LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prescrizione crediti retributivi: decorrenza e nullità

Un Ente Pubblico Locale ricorre in Cassazione contro la condanna al pagamento di retribuzioni a un ex dipendente. La Corte ha rigettato l’eccezione di prescrizione crediti retributivi, chiarendo che in caso di licenziamento nullo, il termine quinquennale decorre dalla data delle dimissioni del lavoratore e non dal recesso illegittimo. La nullità, infatti, rende l’atto di recesso `tamquam non esset`, come se non fosse mai esistito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Crediti Retributivi: Quando il Licenziamento Nullo “Resetta” i Termini

La questione della prescrizione crediti retributivi rappresenta uno degli aspetti più delicati nel diritto del lavoro. Sapere da quando inizia a decorrere il termine per richiedere le somme dovute è fondamentale sia per il lavoratore che per il datore di lavoro. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: se un licenziamento viene dichiarato nullo, il rapporto di lavoro si considera come mai interrotto, con importanti conseguenze sulla decorrenza della prescrizione.

Il Caso: Retribuzioni non Pagate e l’Eccezione di Prescrizione

La vicenda trae origine dalla richiesta di un lavoratore nei confronti di un Ente Pubblico Locale, suo ex datore di lavoro. Il dipendente chiedeva il pagamento delle retribuzioni maturate in un periodo specifico, successivo a un recesso per giusta causa comunicatogli dall’Ente. L’Ente, a sua volta, si difendeva sollevando l’eccezione di prescrizione, sostenendo che il termine quinquennale per richiedere tali somme fosse già scaduto, calcolandolo dalla data del licenziamento.

La Decisione della Corte d’Appello: il Licenziamento è Nullo

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva dato ragione al lavoratore. Il punto centrale della sua decisione era l’accertamento della nullità del licenziamento. Secondo i giudici di merito, un licenziamento nullo è da considerarsi tamquam non esset, ovvero come se non fosse mai avvenuto. Di conseguenza, il rapporto di lavoro doveva intendersi proseguito fino alla data delle effettive dimissioni rassegnate volontariamente dal lavoratore, avvenute mesi dopo il recesso illegittimo. Per questo motivo, il termine di prescrizione non poteva che decorrere dalla data delle dimissioni, e non da quella del licenziamento nullo.

Il Ricorso in Cassazione e la questione sulla prescrizione crediti retributivi

L’Ente Pubblico non si è arreso e ha presentato ricorso in Cassazione, insistendo sul proprio punto di vista. La tesi difensiva si basava sull’errata individuazione della data di decorrenza della prescrizione. Secondo il ricorrente, il termine quinquennale avrebbe dovuto iniziare a decorrere dalla data del recesso, ovvero dal 21 novembre 2008. Se così fosse stato, l’azione legale del lavoratore, avviata il 9 dicembre 2013, sarebbe risultata tardiva e i crediti prescritti.

Le Motivazioni della Cassazione: Effetto “Ex Tunc” della Nullità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello e fornendo chiarimenti fondamentali. Gli Ermellini hanno ribadito che la nullità di un atto giuridico, come un licenziamento, opera con efficacia ex tunc, cioè retroattivamente. La natura dichiarativa della pronuncia di nullità implica che l’atto è privo di effetti fin dal momento della sua origine.

In termini pratici, il licenziamento del 21 novembre 2008 è stato considerato come mai avvenuto. Pertanto, il rapporto di lavoro non si è mai interrotto in quella data, ma è stato giuridicamente ripristinato fino al 28 aprile 2009, giorno in cui il lavoratore ha rassegnato le proprie dimissioni. È solo da quest’ultima data che il diritto alla retribuzione poteva essere fatto valere (ai sensi dell’art. 2935 c.c.) e, di conseguenza, è da quel momento che è iniziato a decorrere il termine di prescrizione quinquennale. L’azione legale intrapresa nel dicembre 2013 ha quindi interrotto tempestivamente la prescrizione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Datori di Lavoro

La decisione in commento consolida un principio di grande importanza a tutela del lavoratore. Stabilisce chiaramente che un datore di lavoro non può trarre vantaggio da un proprio atto illegittimo, come un licenziamento nullo, per eccepire la prescrizione dei crediti maturati dal dipendente. Per i lavoratori, ciò significa che la nullità del recesso datoriale “congela” la decorrenza della prescrizione fino alla reale cessazione del rapporto. Per i datori di lavoro, questa ordinanza serve da monito: un licenziamento invalido non solo può portare a una condanna per il pagamento delle retribuzioni, ma non offre alcuna scorciatoia per evitare le proprie obbligazioni attraverso l’eccezione di prescrizione.

In caso di licenziamento dichiarato nullo, da quale momento decorre la prescrizione per i crediti retributivi?
La prescrizione quinquennale per i crediti retributivi decorre non dalla data del licenziamento nullo, ma dal momento dell’effettiva cessazione del rapporto di lavoro, come ad esempio la data delle successive dimissioni del lavoratore.

Che significa che un atto nullo ha efficacia “tamquam non esset”?
Significa che l’atto nullo viene considerato come se non fosse mai esistito. Di conseguenza, il rapporto di lavoro si considera ripristinato e continuato fino alla sua successiva e valida cessazione.

Perché il ricorso del datore di lavoro è stato rigettato?
Il ricorso è stato rigettato perché la Corte ha ritenuto corretto il ragionamento della Corte d’Appello. Avendo accertato la nullità del recesso, il rapporto di lavoro è proseguito fino alle dimissioni del lavoratore, rendendo tempestiva l’azione legale per il recupero dei crediti retributivi maturati in quel periodo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati