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Prescrizione crediti: riserva di agire non basta

Un lavoratore ha citato in giudizio la sua ex azienda per differenze retributive, ma la sua richiesta è stata respinta in appello per intervenuta prescrizione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che, in tema di prescrizione crediti, una generica “riserva di agire” contenuta in un altro atto giudiziario non è sufficiente a interrompere il decorso del termine quinquennale. È necessaria una chiara e inequivocabile richiesta di pagamento.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione crediti di lavoro: la riserva di agire non interrompe i termini

La gestione della prescrizione crediti è un aspetto cruciale in ogni controversia legale, specialmente nel diritto del lavoro, dove i termini sono spesso stringenti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali su quali atti siano idonei a interrompere il decorso della prescrizione, specificando che una generica “riserva di agire” non è sufficiente. Questa pronuncia offre spunti essenziali per lavoratori e datori di lavoro sulla corretta gestione delle rivendicazioni economiche.

Il caso: una richiesta di differenze retributive e l’eccezione di prescrizione

Un lavoratore ha intentato una causa contro la sua ex datrice di lavoro, una società cooperativa, per ottenere il pagamento di differenze retributive. Sosteneva di essere stato pagato meno di quanto previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore.

In primo grado, la sua domanda è stata respinta. Successivamente, la Corte d’Appello ha rigettato il suo gravame, ma per un motivo diverso: ha dichiarato il credito estinto per prescrizione quinquennale. Secondo i giudici di secondo grado, non vi era prova di alcun atto idoneo a interrompere il decorso del tempo prima della notifica del ricorso introduttivo del giudizio.

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Un errore procedurale: sosteneva che la Corte d’Appello non avrebbe dovuto considerare l’eccezione di prescrizione, poiché la società non aveva presentato un appello incidentale specifico su questo punto.
2. Un errore di diritto: affermava che la Corte non aveva considerato validi atti interruttivi, come la riserva di agire per tali crediti contenuta in precedenti ricorsi giudiziari relativi ad altre questioni.

La decisione della Corte di Cassazione sulla prescrizione crediti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la sentenza d’appello e fornendo importanti principi sulla gestione processuale e sostanziale della prescrizione crediti.

La riproposizione dell’eccezione in appello

Riguardo al primo motivo, la Corte ha chiarito che non era necessario un appello incidentale. Quando un’eccezione di merito (come quella di prescrizione) viene respinta in primo grado in modo implicito perché la domanda è stata rigettata per altre ragioni (ad esempio, per mancanza di prove), la parte vittoriosa può semplicemente “riproporre” l’eccezione nelle sue difese in appello. Non è richiesta la forma più complessa dell’appello incidentale. Questo principio, già consolidato, garantisce snellezza processuale.

L’inefficacia della generica “riserva di agire”

Sul secondo e più rilevante motivo, la Cassazione ha stabilito che una generica “riserva di agire per un credito”, contenuta in un atto giudiziario relativo a una diversa controversia, non ha efficacia interruttiva della prescrizione. Per interrompere il termine, un atto deve possedere requisiti precisi.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che un atto, per essere considerato interruttivo, deve manifestare in modo chiaro e inequivocabile la volontà del titolare del diritto di farlo valere nei confronti del soggetto obbligato. Deve contenere l’esplicitazione di una pretesa specifica e una richiesta o intimazione di adempimento. In altre parole, deve essere un atto che costituisce in mora il debitore.

Una semplice riserva di agire, essendo un’espressione generica e ipotetica, non soddisfa questi requisiti. Non equivale a una richiesta di pagamento e non manifesta l’inequivocabile intenzione di ottenere l’adempimento in quel momento. Pertanto, non può interrompere il decorso della prescrizione.

Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo del lavoro: l’effetto interruttivo di un atto giudiziario si produce non con il semplice deposito del ricorso in cancelleria, ma solo con la sua notificazione alla controparte. È in quel momento che il debitore acquisisce conoscenza legale della pretesa del creditore.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine in materia di prescrizione crediti: la necessità di agire in modo proattivo e specifico. Per i creditori, in particolare i lavoratori, è fondamentale non fare affidamento su dichiarazioni generiche o riserve future. Per interrompere efficacemente la prescrizione, è indispensabile inviare una formale richiesta di pagamento (messa in mora) o notificare un atto giudiziario che contenga una chiara domanda di adempimento. Affidarsi a formule vaghe o a riferimenti in contesti diversi espone al rischio concreto di perdere il proprio diritto per il semplice decorso del tempo.

Una generica “riserva di agire” in un atto giudiziario può interrompere la prescrizione di un altro credito?
No. Secondo la sentenza, tale riserva è troppo generica e ipotetica. Per interrompere la prescrizione, un atto deve contenere una chiara ed esplicita richiesta di pagamento, manifestando la volontà inequivocabile del creditore di far valere il proprio diritto.

Se il giudice di primo grado respinge una domanda nel merito senza pronunciarsi sulla prescrizione, la parte convenuta deve fare appello incidentale per riproporla?
No. La Corte ha chiarito che se l’eccezione non è stata esaminata o è stata assorbita dalla decisione sul merito, la parte vittoriosa può semplicemente riproporla nelle sue difese in appello, senza la necessità di un formale appello incidentale.

In una causa di lavoro, quando si interrompe la prescrizione: con il deposito del ricorso o con la sua notifica?
La prescrizione si interrompe quando il debitore acquisisce conoscenza legale della pretesa. Nel processo del lavoro, questo avviene con la notificazione del ricorso al convenuto, non con il suo semplice deposito presso la cancelleria del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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