, dichiarando l’illegittimità delle trattenute relative alle somme non riassorbite operate nelle buste paga a far tempo dal marzo 2019.
Nella resistenza dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Roma così statuiva:
-accerta l’intervenuta prescrizione del credito dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di cui alla missiva del 18.2.2019, derivante dal riassorbimento dell’assegno personale per il periodo dal 12 ottobre 2007 al 18 febbraio 2009 e, per l’effetto, condanna il predetto istituto a restituire a NOME COGNOME le somme trattenute a tale titolo nella busta paga di marzo 2019 e quelle successive;
-rigetta la domanda relativamente al credito dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per il recupero delle somme erogate nel mese di febbraio 2009 per il titolo di cui sopra.
La Corte di Appello di Roma, investita del gravame da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, confermava la sentenza di primo grado.
Propone ricorso per cassazione articolato in un unico motivo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che deposita altresì memoria ex art. 380.1 bis c.p.c.
Resta intimata COGNOME NOME.
RAGIONI della DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso per cassazione l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero, in particolare, degli artt. 1362 et ss., anche con riguardo al verbale di intesa dell’11.10.2017 siglato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e dalle organizzazioni sindacali, nonché degli artt. 38 e 39 del c.c.n.l. 2006-2009 e del c.c.n.l. 2016-2018, nonché degli artt. 2033, 2935, 2934, 2946 c.c., dell’art. 111 della Costituzione ed in particolare del comma 7 in una lettura integrata con l’art. 6 della CEDU, in relazione al all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Nella prospettazione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE l’erogazione dell’indebito oggetto della procedura di riassorbimento si è conclusa nel febbraio 2009, ultimo mese in cui sono stati versati gli importi non
spettanti in applicazione della sospensione della procedura di riassorbimento; ciò che rileva non è la sussistenza di un formale accordo di proroga, bensì di un accordo fino al febbraio 2009 dimostrato nei fatti dalle buste paga prodotte, con riaccredito delle somme da riassorbire nelle buste paga dei lavoratori interessati senza che questi eccepissero alcunché al riguardo.
Insomma, secondo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si sarebbe in presenza di una forma di accordo, per comportamento concludente, con la conseguenza che il termine di prescrizione va individuato nel 1.3.2009, di modo che l’ente lo ha tempestivamente interrotto con la comunicazione di recupero del 18.2.2019, venendo in rilievo un’ipotesi di prescrizione decennale.
Rimarca inoltre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che si è in presenza di una procedura unitaria di riassorbimento, il che esclude la possibilità che la prescrizione possa esser fatta valere in relazione ai singoli ratei. Aggiunge che il recupero delle somme -a differenza di quanto affermato nella sentenza impugnata -poteva aver luogo soltanto a decorrere dalla data di vidimazione del ccnl ed entro il febbraio del 2019, in quanto condizione essenziale per il predetto recupero era il mancato accordo che avrebbe dovuto disciplinare diversamente il riassorbimento dell’assegno in questione, sicché non essendo intervenuta alcuna intesa con le OO.SS. era stato necessario attendere il ccnl 2016-1018, per poter considerare definitivamente spirata la possibilità di convenzione tra le parti e dunque intimare la restituzione.
La censura investe poi la natura del termine fissato nell’accordo. Si sostiene, infatti, che esso ha natura ordinatoria e non perentoria, di modo che la scadenza dello stesso non può
comportare automaticamente decadenze/applicazioni di sanzioni in assenza di espressa previsione di perentorietà.
Nelle memorie ex art. 380bis.1 c.p.c. l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE insiste che vi sia stato un errore nell’interpretazione dell’accordo, rimarcando che non bisogna soffermarsi al dato letterale, occorrendo invece effettuarne anche una interpretazione sistematica e funzionale.
1.1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito enunziate, in adesione con quanto affermato da Cass. n. 25036/2025 e dalla successiva Cass. n. 27187/2025 ed anche, sebbene per motivazioni parzialmente differenti, in ragione della parziale diversa articolazione dei motivi con la precedente Cass. n. 3636/2023, cui si fa rinvio anche ex art. 118 disp. att. c.p.c.
Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di motivazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. n. Sez. U. n. 34476/2019).
Ed invero, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici di merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente.
E’ noto, infatti, che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato non viene conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
contro
llare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica l’esame e la valutazione del giudice di merito, cui resta riservata l’individuazione delle fonti del proprio convincimento , la valutazione delle prove, il controllo del l’attendibilità e della concludenza delle stesse, al fine di scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle idonee a provare i fatti in discussione (cfr. tra le tante, Cass. n. 7921/2011).
Ciò premesso non può che rilevarsi che la censura è finalizzata a richiedere a questa Corte, attraverso lo schermo della violazione delle norme di interpretazione degli accordi, un diverso apprezzamento delle emergenze probatorie già valutate in sede di merito.
Si sostiene nel mezzo – e viene inammissibilmente richiesto a questa Corte di accertare che l’accordo sia stato prorogato dalle parti, per fatti concludenti, oltre l’anno di scadenza, laddove, per converso, la Corte di merito ha affermato la valenza annuale dell’accordo, senza possibilità di proroga tacita. Tale profilo non può essere rimesso in discussione in questa sede, attesa l’insindacabilità del giudizio di merito in cassazion e, con conseguente l’irrilevanza di tutte le ulteriori doglianze sollevate.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Essendo rimasta intimata la lavoratrice nulla per le spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro del 16.10.2025.
La Presidente
NOME COGNOME