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Prescrizione crediti retributivi: la Cassazione decide

Un docente del pubblico impiego ha agito in giudizio per ottenere differenze retributive, ma la sua richiesta è stata parzialmente respinta per prescrizione. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del docente, confermando che la prescrizione crediti retributivi nel pubblico impiego decorre in costanza di rapporto. Inoltre, ha ribadito che la prova di un atto interruttivo della prescrizione deve essere chiara e inequivocabile, e non può basarsi su mere presunzioni.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione crediti retributivi: la Cassazione fa il punto sul pubblico impiego

La questione della prescrizione crediti retributivi rappresenta un tema cruciale nel diritto del lavoro, specialmente quando coinvolge il settore pubblico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui termini di decorrenza della prescrizione per i dipendenti pubblici e sui requisiti necessari affinché un atto possa validamente interromperla. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I fatti del caso

Un docente di ruolo del Ministero dell’Istruzione, durante un incarico all’estero, riteneva di aver subito una trattenuta illegittima su una specifica indennità integrativa per un lungo periodo (dal 2006 al 2015). Di conseguenza, citava in giudizio il Ministero per ottenere il pagamento delle differenze retributive non corrisposte.

Il Ministero, nel difendersi, sollevava un’eccezione preliminare di prescrizione, sostenendo che parte del credito richiesto fosse ormai estinto per il decorso del tempo. Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda del docente, riconoscendo il suo diritto solo per il periodo non coperto dalla prescrizione quinquennale.

Il lavoratore impugnava la decisione in Corte d’Appello, sostenendo di aver inviato una richiesta di pagamento nel 2015 che, a suo dire, avrebbe dovuto interrompere la prescrizione. Tuttavia, la Corte d’Appello respingeva il gravame, osservando che non vi era prova certa del contenuto di tale richiesta, andata smarrita. Una successiva nota del Ministero, prodotta in giudizio, non era sufficiente a dimostrare l’esistenza di un valido atto di costituzione in mora. Contro questa sentenza, il docente proponeva ricorso per Cassazione.

L’analisi della Corte e la prescrizione crediti retributivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha affrontato il motivo principale relativo alla violazione delle norme sulla prescrizione. Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare interrotta la prescrizione. La Cassazione ha chiarito che la valutazione del contenuto di un documento e la sua idoneità a interrompere la prescrizione costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità.

Un atto interruttivo, per essere tale, deve contenere la chiara indicazione del soggetto obbligato e l’esplicita richiesta di adempimento, manifestando in modo inequivocabile la volontà del titolare di far valere il proprio diritto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente concluso che non vi era prova sufficiente di un atto con tali caratteristiche.

Il decorso della prescrizione nel pubblico impiego

Un punto fondamentale ribadito dalla Cassazione, richiamando una recente pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 36197/2023), riguarda il momento da cui inizia a decorrere la prescrizione crediti retributivi nel pubblico impiego. La Corte ha confermato che, a differenza del settore privato (dove la prescrizione non decorre in costanza di rapporto per timore del licenziamento), nel pubblico impiego la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto sorge, anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro. Questo perché il rapporto di lavoro pubblico è assistito da una garanzia di stabilità che non giustifica la sospensione dei termini.

La reiezione degli altri motivi di ricorso

Il docente aveva sollevato un secondo motivo di ricorso, lamentando la violazione dei principi di correttezza e buona fede da parte del Ministero. Secondo il ricorrente, l’amministrazione aveva agito scorrettamente negando il pagamento nonostante precedenti sentenze favorevoli ad altri dipendenti e subordinando l’accredito all’ottenimento di una sentenza individuale.

Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile dalla Cassazione. La Corte ha rilevato che si trattava di una questione nuova, non discussa nei precedenti gradi di giudizio. Nel processo di cassazione, non è possibile introdurre temi di contestazione nuovi, poiché il giudizio di legittimità è limitato al controllo delle decisioni già prese dai giudici di merito sulle questioni a loro sottoposte.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati del diritto processuale e sostanziale. La prima motivazione riguarda la natura dell’accertamento sull’efficacia interruttiva di un atto, che è una valutazione di fatto insindacabile in Cassazione. La seconda si basa sul principio, ormai ‘diritto vivente’, secondo cui la prescrizione dei crediti di lavoro nel pubblico impiego decorre in costanza di rapporto, data la stabilità del posto di lavoro. La terza motivazione attiene alla non ammissibilità di questioni nuove in sede di legittimità, per garantire la corretta progressione del processo e il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza conferma due principi cardine: primo, per interrompere la prescrizione è necessario un atto formale che espliciti senza ambiguità la pretesa creditoria; secondo, nel pubblico impiego la stabilità del rapporto fa sì che il lavoratore debba attivarsi per richiedere i propri crediti entro i termini di legge, senza poter attendere la fine del rapporto. La decisione sottolinea l’importanza di conservare prova certa delle comunicazioni inviate al datore di lavoro e di sollevare tutte le questioni legali pertinenti fin dai primi gradi di giudizio.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per i crediti di lavoro nel pubblico impiego?
Secondo la Corte di Cassazione, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto sorge, anche durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, poiché la stabilità garantita ai dipendenti pubblici esclude il timore di ritorsioni.

Quali sono i requisiti di un atto per poter interrompere la prescrizione?
Un atto, per interrompere efficacemente la prescrizione, deve contenere la chiara indicazione del soggetto obbligato (il debitore) e una richiesta esplicita o un’intimazione scritta di adempimento, che manifesti in modo inequivocabile la volontà del creditore di far valere il proprio diritto.

È possibile sollevare per la prima volta una questione giuridica nel ricorso in Cassazione?
No, di regola non è possibile. Il ricorso per Cassazione deve vertere su questioni già comprese nel tema discusso nei precedenti gradi di giudizio. L’introduzione di questioni nuove è inammissibile, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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