Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12483 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12483 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9964-2024 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 561/2023 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/11/2023 R.G.N. 272/2022;
R.G.N. 9964/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 07/04/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME docente di ruolo del MIUR, messo a disposizione del MAE con incarico di insegnamento all’estero presso l’Università di Praga, adiva il Tribunale per accertare e dichiarare la debenza a carico del MIUR delle differenze retributive per illegittima trattenuta della indennità integrativa speciale nel periodo di mandato estero (27/11/200631/8/2015) , con conseguente condanna dell’ente datoriale al ripristino nella sua interezza della retribuzione tabellare, comprensiva dell’importo corrispondente all’indennità integrativa speciale, oltre interessi e rivalutazione monetaria;
si costituiva il MIUR, eccependo preliminarmente l’intervenuta prescrizione e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’avversa domanda;
il Tribunale di Modena accoglieva la domanda nei limiti della prescrizione quinquennale e, dunque, emetteva statuizione di condanna restitutoria per il solo periodo 3/4/2013-31/8/2015;
interponeva gravame NOME COGNOME che censurava la sentenza laddove aveva ritenuto non fosse stata interrotta la prescrizione; in particolare, l’appellante evidenziava di aver e inoltrato una richiesta di pagamento dell’indennità sostitutiva in data 04.12.2015 e che il MIUR, con nota di riscontro del 11.12.2015, si era limitato a richiedere la trasmissione della sentenza che attestava la debenza della reclamata indennità;
4 . la Corte d’appello di Bologna rigettava l’appello rilevando, in particolare, che non era presente in atti (essendo
andata smarrita) la missiva 04.12.2015 costituente, secondo il docente, l’atto di costituzione in mora;
quanto alla nota dell’Ambito Territoriale di Modena del 11.12.2015, sub doc. 28 della produzione del ricorrente ed avente per oggetto ‘riscontro richiesta di accredito IIS’, la Corte distrettuale osservava che dalla lettura della stessa non si evinceva il contenuto della (precedente) missiva del lavoratore del 04.12.2015, sicché, ignorandosi quale fosse il titolo della pretesa, non poteva affermarsi -neanche in via presuntiva -che essa valesse come atto di costituzione in mora (il quale suppone l’esplicitazione di una pretesa e l’inequivoca richiesta di suo adempimento al soggetto obbligato);
5. contro tale sentenza propone ricorso per cassazione il docente con due motivi assistiti da memoria, cui si oppone con controricorso il MIUR.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo si denuncia (art. 360, primo comma n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 2941, 2943, 2944, 2946 e 2948 c.c., in quanto la Corte territoriale ha errato nell’affermare l’intervenuta prescrizione del diritto al pagamento degli arretrati dell’I.I.S. per il periodo antecedente al giorno 03.04.2013, omettendo di ricondurre efficacia interruttiva della prescrizione al documento allegato in sede di ricorso ex art. 414 c.p.c. e contraddistinto al n. 28 della produzione, il quale valeva, quanto meno a livello di presunzione, a corroborare l’ affermazione in merito all’esistenza dell’atto interruttivo;
inoltre, andava considerato che è iniquo un sistema che pone per il lavoro pubblico (specie laddove vi siano mandati esteri a termine, come nella specie) differenti tutele rispetto a
quello privato, in cui la prescrizione non decorre in costanza di rapporto;
1.1 il motivo è inammissibile; lo è (anzitutto) nella parte in cui genericamente censura l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito che, riportando testualmente il doc. 28 (i.e., nota dell’Ambito Territoriale di Modena del 11.12.2015), ha escluso in via interpretativa che la missiva in questione potesse integrare, e comunque lasciar desumere, ancorchè presuntivamente, l’esistenza di un atto interruttivo, i cui requisiti si compendiano, secondo la giurisprudenza di legittimità consolidata, nella chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo) e nell’esplicitazione di una pretesa con l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, come tale idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto, con l’effetto sostanziale di costituire in mora il soggetto indicato elemento oggettivo -(Cass., Sez. 2-, ordinanza n. 15140 del 31/05/2021);
trattasi (si ribadisce) di accertamento fattuale rimesso al dominio esclusivo del giudice di merito e, come tale, sottratto al sindacato di legittimità;
quanto al restante profilo, legato al decorso della prescrizione in costanza di rapporto di pubblico impiego, ed anche a voler prescindere dalla novità della questione, di cui non si fa cenno nella sentenza impugnata, è agevole replicare rinviando alla recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sentenza n. 36197 del 28/12/2023 secondo cui «La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato -sia nei rapporti a tempo indeterminato, sia in quelli a tempo determinato, e anche in caso successione di contratti a termine – decorre, per i crediti
che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione, a partire da tale data, perché non è configurabile un “metus” del cittadino verso la pubblica amministrazione e poiché, nei rapporti a tempo determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un’apprensione che costituisce una mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica»);
il ricorso non offre, peraltro, argomenti per una rimeditazione di un orientamento che costituisce ormai diritto vivente, sicchè l’inammissibilità della censura si rinviene anche alla stregua de ll’applicazione dell’art. 360 bis co. 1 cod. proc. civ.;
con il secondo mezzo si deduce, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione del principio di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., per non avere la Corte territoriale ricondotto alla violazione dell’obbligo di buona fede la condotta datoriale in cui il M.I.M. aveva negato la spettanza del l’I.I.S. quantunque vi fossero precedenti pronunce di riconoscimento dell’emolumento in discorso, subordinando, in sostanza, l’accreditamento dell’indennità in discorso al previo ottenimento di una sentenza ad personam ;
2.1 il motivo, che spazia -lungamente diffondendosi -sui temi più disparati (dalla «responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato», alla responsabilità in materia di appalti pubblici, alla responsabilità risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. per violazione del neminem laedere ecc.), è anch’esso inammissibile;
2.1.1 innanzi tutto perché le censure, per come formulate, si traducono in un’argomentazione ‘a critica libera’, priva di specificità e diretta riferibilità al decisum , dovendo quindi
trovare applicazione il principio per cui nel giudizio di cassazione i motivi devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione gravata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnato e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le ragioni per le quali quel capo è affetto dal vizio denunciato, con la conseguenza che la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza gravata è assimilabile alla mancata enunciazione, richiesta dall’art. 366, n. 4, c.p.c., e determina l’inammissibilità, in tutto o in parte, del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4904 del 2021; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13735 del 03/07/2020; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20910 del 07/09/2017; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17125 del 03/08/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21490 del 07/11/2005);
2.1.2 in secondo luogo, il motivo è inammissibile perché introduce nuove questioni giuridiche (violazione delle regole di buona fede e correttezza ex artt. 1175-1375 cod. civ.) non oggetto di disamina da parte del giudice d’appello;
in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non
trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. 09/08/2018, n. 20694; Cass. 24/01/2019, n. 2038);
3. conclusivamente, il ricorso è inammissibile;
in ordine alle spese di lite, si applica il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.; sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della