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Prescrizione crediti retributivi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18695/2024, ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi nel pubblico impiego contrattualizzato è quinquennale e decorre in costanza di rapporto. Questa decisione, in linea con le Sezioni Unite, riforma una sentenza di merito che aveva applicato il termine decennale, accogliendo il ricorso di un’amministrazione pubblica. La Corte ha anche ribadito i principi sul risarcimento del danno da abuso di contratti a termine.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione crediti retributivi: La Cassazione conferma il termine di 5 anni

L’ordinanza n. 18695 del 9 luglio 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante conferma sulla prescrizione crediti retributivi nel settore del pubblico impiego contrattualizzato. La Suprema Corte ha ribadito che il termine per far valere tali diritti è quinquennale e decorre durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, allineandosi a un recente e fondamentale intervento delle Sezioni Unite. La decisione chiarisce inoltre i contorni del risarcimento del danno in caso di abusiva reiterazione di contratti a termine.

I Fatti del Caso: Contratti a Termine e Richieste Retributive

La vicenda trae origine dalla richiesta di un dipendente pubblico, assunto con una serie di contratti a tempo determinato, di ottenere il riconoscimento di un trattamento retributivo pari a quello dei colleghi assunti a tempo indeterminato. Oltre alle differenze retributive, il lavoratore lamentava l’illegittimità della successione di contratti a termine, chiedendo il risarcimento del danno per l’abuso subito.

La Corte d’Appello aveva dato ragione al lavoratore, riconoscendo le sue pretese e applicando un termine di prescrizione decennale. L’amministrazione pubblica ha quindi proposto ricorso per cassazione, contestando sia la sussistenza di un illecito sia, soprattutto, la durata del termine di prescrizione applicato ai crediti del dipendente.

L’Analisi della Corte: Danno da Abuso e Prescrizione Crediti Retributivi

La Corte di Cassazione ha esaminato i diversi motivi del ricorso, giungendo a conclusioni distinte per quanto riguarda il risarcimento del danno e la prescrizione dei crediti.

Il Risarcimento del Danno da Abuso di Contratti a Termine

In primo luogo, la Corte ha respinto le doglianze dell’amministrazione relative all’insussistenza del danno. Citando una giurisprudenza consolidata, i giudici hanno confermato che, in caso di abusiva reiterazione di contratti a termine nel pubblico impiego, il lavoratore ha diritto a una misura risarcitoria. Questa misura, per garantire l’effettività della tutela richiesta dal diritto europeo, può essere modellata su quella prevista dall’art. 32, comma 5, della L. n. 183/2010.

Si tratta di un “danno comunitario”, presunto e con valenza sanzionatoria, quantificato tra un minimo e un massimo, che agevola l’onere probatorio del lavoratore. Quest’ultimo non deve dimostrare l’esistenza del danno, ma può comunque provare di aver subito un pregiudizio maggiore per ottenere un risarcimento superiore.

La Questione Cruciale della Prescrizione Crediti Retributivi

Il punto centrale e decisivo della sentenza riguarda il terzo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione crediti retributivi. La Corte d’Appello aveva erroneamente applicato il termine decennale. La Cassazione, accogliendo il motivo, ha affermato con chiarezza che la prescrizione per i crediti di natura retributiva nel pubblico impiego contrattualizzato è quinquennale, ai sensi dell’art. 2948, nn. 4 e 5, del codice civile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su un principio ormai consolidato, cristallizzato dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 36197 del 2023. Tale principio stabilisce che la prescrizione quinquennale decorre, sia nei rapporti a tempo indeterminato che in quelli a termine, dal momento in cui il singolo credito sorge.

I giudici hanno specificato che non è più possibile invocare il cosiddetto “metus”, ovvero il timore del lavoratore di essere licenziato come ritorsione per un’azione legale, per giustificare il rinvio della decorrenza della prescrizione alla cessazione del rapporto. Questa stabilità, garantita nel pubblico impiego, fa sì che il lavoratore possa agire per i propri diritti senza temere conseguenze negative sul proprio posto di lavoro. Di conseguenza, il termine di prescrizione inizia a correre immediatamente per ogni credito che matura.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, limitatamente al punto sulla prescrizione, e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Milano. Il giudice del rinvio dovrà ricalcolare le somme eventualmente dovute al lavoratore, applicando il corretto termine di prescrizione quinquennale. Questa ordinanza rappresenta un’ulteriore conferma di un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, che fornisce certezza giuridica sia ai lavoratori pubblici sia alle amministrazioni in materia di diritti retributivi e loro tempistica di rivendicazione.

Qual è il termine di prescrizione per i crediti retributivi nel pubblico impiego contrattualizzato?
La sentenza conferma che il termine di prescrizione è quinquennale (cinque anni), come previsto dall’articolo 2948 del codice civile.

Da quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per questi crediti?
Il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui ogni singolo credito matura, anche se il rapporto di lavoro è ancora in corso. Non si attende la fine del contratto.

Perché nel pubblico impiego la prescrizione non decorre dalla fine del rapporto?
Perché, secondo la Corte, nel rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato non è configurabile un “metus” (timore) del dipendente verso l’amministrazione, data la stabilità del rapporto. Il lavoratore può quindi esercitare i propri diritti senza timore di ritorsioni, come il licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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